L'educazione femminile a Sparta: un unicum nel mondo antico

 

Nell’impianto rigido e strutturato del vivere civile nelle pòleis della Grecia classica, l’educazione, intesa nell’accezione delle scienze pedagogiche come tentativo di trasmissione dei valori culturali tradizionali alle nuove generazioni, ricopre un ruolo di primaria importanza. Lo Stato è incaricato di garantire agli individui che si identificano come cittadini un pacchetto formativo funzionale alla pòlis e fondamentale alla sua sopravvivenza; è tuttavia lecito riflettere sulla diversità tra cittadini maschi e cittadine femmine che, nel contesto ateniese ad esempio, mostravano una notevole disparità di trattamento. Cosa succedeva invece nell’altra pòlis di riferimento? L’ideale eugenetico di Sparta, l’esaltazione della forza fisica e militare, prerogative prevalentemente maschili e, per questo, centrali nell’educazione degli uomini, trovavano una loro dimensione anche nell’universo femminile?

 

di Annalisa Boccucci

 

G. Bussière, "Elena"
G. Bussière, "Elena"

 

Il modello educativo spartano, identificato con il termine agoghè, possedeva delle caratteristiche molto precise e ben determinate, funzionali a mantenere la vocazione militare di una città che non ha sbocchi sul mare, che si trova nell’entroterra peloponnesiaco e che si vede costantemente costretta ad utilizzare il potentissimo esercito di cui è dotata per difendersi dagli attacchi delle popolazioni vicine. L’esercito di Sparta è il più strutturato e militarmente preparato del mondo antico, la strategia militare e la tecnica utilizzata fanno da contraltare ad una preparazione fisica sulla quale lo stesso Stato decide di puntare. I giovani Spartiati, i figli di coloro che occupavano il gradino più alto della scala sociale, dopo essere stati esaminati alla nascita per escludere qualsiasi tipo di difetto fisico, venivano, all’età di sette anni, strappati alle loro madri e iniziavano un percorso di addestramento militare che culminava con la kryptèia; un rito di iniziazione molto complesso da ricostruire per via delle poche testimonianze di cui si dispone, ma carico di simbologia antropologica, in cui il giovane, pronto a fare il proprio ingresso nel mondo degli adulti, veniva lasciato nella foresta in balia della fame, del freddo e degli attacchi delle belve feroci. La buona riuscita di questo rituale determinava l’ingresso definitivo nell’esercito ponendo fine ad un percorso educativo molto rigido, fatto di prove fisiche, esercizi ginnici, vita frugale e adattamento.

 

In questo contesto l’agoghè si pone come percorso educativo che i maschi Spartiati in buona salute devono compire per realizzare se stessi, sentirsi parte della pòlis e diventare cittadini a tutti gli effetti; quando, tuttavia, si prendono in esame i modelli educativi appartenenti al mondo antico ci si focalizza esclusivamente sulla dimensione maschile poiché, nella stragrande maggioranza dei casi, per le donne non veniva strutturato un vero e proprio percorso istituzionalizzato: erano le madri a doverle introdurre nella dimensione domestica portandole ad assolvere i loro specifici compiti. A Sparta, tuttavia, l’educazione femminile non si articolava esclusivamente intorno al cerchio ristretto dell’oikòs, ma veniva pensata in funzione della conservazione di un ideale eugenetico che identificava le donne come incaricate di partorire futuri cittadini di Sparta robusti e in salute.

 

L’attenzione “politica” verso la dimensione femminile rappresenta, a Sparta, un vero e proprio unicum del mondo antico e, come afferma Maria Luisa Napolitano nel suo saggio Donne spartane e teknopoìa, «la valutazione dell’attività della donna-madre segue coordinate anomale, ma indicative di un’importanza particolare a Sparta, del ruolo femminile politico primario, eugenetico più che semplicemente genetico (come altrove in Grecia), in gran parte emancipatosi dall’attività riproduttiva maschile, onnipresente e spesso schiacciante nelle tradizioni ioniche» (M. L. Napolitano, Donne spartane e teknopoìa).

