Il declino della nostra civiltà e il fallimento europeo

 

L'attuale problema politico è questo: cinque anni di governo presentano una sproporzione, una discrepanza rispetto a scelte che decidono di decenni, di secoli e forse dello stesso destino del pianeta; e la cultura, che una volta ha realmente contribuito alla formazione dell'umanità e del suo destino, oggi, nel mondo produttivo e del lavoro, è divenuta in qualche modo un museo.

 

di Hans-Georg Gadamer

 

Vassilli Lepanto e Hans-Georg Gadamer
Vassilli Lepanto e Hans-Georg Gadamer

 

La situazione di una civiltà in declino, come quella dell'Atene classica, è certamente analoga all'attuale situazione europea. Ciò che allora si intendeva per filosofia, philosophia, è attualmente rappresentato dall'intero mondo delle scienze con l'inclusione di ciò che anche oggi si chiama filosofia. Oggi è proprio dell'egemonia della cultura scientifica basarsi sul monologo. Rispetto alle altre culture noi tutti abbiamo disimparato che non è il monologo e l'impiego delle autorevoli competenze degli esperti scientifici a promulgare la vita, ma lo scambio dialogico, lo scambio che avviene nel dialogo, nella disputa e nella lotta fra le opinioni. Si tratta quindi di vedere come la cultura scientifica moderna possa intervenire, con il suo sapere e potere, nell'agire politico. Il politico di oggi opera in una situazione in cui diviene difficile l'attuazione delle idee scientifiche e filosofiche. La moderna democrazia si basa su elezioni e su legislature della durata di quattro o cinque anni, ma il destino del mondo dipende da decisioni, da scelte che hanno conseguenze durevoli e vanno molto al di là di questo lasso di tempo. L'attuale problema europeo, davanti al quale stiamo, è questo: quattro anni di governo presentano una sproporzione, una discrepanza rispetto a scelte che decidono di decenni, di secoli e forse dello stesso destino del pianeta.

 

La cultura che una volta ha realmente contribuito alla formazione dell'umanità e del suo destino, oggi, nel mondo produttivo e del lavoro, è divenuta in qualche modo un museo. Come si possa nuovamente trasformare il museo in tempio, e come il sentimento comune degli uomini, ciò che unisce noi tutti, possa tornare ad essere il centro della nostra vita, del nostro senso vitale, tutto questo è un compito infinito. È incredibilmente difficile il compito da attuare e ciò che è ora in gioco ci riguarda. Spetta dunque a noi iniziare a trovare, in modo misurato e tenace, le nuove forze che la vita richiede affinché l'incessante e furioso progresso non ci porti alla rovina. Per questo posso solo ripetere: dobbiamo conoscere la meta ed avere la pazienza, l'accortezza di procedere a passi lenti, misurati. Le guerre mondiali erano anche il frutto dello sviluppo della scienza e della tecnica, le quali hanno fatto in modo che le armi belliche divenissero un pericolo terribile per l'uomo. In riferimento alla conquista del Nuovo Continente e alle atrocità commesse, anche lì il pericolo era dato dall'incommensurabile superiorità dei mezzi tecnici dei conquistatori. Oggi, la grande incommensurabile superiorità delle nostre armi e dei nostri mezzi tecnici può comportare il pericolo di distruggere il mondo naturale e di sostituirlo con un mondo costruito artificialmente. Io vedo i pericoli, ma non sono un profeta, un veggente. Come Platone, posso soltanto dire: «Vedo che tutti gli Stati vengono male amministrati e per questo è giusto lavorare per la trasformazione della nostra coscienza, ossia fare filosofia».

Tratto da un dialogo tra Gerardo Marotta e Hans-Georg Gadamer del 13 gennaio 1999.

 

8 aprile 2020

 







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