La decadenza della mente

 

Sogno un mondo dove vi è amore, dove posso contare sulla collettività: vorrei che i miei mali fossero curati tramite la discussione, senza ricorrere al blaterare. Spero in un mondo migliore, dove non si deve spiegare all'individuo la traboccante violenza che scorre impietosamente ogni giorno, ma l'amore per la conoscenza, per la vita: elevando sempre più la propria anima, fin quando essa non splenda del tutto. Questo vorrei.

 

Frits Thaulow, "La vecchia chiesa vicino al fiume" (1895)
Frits Thaulow, "La vecchia chiesa vicino al fiume" (1895)

 

Abitare nel mondo è importante quanto comprendere appieno come abitarlo? Sappiamo bene che l’essere umano comincia ad identificarsi nella vita nel momento in cui riesce a padroneggiare quest’ultima, facendosi carico delle azioni che svolge nel quotidiano; ricavandone un senso ed estendendo il proprio bagaglio culturale grazie alle esperienze acquisite nei vari ambiti dell’esistenza. Ciò che fa evolvere l’uomo è la voglia di addentrarsi nella sfera della riflessione. A questo scopo la meditazione diviene un processo imprescindibile per l’uomo: grazie ad essa traiamo la forza per dare luce al nostro tragitto, attraverso la scoperta di nuovi orizzonti; abbracciando nuove idee. Esercitare il nostro pensiero significa impegnarci attivamente nel debellare quel che risulta essere negativo per l'individuo, riuscire a saper scegliere da sé; essere meno influenzabili, prendendo le dovute distanze dall'accettazione passiva di quel che ci succede. Trovare il coraggio di dare l'addio all'insensibilità, al cinico egoismo, alla mancanza d’ascolto e di condivisione equivale a salvare la nostra anima; in quanto, una volta che essa non riesce a trovare la forza di debellare tali elementi, scivola verso il totale assopimento. È bene comprendere che non bisogna rinunciare totalmente a qualsiasi schema inflitto dalla nostra società: quel che risulta utile è comprendere da sé quel che si sente proprio, abilitando lo strumento di razionalità che ci permette di compiere del bene – senza il quale, i nostri comportamenti andrebbero a discapito di coloro che si trovano all'interno della nostra comunità, risultando di conseguenza malsani.

 

George Grosz, "La danza dell'uomo grigio" (1949)
George Grosz, "La danza dell'uomo grigio" (1949)

Appare irriverente a coloro che sono disimpegnati intellettualmente comprendere appieno il significato di questi valori, rimanendo fedeli all'accettazione passiva di quel che succede; trascorrendo l'esistenza ad elevare la propria anima prendendosi gioco dell'altro, blaterando e accostandosi al di sopra d'ogni cosa, d'ogni sapere. Risulta pietoso questo modo d'agire, che spesso dobbiamo sopportare all'interno della società – assistendo ad una totale distorsione della realtà, dove la riflessione risulta un cammino irraggiungibile. Promuovendo sempre più una “morale” che ha come elemento portante la falsità e l'infondatezza della chiacchiera, dunque, l'ignoranza. Si auspica, addirittura, l'approssimarsi ad una vita di sconti: l'essere umano non si domanda più come stia davvero vivendo; si valuta l'amicizia e l'amore in vista di una “garanzia” per il futuro, riflettendo cosa ci può offrire in termini materialistici: non a caso, la nostra è una società del consumismo. La superficialità, oggi, diviene quel fardello che bisogna sopportare all'interno della società; la quale pare si nutra di un qualcosa che risulta essere dannoso: non si ha più voglia di addentrarsi alla ricerca del vero, dell'amore verso la conoscenza. Ad esempio, ai giovani la filosofia è quasi del tutto sconosciuta: il filosofo è quel pazzo incompreso, che serve poco all'interno del cosmo. Essa sembra una perdita di tempo: l'unica utilità che viene riscontrata dai giovani è l'importanza di utilizzarla come un mezzo per arricchire, mediante i Social Network, la descrizione delle proprie foto. Abusando, ad esempio, la citazione di un filosofo – totalmente sconosciuto a colui che ne abusa e che non ha compreso – al fine di ottenere popolarità – con termini spiccioli: più “like”.

