1, 10, 100 come George Floyd

 

Sotto il peso del razzismo nel 2020 gli Stati Uniti si sono destati con proteste che si sono diffuse a macchia d'olio. Non occorre reprimere, ma comprendere per apportare una svolta significativa alla nostra società, non solo quella statunitense.

 

di Martina Breda

 

 

«Per favore non riesco a respirare, Mamma, mamma, Non riesco a muovermi, per favore non uccidermi»: queste sono le parole che il 25 maggio 2020 George Floyd ha pronunciato poco prima di morire soffocato da Derek Chauvin, un ufficiale di polizia bianco che, dopo averlo bloccato a terra premendogli la faccia contro l'asfalto di una stradina di Powderhorn (a sud del centro di Minneapolis), gli ha impedito la respirazione con un ginocchio al collo. Non era un uomo qualunque, bensì un nero. Ebbene sì, questo nel terzo millenio ancora può fare la differenza, nonostante sembri irrealistico.

 

Il video della morte di George, diffuso immediatamente sulla piattaforma Facebook da un utente, ritraeva per 8 minuti e 46 secondi l'“esecuzione” di questo uomo americano. Solo quando la famiglia di Floyd ha voluto giustizia per suo figlio e ottenuto il permesso di svolgere una seconda autopsia da medici indipendenti si è attribuito il decesso all'asfissia. La prima diagnosi, svolta da medici collegati al dipartimento di polizia di Minneapolis, attribuiva altre cause. L'intera vicenda avrebbe potuto essere insabbiata, come verosimilmente è successo ad altri casi.

 

Il 29 maggio a seguito dell'indignazione del sindaco di Minneapolis Jacob Frey, i quattro poliziotti coinvolti nell'accaduto sono stati licenziati e arrestati. L'accaduto ha destato clamore rapidamente anche al di fuori della metropoli stessa, e non solo entro i confini del Minnesota: la speaker della Camera Nancy Pelosi ed il governatore del Minnesota Tim Walz hanno etichettato la morte di Floyd come un omicidio. Numerose testate giornalistiche, statunitensi e non, hanno denunciato l'abuso di potere commesso da Chauvin ed i suoi colleghi.

 

Ciò che che ha ucciso George e non solo lui, ma molti altri prima, è una piaga sociale non ancora estinta che perpetra ingiustizie in il mondo da secoli: ossia il razzismo. Talvota incarnata da suprematisi bianchi che abusano del potere della loro divisa.

 

Può avere oggi un qualche significato la parola razza? In effetti il concetto di "razza" non è rintracciabile nel pensiero antico. Per i greci e i romani coloro che erano chiamati "barbari" erano tali per motivi culturali e non biologici. Nei primi tempi del colonialismo, la visione europea entrando in contatto con nuovi gruppi umani si consideravano superiori non solo per motivi culturali (arretratezza scientifica e tecnologica) ma soprattutto religiosi. È solo alla fine del secolo scorso che l'inglese Chamberlain, partiva dalla differenza dei tratti somatici e del colore della pelle per affermare una differenza di carattere biologico e quindi una inferiorità intellettuale, riprendendo i precedenti pensieri di De Goblineau. Lo stesso David Hume, in una nota per l'edizione del 1754 dei suoi Essays, riprese in forma condensata gli argomenti tipici del razzismo moderno: egli diceva che i neri erano per natura inferiori e quindi privi di civiltà. Verso la metà del XIX secolo poi il numero delle "razze" umane poteva variare da due a sessanta, a seconda dell'autore, come già rilevava Charles Darwin ne L'origine dell'uomo. E ciò non a caso: «la definizione delle "razze", infatti, è assolutamente arbitraria», come sottolinea Gianfranco Zanetti nel saggio La retorica della razza.

 

Il concetto di razza è quindi ancora valido? La risposta spontanea è no, poiché non esistono particolari attitudini esclusive di una presunta razza, che la rendano superiore a un'altra. Sarebbe semmai sensato riferirsi a differenti gruppi culturali, che si distinguono in base alla capacità di adattamento al mutare delle condizioni di vita e dei fattori ambientali, attraverso lo scambio delle esperienze, delle conoscenze, delle abilità tecniche provate da circostanze storiche, geografiche, non certo per differenze morali e intellettuali che si legeherebbero a dei tratti somatici.

 

Per discutere di temi come la discriminazione razziale nel 2013 nacque un movimento attivista internazionale, il Black Lives Matter (letteralmente: Le vite dei neri contano), originato all'interno della comunità afroamericana ed estesosi a livello socio-politico verso le persone di colore. Il movimento ha visibilità grazie alle proteste in strada contro anche la disuguaglianza nel sistema giuridico degli Stati Uniti.

«La gente non nasce razzista. Molte persone pensano che quando dici Black Lives Matter significa che i neri vogliono superare altre "razze", ma non è così. Si tratta di voler essere uguali» (Joe Newman, in un'intervista per BBC News).

 

L'intento è di rinnovare la sensibilizzazione sui diritti civili, ovvero, per usare le parole della filosofa americana Martha Nussbaum, di promuovere una religione civile che ponga fine ai conflitti sociali sulla base di nuovi valori condivisi. Ovviamente prestando attenzione a ricordare sempre il passato che ha condotto il presente su questa via, perché vi è anche il rischio che si alimentino pregiudizi storici, indebolendo elementi fondamentali del vivere civile, come l’identità storica e la mediazione sociale. Per questo alcuni hanno criticato il gesto di sostituire la statua del mercante di schiavi Edward Colston con A sorge of power creata dall'artista Marc Quinn raffigurante Jen Reid, una delle attiviste del movimento col pugno alzato.