 

In questo quadro si identifica un vero e proprio programma educativo pensato per conservare e allenare il fisico delle cittadine di Sparta che doveva presentarsi come idoneo a garantire la robustezza e il vigore della prole e soprattutto preparato a sopportare i dolori del parto: Napolitano, nel saggio sopra citato, identifica la descrizione di esercizi ginnici maschili e femminili pensati per uno scopo strettamente eugenetico in frammenti di Krizia e Senofonte in cui, quest’ultimo si sofferma proprio sulla necessità della robustezza fisica di entrambi i genitori. Il dato ancora più interessante riguarda però la presenza di questo tipo di paideìa, come conferma anche Plutarco, consigliata sia per le parthènoi, le donne ancora non sposate che dovevano eseguire giornalmente una serie di esercizi ginnici obbligatori, sia per le gynaìkes, donne già sposate che, in virtù della consapevolezza di essere madri potenziali, dovevano anch’esse dedicarsi con costanza all’allenamento e alla cura del corpo.

 

Menelao ed Elena, Cratere attico a figure rosse, (440-430 a.C.)
Menelao ed Elena, Cratere attico a figure rosse, (440-430 a.C.)

 

La presenza di un’anomalia così importante nel mondo spartano può essere ulteriormente analizzata e messa a paragone, confrontando le fonti, con dei modelli provenienti da un’altra importante località del mondo dorico: come sostiene Napolitano infatti, un esempio equiparabile a Sparta viene offerto dalle fanciulle dell’Elide, solite anch’esse dedicarsi ad agoni ginnici in occasione di festività religiose in onore di Hera all’interno dei quali però emerge una differenza sostanziale. Questa tipologia di agònes aveva luogo solo in concomitanza di festività e perseguiva un fine strettamente religioso, non sistematizzato dalla pòlis e, soprattutto, accessibile solo alle parthènoi e non di certo alle donne sposate.

 

La specificità e l’unicità del modello educativo femminile che si analizza nella realtà della pòlis spartana è al centro di critiche intense e di forti polemiche anche tra gli intellettuali che, nel mondo antico, erano soliti contrapporre la cultura ionica a quella dorica: le testimonianze della bellezza e della cura del corpo alla quale le donne spartane dedicavano una grande quantità di tempo, energia e attenzione in funzione proprio dell’identificazione come membri attivi e cittadine della pòlis sono presenti nelle fonti di stampo letterario come quella proveniente dall’opera di Aristofane Lysistrata, in cui viene descritta una donna di Sparta, per altro sposata, intenta a praticare un allenamento costante fatto di esercizi di ginnastica piuttosto duri e intensi e nel libro IX della Politica di Aristotele.

 

La lettura profondamente critica e polemica che ne dà il filosofo di Stagira è uno straordinario documento che testimonia l’enorme distanza culturale tra Atene e Sparta: egli descrive la «sregolatezza che riguarda le donne» a Sparta come un elemento profondamente «dannoso per la felicità della città». Nel modello ionico, all’interno del quale alla donna spettava un compito di natura prettamente genetica e conservativa della specie e in cui la dimensione della casa era l’unica di pertinenza dell’universo femminile, il movimento, lo sviluppo muscolare e l’eccessivo nutrimento del corpo erano considerati degli elementi che potevano minacciare la fertilità e quindi vietati alle donne. Lo stesso Aristotele afferma che il fisico femminile deve essere caratterizzato dalla mollezza, non dalla robustezza, ha bisogno di poco movimento e di poco cibo per preservare tutti i tratti che lo rendono idoneo a generare.

 

Una così radicale distanza tra il modello dorico e quello ionico può essere cercata ed identificata in alcuni tratti antropologicamente rilevanti che caratterizzano i miti di fondazione delle due pòleis di riferimento del mondo greco: Atene è la città fondata dalla dea Atena, una dea guerriera rappresentata sempre con elmo, spada e abbigliamento maschile, che non possiede alcun legame con la dimensione femminile poiché generata dalla testa di Zeus, le origini di Sparta si legano invece indissolubilmente alle figure di Leda e di Elena, simboli di lussuria, femminilità e bellezza, una bellezza frutto di un impegno e di una partecipazione costante alle dinamiche politiche come testimonia la figura di un’altra regina leggendaria come Gorgo, la moglie di Leonida, una donna in grado di legare il suo nome ad un fascino e ad una sensualità divenute esemplari nel mondo antico. 

 

4 settembre 2023

 








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