 

Potremmo spiegare, in realtà, tramite le parole di Gabriele Zuppa che cosa è davvero la filosofia:

 

« La filosofia altro non è che razionalizzazione della realtà che incontriamo, è l’arte somma di porla dinnanzi a noi dispiegata. La filosofia non si occupa d’altro che della realtà nella quale siamo coinvolti. Quando non sia mera ripetizione di formule essa è vissuta, è il nostro pensare quotidiano che viviamo. Capire un filosofo non è altro che capire qualcosa in più della realtà: tanto più lo si capisce quanto più si abbraccia il suo modo di vederla e tanto più lo si sarà abbracciato quanto si saranno visti di essa i suoi aspetti più svariati; ad essi si lega indissolubilmente che cosa quella filosofia comporti per noi, dicendo qualcosa delle cose che ci coinvolgono. » (G. Zuppa, Esprimersi ed Essere)

 

Anche il valore attribuito all'amicizia risulta essere compromesso, non è più un semplice voler bene, un reciproco rispetto; accade che ci si spinge a far amicizia per approssimarsi ad una vita di sconti – l'amico di turno ci è utile perché possiede delle amicizie all'interno di una discoteca: può farci saltare la fila! Ovviamente questo modo di comprendere il senso della vita risulta totalmente estraneo a chi si è addentrato nella sfera della riflessione, valicando i confini della conoscenza. Si comincia ad amare il profumo che emana la nostra anima quando è impegnata intellettualmente.

 

« Pensare è molto difficile. Per questo la maggior parte della gente giudica. La riflessione richiede tempo, perciò chi riflette già per questo non ha modo di esprimere continuamente giudizi. » (C.G.  Jung, Il Libro Rosso)

 

René Magritte, "La condizione umana" (1935)
René Magritte, "La condizione umana" (1935)

 

L'uomo contemporaneo si è avventurato a dipingere un qualcosa che non è realistico, che non gli appartiene, estraniandosi dal suo stesso mondo. Cos'è che possiamo definire vomitevole, se non la nostra società, dove sempre più uomini stringono rapporti con la superficialità, senza capire quel che accade alla propria vita una volta giunti in questo oblio paradossale? Non a caso le parole dello scrittore e filosofo colombiano Nicolás Gómez Dávila, nei suoi Nuevos escolios, ci appaiono come un qualcosa che ci rimbomba all'orecchio, quasi ad invitare l'uomo alla meditazione:

 

« Oggi l'individuo deve andar ricostruendo dentro di sé l’universo civilizzato che va scomparendo intorno a lui. »

 

Il progetto di approssimarsi ad una vita riflessiva può sembrare arduo, spesso insormontabile; ma rappresenta l'unica via che salva l'essere umano da questa vomitevole alienazione contemporanea.

Alla fine, che cos'è il pensiero se non quel moto che modella la nostra vita, senza il quale essa assumerebbe un peso insostenibile? Dovremmo dunque ricercare la ragione delle cose, sgomberando l’ignoranza che affossa sempre più l’intelligenza; senza limitarci ad essere semplicemente abitanti del mondo, ma riuscendo a comprendere appieno come abitarlo. Dunque, in una società contemporanea dove l'esaltazione dell'infondatezza della chiacchiera, l'ignoranza e la traboccante violenza vengono percepite come valori, l'intellettuale viene visto come un essere fuori dal mondo. I veri valori sono così compromessi da coloro che sono disimpegnati intellettualmente – non preoccupati a ricercare il vero, a smantellare l’ignoranza che degrada sempre più la vita dell’uomo. 

L'impegno, l'amore verso la sapienza – unica via che permette all'uomo di abilitare il proprio pensiero – diventano oggetto di disprezzo: un qualcosa spesso concepito come inutile. Si auspica dunque il ritorno al riconoscimento del vero valore che possiedono sia le persone che le cose. Di grande importanza è qualsiasi contributo che miri a svelare il concetto dell’alienazione dell'uomo contemporaneo.

 

« Non si sa sempre riconoscere che cosa è che ti rinchiude, che ti mura vivo, che sembra sotterrarti, eppure si sentono non so quali sbarre, quali muri. Tutto ciò è fantasia, immaginazione? Non credo, e poi uno si chiede: ”Mio Dio, durerà molto, durerà sempre, durerà per l’eternità?” Sai tu ciò che fa sparire questa prigione? È un affetto profondo, serio. Essere amici, essere fratelli, amare spalanca la prigione per potere sovrano, per grazia potente. » (V. van Gogh, Lettere a Theo)

 

17 novembre 2018

 









  • Canale Telegram: t.me/gazzettafilosofica