Una transizione nella storia musicale del XX secolo

 

Si tende solitamente a dividere le due grandi categorie della musica colta e della musica popolare, così come tendiamo a separare lo sviluppo politico-economico dell'umanità dallo sviluppo artistico-culturale che da quello sostanzialmente deriva. È possibile, al contrario, scorgere un filo conduttore o un fondo comune per interpretare le musiche del nostro tempo?

 

di Stefano Protano

 

 

Guardando alla storia della musica occidentale, appare chiaro come si sia manifestato un passaggio fondamentale dalla musica cosiddetta 'colta' come prima forma di espressione artistico-spirituale dei popoli, alla musica di stampo 'popolare', nel corso di quel secolo di transizione che fu il Novecento. 

 

Vi è sempre stata una divisione 'di classe' pure nella musica, una divisione che seguitava e compendiava quella sociale: si aveva infatti una musica dei ricchi e una musica dei poveri; una musica delle genti bianche e una delle genti nere. La musica nel suo significato 'superiore' era, per i ricchi bianchi, la musica classica – rappresentata dallo strumento ad arco –, che si udiva nelle corti dei vecchi aristocratici e tra le nuove famiglie abbienti borghesi; la musica in senso 'inferiore' era, per i bianchi del popolo, settorializzata tra vari sottogeneri tradizionali come il folk, per quanto concerne la frangia più autorale, e il rock and roll per quanto riguarda quella più commerciale. Per i neri, invece, la musica superiore era la musica jazz – rappresentata dallo strumento a fiato –, mentre quella inferiore era incarnata dal genere blues, più autorale, e da quello soul, maggiormente commerciale. Tutte queste categorie sarebbero poi trapassate nel 'rock' – rappresentato dallo strumento a corde –, ricettacolo di tutte le forme musicali contemporanee. Infine, vi era la musica 'leggera', anch'essa appannaggio dei bianchi, e dei neri solo in quanto sottoposti ai padroni bianchi, un genere ben figurato dalla canzonetta, basata, più che sulla perizia tecnica del mezzo musicale in sé e sulla complessità delle linee orchestrali che esso disegna e determina, sulla melodia vocale pura e semplice sopra una base musicalmente irrilevante: simile leggerezza musicale si sarebbe successivamente tramutata nella musica 'pop' – rappresentata dallo strumento a tastiera –, in un processo che si mostra assieme naturale e necessario

 

 

C'è stato un momento storico preciso, che è possibile datare verso la fine degli anni Sessanta, in cui è sorta appunto l'esigenza, nei musicisti di entrambe le estrazioni e d'entrambe le etnie, di unificare tutte le forme allora esistenti, per produrre qualcosa che fosse maggiormente gradito sia ad un pubblico 'alto' sia ad un pubblico 'basso': la musica popolare, che sancisce, di fatto, la morte di quella colta, nasce in codesto variopinto contesto di esplorazione e sperimentazione. La musica classica e il jazz, forme musicali supreme per piglio virtuosistico e genio compositivo, avevano già esaurito, o stavano in ultimo esaurendo, tutte le loro possibilità espressive, e non avendo più nulla di nuovo da dire avrebbero perso ben presto il loro primato, lasciandolo al rock, nel quale si sarebbero riversate le capacità armoniche e le abilità musicali proprie di quelle, seppur sporcate dalla crudezza dei suoni di chitarra elettrica. In particolare, i generi sommi, prettamente inglesi, della psichedelia più avanguardista, del rock progressivo e del jazz-rock, ma pure il kraut-rock tedesco e il minimalismo americano, dimostrano in ogni momento di aver appreso gli schemi e le strutture di siffatte forme originarie, le quali nel frattempo reiteravano delle musiche oramai già sentite e superate, o progredivano in musiche similari, certo evocative ma volgarizzate e semplificate nel corpo delle loro partiture (ne sono un esempio lampante, tra i generi odierni, la soundtrack, la modern classical e la fusion, nella loro comunque gratificante ampiezza spazio-temporale di vedute, per l'orecchio allenato). 

