Chi sono i veri super-eroi?

 

Forse, sono coloro che trasmettono – con azioni ardue o semplici – valori universali.

 

di Maddalena Tommasi

 

H.O. Tanner, "The Banjo Lesson" (1893)
H.O. Tanner, "The Banjo Lesson" (1893)

 

È possibile un confronto tra gli eroi antichi e i supereroi di oggi? Di fronte a questa domanda c'è chi potrebbe inorridire, dal momento che per molti un paragone non è neppure immaginabile. Tuttavia, senza voler irritare nessuno (si spera), se si supera lo sconcerto iniziale si potrà notare come sia possibile pensare un confronto tra i due modelli di eroi. 

 

Le differenze tra i due sono molteplici: gli uni appartengono al passato, gli altri al nostro presente, a volte proiettati in un futuro sognato solo da alcuni; le gesta degli uni sono raccontate con linguaggio aulico, in versi, e li si immagina non avendo nessun disegno che possa aiutarci a coglierne i volti, mentre per le imprese degli altri viene usato un linguaggio comune, una narrazione che si avvale di fumetti, serie tv o  film. Purtroppo la copiosità di dissonanze spesso impedisce di notare le affinità.

 

Lisippo, "Ritratto di Alessandro Magno", copia romana (I sec. d.C.)
Lisippo, "Ritratto di Alessandro Magno", copia romana (I sec. d.C.)

 

Come Alessandro Magno sognava di assomigliare ad Achille, di avere la sua stessa forza, di essere coraggioso come lui, così anche i giovani d'oggi prendono a modello Batman, Superman o altri personaggi. Non dovremmo pensare agli eroi antichi come insuperabili dai moderni supereroi, considerati uomini in calzamaglia che non trasmettono alcun valore; né dovremmo pensare questi ultimi come gli unici eroi possibili considerando gli altri come "vecchi", arrendendoci di fronte alla lettura dell'Iliade o di altre opere perché ritenute troppo difficili.

 

 

 

Giorgio De Chirico, "Ettore e Andromaca" (1917)
Giorgio De Chirico, "Ettore e Andromaca" (1917)

 

I greci furono in grado di creare testi le cui parole racchiudono l'animo dell'essere umano: l'immagine di Andromaca, che prende Astianatte « sul petto odoroso insieme ridendo e piangendo » (Iliade, VI, 484-483 traduzione di G. Cerri) mentre Ettore le accarezza con la mano la guancia, potrebbe essere definita universale, dal momento che si tratta di un gesto che – pur a distanza di secoli – esprime il medesimo valore. La forza di queste immagini deriva dalla potenza della scrittura stessa, così come oggi si definiscono potenti, nei film, le scene o i dialoghi capaci di catturare la nostra attenzione al punto da renderci impossibile dimenticarli.

 

I fumetti e i film dei supereroi ospitano il nostro presente, dunque, allo stesso modo in cui Iliade, Odissea, Eneide, tragedie, commedie greche e latine lo racchiudono. È come se noi piangessimo con Achille quando viene a conoscenza della morte dell'amico Patroclo (Omero, Iliade); siamo con Andromaca quando il figlioletto Astianatte viene gettato da un monte a Troia (Euripide, Le Troiane); a quante donne oggi, stanno strappando i bimbi dalle braccia? Quante donne stanno versando fiumi di lacrime al punto da esserne prosciugate? E non siamo forse vicini a Filottete, abbandonato dai compagni in un’isola a causa della sua gamba in stato di putrefazione? Non gli siamo vicini quando teme di morire? Quando si sente soffocare dalla solitudine o quando non sa che parole usare nel momento in cui rivede volti umani? (Sofocle, Filottete); non parteggiamo per Antigone quando rifiuta di piegarsi alle leggi di Creonte che le avrebbero impedito di sotterrare il fratello? (Sofocle, Antigone); e Argo, nell'Odissea, non ci fa pensare a quegli animali abbandonati ancora oggi, maltrattati e tuttavia sempre fedeli? 

 

E così, leggendo i fumetti o guadando i film, ci sentiamo vicini ai supereroi quando lottano con tutte le loro forze per far sì che questo possa non essere il peggiore dei mondi possibili, e quasi ci alziamo dai sedili dei cinema per prestare soccorso insieme a loro o per combattere come loro, difendendo, proteggendo, rassicurando. E quando usciamo dalle sale, con le immagini appena viste ancora negli occhi, se vedessimo una signora anziana portare una borsa della spesa probabilmente le porgeremmo le nostre braccia: come può non essere, questo, un gesto valoroso, quasi da eroe, se crediamo fortemente in quell'azione?

 

Poi ci immedesimiamo in Bruce Wayne quando cerca di affrontare le sue ombre, o quando semplicemente ha paura del passato, di morire, quando desidera fortemente abbracciare e stringere i suoi genitori non accettando la loro perdita: non piangiamo con lui? Non soffriamo con lui? Tutto ciò non ci smuove qualcosa dentro?

Nel bellissimo dialogo tra Bruce e Rachel nel film Batman Begins, regia di Christofer Nolan, mentre si discute di cosa sia giustizia e di cosa sia vendetta, Rachel afferma:

 

« La giustizia è armonia. La vendetta serve solo a farti stare meglio. »

 

Quante volte se ne è parlato, in quanti periodi della storia dell'uomo? Ingiustizie, desideri di vendetta, incomprensioni, sogni di giustizia solo sperati o desideri di rivoluzionare il nostro mondo...

 

Il punto di svolta che ci potrebbe permettere di andare oltre l'incomprensibile paragone tra supereroi ed eroi antichi sta nel considerare che entrambi raccontano molte delle svariate sfaccettature dell'animo umani, dei suoi vizi o delle sue virtù. Il confronto, allora, può essere utile per capire che entrambi ci consegnano valori di una potenza così pura da farci rabbrividire, mostrandoci, come dice Batman (nel film già citato), che:

 

« Chiunque può essere un eroe, anche un uomo che fa una cosa semplice e rassicurante come mettere un cappotto sulle spalle di un bambino, per fargli capire che il mondo non è finito. »

 

 

2 ottobre 2017

 




  • Canale Telegram: t.me/gazzettafilosofica