 

Appare quindi trasparente che il movimento Black Lives Matter divide gli Usa: la rabbia per la morte di Floyd ha stimolato le proteste in tutti gli Stati Uniti e molte città sono sprofondate nel caos. Il 28 maggio 2020 è stato richiesto un intervento dal Presidente Trump, che li ha additati come appartenenti ai movimenti anarchici di sinistra ed ai gruppi antifa statunitensi, e che, a causa della crescente brutalità delle proteste, ha dispiegato la Guardia Nazionale, parlando di circa 2.700 uomini in 15 Stati. Più di 1.600 persone vengono sono state arrestate in quasi due dozzine di città.

Naturalmente, la presa di posizione di Trump non ha fatto altro che esacerbare il conflitto e ad alimentare le opposizioni al potere costituito. Con le parole per SkySport di una delle personalità più celebri della protesta, Lebron James: «In una fase così delicata ci sarebbe bisogno di mediazione, di vicinanza tra le parti e non una forza divisiva come quella rappresentata da Trump: fino al 2016, Barack Obama era il nostro presidente. Il nostro rappresentante. Ora tutti sappiamo bene cosa sta accadendo alla Casa Bianca. Volete farmi credere che ci sono stati dei progressi? Penso di poter affermare con estrema certezza e a nome di tutti che negli ultimi anni non siamo andati avanti in alcun modo, anzi».

 

Nelle elezioni presidenziali del 3 novembre, che hanno visto la sconfitta di Trump, le vicende legate all'assasinio di George Floyd hanno avuto senz'altro un peso determinante. Si aggiunga che proprio in queste elezioni si è aggiunta la possibilità di votare come vicepresidente Kamala Harris, prima donna nera in corsa a questa carica. Chi si è mobilitato per un tale risultato crede che segnerà uno snodo importante non solo per la storia americana, ma per tutto il mondo, da essa influenzata.

 

 

Infatti in tanti paesi – Italia, Francia, Grecia, Norvegia, per citarne solo alcuni – chi si è mobilitato per le strade, nei social, ecc. lo ha fatto per denunciare ciò che è accaduto negli Stati Uniti d'America e nondimeno ricordare che di razzismo e di uso eccessivo della forza si muore anche qui, in Europa. Secondo l'Ong La police assassine, quasi 100 persone sono state uccise dalla polizia francese tra il 2005 e il 2015. Dunja Mijatovic, commissario per i diritti umani al Consiglio d'Europa, ha segnalato in un rapporto dell'anno scorso che «In Francia, secondo i risultati di un sondaggio nazionale su oltre 5mila intervistati, i giovani di origine araba e africana hanno venti volte più probabilità di essere fermati e perquisiti di qualsiasi altro gruppo maschile. Per quanto riguarda l'Inghilterra e nel Galles le statistiche del Ministero degli Interni per il 2017-2018 mostrano che le persone di colore hanno nove volte e mezzo più probabilità di essere fermate rispetto ai bianchi». Inoltre secondo il rapporto Essere neri nella UE, quasi un terzo degli europei neri ha subito molestie razziste negli ultimi cinque anni. Quattro su 10 delle oltre 5.800 persone intervistate in 12 Stati membri dell'UE hanno etichettato l'ultimo loro controllo come vera e propria profilazione razziale. Il 63% delle vittime di aggressioni fisiche razziste da parte di agenti di polizia non ha denunciato l'incidente più recente perché riteneva che la denuncia non avrebbe cambiato nulla (34%) o per sfiducia o paura nei confronti delle forze dell'ordine (fonte Euronews).

 

L’ondata di proteste che brucia non è il frutto di un singolo avvenimento: c’è qualcosa di molto più profondo e radicato, che non svanisce in seguito all’intervento delle forze militari. Si parla del fatto che parte della popolazione non sa da chi sia protetta. Quando ci si chiede: Chi dobbiamo chiamare quando è la polizia ad uccidere?, ciò significa che chi ha il compito di proteggere e assitere è in realtà divenuto una minaccia.  

 

 

Che cosa possiamo fare davanti a questi dati agghiaccianti?

A sentire Malaika Gangooly, organizzatrice diciannovene della protesta locale di Black Lives Matter a Chelmsford, l'istruzione e il dialogo fin dalla giovane età sono la chiave per prevenire ulteriori divisioni. «La mia più grande ambizione è aver scatenato una conversazione tra generazioni di persone sul razzismo in generale. Spesso è così difficile per le generazioni più anziane capire che sono parte del problema, si tratta di accettare, andare avanti e lottare per il cambiamento» (BBC News). La storia nera insegnata nelle scuole potrebbe prendere parte al processo educativo insieme a programmi per studenti specifici e a una maggiore assunzione di membri provenienti da una più ampia gamma di contesti. Un altro proposito è una riforma che restituisca il senso della missione della polizia in un clima disteso che coinvolga quante più persone possibili, essenziale per Bruno Pomart, presidente dell'associazione Raid Aventure Organisation per la ricostruzione del rapporto tra istituzioni e popolo,

Perché, come è stato scritto: «Non è bianchi contro neri, non è tutti i poliziotti contro tutti i civili. È l'umanità contro la disumanità. È la voglia di giustizia contro un sistema corrotto»

 

7 dicembre 2020

 









  • Canale Telegram: t.me/gazzettafilosofica