 

M. Gaye
M. Gaye

 

D'altro canto, le forme musicali tradizionali, proprie di un patrimonio folkloristico ereditario, diverranno parte integrante del mondo della musica rock. Il rock and roll svilupperà la propria sonorità tipica con l'avvento degli Who, gruppo musicale seminale, e si congiungerà quindi con tutti i sottogeneri restanti. Ad esempio: il folk e il rock and roll troveranno in Bob Dylan la loro sistemazione finale; il blues e il rock and roll si uniranno parimenti in esponenti di spicco quali i Rolling Stones; la musica leggera confluirà, assieme alle immancabili venature ed influenze rock, nel pop dei Beatles; il soul diverrà esso stesso una branca del grande calderone rock – o meglio e più precisamente, prenderà le vesti del rhythm and blues, ovvero la codificazione definitiva della black music, nel momento in cui i diritti dei neri giungevano ad essere vieppiù riconosciuti a livello sociale – con Marvin Gaye. Si trattò di una vera e propria popolarizzazione, o democratizzazione, che andò di pari passo con la democratizzazione della politica degli Stati d'Occidente, di un'arte dello spirito che in passato era stata possesso esclusivo, da un lato, di poche classi ricche e, dall'altro, di numerose e disparate classi povere alla ricerca di una forma espressiva peculiare, che li caratterizzasse dinanzi ai potenti e ai privilegiati. Ora invece il rock ed il pop come musiche unitariamente individuabili e diversamente elaborate diventavano patrimonio di tutti indistintamente, perlomeno in potenza, quali prodotti destinati al consumo.

 

J. Baez e B. Dylan
J. Baez e B. Dylan

 

Abbiamo assistito, in sintesi, a un abbassamento delle forme musicali più alte e, al contempo, a un corrispettivo innalzamento di quelle più basse, in un generale appianamento delle potenzialità musicali. Assieme ai popoli nel loro complesso, anche la musica si è dunque imborghesita, in quella ideologia capitalistica che dal dopoguerra in poi si è sempre più affermata e diffusa ovunque, pervadendo ogni spazio culturale. E come la musica classica era stata l'espressione classista della nobiltà e del clero, e poi infine delle élite borghesi, la musica rock (e quella pop che sempre più le si avvicina come un'amante appassionata che sia attratta dalla bellezza del suo desiderato partner) è, in questo momento storico, l'espressione classista della piccola borghesia che identifica, invero, la stragrande maggioranza della popolazione delle società occidentali civilizzate. In essa si possono scorgere, pertanto, sia i momenti più elevati della musica classica: la polifonia e il contrappunto, la forma ciclica e le variazioni, le suite strumentali e i concerti solistici; e del jazz: le scale tonali e modali, la tecnica dell'improvvisazione, gli assolo e gli intrecci strumentali, la lunga durata, sia i momenti meno elevati della musica leggera: la forma canzone, i ritornelli orecchiabili, gli accordi ripetuti e l'andamento breve e lineare.

 

Che ruolo ricopre invece, in tale disegno d'insieme, la musica jazz? Il jazz è stata una parentesi relativamente breve, una esplosione di creatività che ha investito le genti afro-americane a partire da un seme di musica classica - George Gershwin nello specifico -, e che ha donato una parvenza di superiorità a una etnia da sempre reputata inferiore. Lo fece attraverso una costruzione estremamente complessa, stratificata e raffinata, la quale dimostrò che anche i neri come i bianchi, e, a volte, persino più dei bianchi, sono dotati di facoltà immaginative e intellettuali, e in grado di esprimersi al massimo livello in imprese musicali fuori dal comune, in quanto sapevano realizzare una musica che poteva definirsi veramente colta, solo apparentemente caotica, ma nella sostanza ben delineata e ordinata pur nel suo groviglio di suoni fondati su ritmi quasi insostenibili e giri di note di gran lunga atipici. Ebbene, la comparsa del jazz è un evento sociale epocale, in quanto mette in musica un anelito rivoluzionario di uomini con un recente passato da schiavi, anelito che giungerà finanche a influenzare la cultura musicale degli antichi soggiogatori bianchi; e in quanto pone, inoltre, il talento dell'uomo nero sullo stesso piano, se non addirittura su di un piano maggiore, di quello dell'uomo bianco.

 

La musica, in conclusione, dimostra di essere lo specchio del mondo in cui viviamo; ma anche un mondo a se stante nel quale la superficiale banalità di ciò che è alla portata di tutti viene equiparata e accostata, quale 'gusto' tra i tanti gusti possibili, alla profondità significativa di quel che è adatto solo ai palati fini. E chissà che un giorno, discernendo o apprendendo l'essenza primordiale e la forza significativa della nostra musica, si potrà finalmente muovere verso un progredimento espressivo d'altro tipo, diverso da quello che stiamo attualmente vivendo; che sia in qualche modo più degno della infinita varietà e bellezza della natura umana, simile a quella divina nell'atto del suo generare, e più meritevole di lode nel presentarsi celestiale come i suoni di tipo classico e terrestre come quelli di tipo jazzistico, ma allo stesso tempo meno scontato e più ricercato della maggioranza degli articoli e delle merci del mercato musicale rock e pop che oggi ci vengono offerti, con la rada eccezione di alcune illuminate creazioni di nicchia, care soltanto agli appassionati.     

 

27 gennaio 2023

 









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