K-pop: in lotta con l'Occidente

 

Il k-pop, abbreviazione di "korean popular music", è la musica popolare della Corea del Sud, che racchiude in sé diversi generi musicali, quali l'hip-hop, l'elettronica e il rock: tutto ciò che è dunque musica moderna sudcoreana. Essa ha avuto la sua più grande diffusione soprattutto negli ultimi anni, grazie ad artisti come BTS e PSY. Ma nonostante il successo raggiunto, viene discriminata per le sue origini orientali.  

 

di Roberta Simioni

 

 

La diffusione del k-pop sembra risalire soltanto agli ultimi anni. Chi non si ricorda della famosa hit di PSY Gangnam style? Essa infatti ha spopolato in Occidente in pochissimo tempo, ottenendo oltre 2 milioni di like e 200 milioni di visualizzazioni in soli tre mesi, numeri immensi considerando che si trattava solo del 2012. Un altro gruppo coreano che ha contribuito alla diffusione di questo genere sono i BTS, che ha ottenuto, e ottiene tutt'ora, risultati sempre più sorprendenti grazie ai quali viene promossa la cultura coreana in tutto il mondo. L'incremento della popolarità globale della cultura sudcoreana risale però già all'inizio degli anni Novanta, in cui è noto il fenomeno della "Hallyu Wave", ovvero "onda coreana".

 

Questo genere musicale è diffuso tra tutte le fasce d'età e molte persone lo notano soprattutto per lo stile, i vestiti, le coreografie e ovviamente le melodie che producono. Come ogni altro genere musicale, anche il k-pop ha come fine il benessere degli ascoltatori. L'obiettivo della maggior parte dei cantanti è quello di diffondere i propri pensieri e sentimenti tramite la musica, per fare compagnia, consolare e rallegrare la vita delle persone.

 

Ma allora perché il k-pop è continuamente oggetto di discriminazioni e ostilità? Purtroppo nella società di oggi il razzismo è ancora molto diffuso e finisce per penalizzare ciò che la gente considera "diverso" o "troppo lontano dalla propria cultura", e proprio così avviene con il k-pop. Questo è anche segno di una mentalità chiusa e che si limita solo ai propri confini al posto di esplorare culture diverse e vedere la varie sfaccettature del mondo.

 

Quante volte un fan del k-pop si sarà sentito dire "ma perché ascolti quei cinesi?" oppure "ma capisci almeno quello che dicono?" per poi cercare di imitare la loro lingua dicendo parole a caso, mancando di rispetto non soltanto verso il genere musicale in sé, ma verso tutta la loro cultura. Moltissime persone, soprattutto tra i giovani, iniziano a sentirsi a disagio con sé stessi quando affermano di apprezzare il k-pop, date le continue occhiatacce e battutine che fanno altre persone, finendo per essere esclusi considerati "anormali". Bisogna cercare di non lasciarsi abbattere da commenti del genere, e non badare troppo a ciò che pensano gli altri su questo argomento. Avere dei gusti personali e preferire il k-pop rispetto alla trap americana, l’indie, il rock o l’hip-hop, non nuoce in alcun modo alla propria persona. Non c'è alcun motivo dunque per odiare un genere musicale che non è di proprio gusto, se non per mancanza di maturità che, come in questo caso, si declina in razzismo.

 

Per quanto riguarda la barriera linguistica che rende a volte meno immediata la comprensione dei testi delle canzoni o delle dichiarazioni dei cantanti stessi, ci si deve ritenere fortunati a vivere nel 2021, in cui lo sviluppo tecnologico degli ultimi decenni non lo hanno più reso un grave problema. Per i significati dei testi basta semplicemente cercare la traduzione su internet che si trova facilmente. È necessario un singolo click. Per quanto riguarda interviste varie, anche queste non sono un problema; infatti vengono sempre aggiunti i sottotitoli nelle lingue più richieste. In questo modo i fan riescono a mantenersi in contatto con gli artisti e non sentirsi esclusi.

 

Come in una live del 13 dicembre del 2019, un membro dei BTS, Suga, ha letto un commento di una fan che scrive: «I don't understand, but i love you» ("Non capisco ma ti amo"). A questo messaggio l'artista risponde con le seguenti parole: «You don't have to understand, we go beyond language barriers!» ("Non è necessario che tu capisca, noi andiamo oltre le barriere linguistiche!"), dimostrando quindi che queste “barriere”, viste come vere e proprie problematiche, alla fine non sono fondamentali nel rapporto fan-artista. L’unica condizione è quella di avere pazienza e aspettare i sottotitoli, dopo i quali la visione delle live, o di qualsiasi altro video, risulta più semplice e comprensibile. Dunque dire che è una perdita di tempo ascoltare il k-pop perché è in una lingua diversa dalla propria, è solamente un pretesto per discriminarlo ulteriormente.

 

Il k-pop alla fine è un semplice genere musicale che ha le proprie peculiarità, esattamente come tutti gli altri. Ciò che lo “rovina” è il continuo pregiudizio e discriminazioni di cui è vittima. È normale che ad alcune persone piaccia e ad altre no, ognuno ha i propri gusti, ma se si passa ad insultare prendendo di mira l'etnia, allora non si tratta più di gusti ma di razzismo.

 

Un esempio molto noto di ciò risale al 2017, quando i BTS hanno vinto il premio Top Social Artist ai BBMA, superando Justin Bieber, vincitore di quella categoria da 6 anni, dimostrando perciò la loro grande fama. A questa notizia non sono ovviamente mancati commenti negativi riguardanti la band, nei quali essi venivano altamente criticati per non avere abbastanza talento, non cantare bene, non ballare bene e per non essere degni di partecipare a un evento del genere. La maggior parte dei commenti non riguardava nemmeno la loro performance e il loro talento, ma erano del tutto xenofobi e razzisti: giudicavano non per il loro effettivo lavoro, ma per la loro origine. È perfettamente comprensibile che il k-pop non piaccia a tutti, ma alimentare odio verso di esso solo perché "lontano dalla propria cultura" non è la soluzione ideale. Bisognerebbe dimostrare rispetto verso ogni genere, indipendentemente dalla provenienza.  

 

Questo comportamento immaturo e ingiustificabile, dettato da una mentalità chiusa, non si limita solo al k-pop in generale, ma verso l'intera comunità asiatica. Durante i primi mesi del 2021 si è nuovamente diffuso il movimento #StopAsianHate per combattere contro il razzismo che vede ogni giorno come protagoniste le comunità asiatico-americane.

 

 

Tra gli esempi più noti si ricorda quello del 16 marzo in cui un uomo di 21 anni ha ucciso a sangue freddo otto persone, tra cui sei donne asiatiche, dipendenti di centri massaggi. L'uomo si giustifica affermando di avere una "dipendenza del sesso" ma si pensa che in realtà sia stato spinto anche da un odio razziale. Ciò che ha fatto ancora più scalpore sono i poliziotti che hanno cercato di “giustificarlo” dicendo che "aveva una brutta giornata", lasciando intravedere un comportamento alquanto ingiusto e razzista. È incredibile che ancora oggi le persone vengano prese di mira a causa delle proprie origini per un ingiustificabile odio razziale.

 

Inoltre, a partire dal 2020, con la diffusione del coronavirus, le comunità asiatiche sono state particolarmente attaccate e accusate di aver portato il virus, definendolo "virus cinese", "Kung-flu" o "Wuhan-flu", sottolineando la responsabilità che la gente attribuisce alla Cina per la diffusione del Covid-19, che però poi ampliano a tutte le persone di origine asiatica, e quindi non solo ai cinesi in particolare. Ciò ha portato a un incremento degli attacchi contro gli asiatici negli Stati Uniti, i quali sono aumentati del 150%. Anche in questo caso le comunità asiatiche vengono ingiustamente maltrattate per una causa irragionevole, ovvero la responsabilità del virus. È impressionante il numero di casi in cui essi sono soggetti ad atti di violenza e razzismo. È ingiusto che debbano vivere col terrore di uscire di casa, perché corrono il rischio di essere pestati, picchiati e insultati per un crimine che non hanno commesso.

 

Alla fine si può notare che non si parla solo di un’ostilità verso un genere musicale: la questione è molto più grande di quello che si crede. Il k-pop viene preso di mira perché in sé racchiude la cultura sudcoreana. L’origine del problema dunque deriva da una mentalità chiusa e da pregiudizi ormai radicati nella nostra società. Per questo ognuno dovrebbe cercare di essere più solidale e avere una mentalità aperta, senza giudicare l’altro perché viene considerato “diverso”. Solo così si possono varcare queste barriere che dividono le varie culture, ottenendo giustizia ed uguaglianza per tutti.  

 

17 maggio 2021

 







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