Il momento dell'Apocalisse nella morale sartriana

 

All’interno dei postumi Quaderni per una morale, Jean-Paul Sartre teorizza la sua morale dell’autenticità. L’autenticità è ciò che caratterizza l’uomo pienamente libero e sciolto da qualsiasi credenza magico-mitica. Affinché l’uomo permanga libero è necessario che egli possa continuare a scegliere e a creare. In tal senso è fondamentale il momento dell’Apocalisse: grazie a esso l’uomo può distruggere il vecchio per creare il nuovo e può, perciò, rimanere libero.

 

di Paolo Cusenza

 

 

Per Sartre l’uomo è ontologicamente libero in quanto in esso l’esistenza precede l’essenza. Non esiste una ricetta per l’uomo, il quale prima esiste e poi, vivendo, assume un dato aspetto, delle date caratteristiche, si forma una propria essenza che lo definisce come un determinato uomo differente dagli altri. Prima di esistere l’uomo non è niente: “l’uomo è ciò che si fa”. Essendo liberi, agiamo poiché vogliamo mantenere la nostra libertà e il progetto a cui è finalizzata ogni nostra azione è un progetto di libertà. Ora, se noi siamo la nostra operazione nel mondo, se l’uomo è ciò che fa, non agire e, quindi, non esercitare la libertà che siamo, equivale a non essere e a non far sì che ci sia un mondo (il per-sé è l’essere che fa sì che ci sia dell’essere). Per Sartre, infatti, «ogni azione è Creazione. Creazione del mondo, di me stesso e dell’uomo» (J.-P. Sartre, Quaderni per una morale, Mimesis, Milano 2019, p. 193). Quindi, l’uomo (autentico), essendo libertà e coscienza che fa essere sia il mondo, che sé, che l’altro, deve continuare ad agire e a distruggere ciò che ha creato in precedenza con l’azione, così da poter ricominciare a creare nuovamente. In questo modo, distruggendo e ricreando, l’uomo si garantisce uno spazio di azione, si assicura la possibilità di continuare ad agire e di rimanere, perciò, ciò che egli è: libero. Detto questo, si capisce come all’interno della morale dell’autenticità sartriana il momento chiave sia quello dell’Apocalisse, quello, cioè, della distruzione che consente di poter creare il nuovo: «Io non posso sbarazzarmi della mia situazione di borghese, di ebreo, ecc., se non assumendola per cambiarla» (Ivi, p. 568).

 

Uno dei rischi per la libertà da cui mette in guardia Sartre è quello della “naturalizzazione”. Ogni per-sé è libertà che dà senso al mondo per mezzo delle proprie scelte. Quando il frutto delle scelte di una libertà (il mondo) smette di cambiare, quando, cioè, si smette di scegliere, la libertà si affievolisce. L’uomo è, sì, senza natura, ma c’è nel suo essere libero, la tendenza ad accomodarsi sulle proprie scelte che porta a una naturalizzazione della propria condizione. È il caso dello schiavo che è tale da generazioni e che non riesce a smettere di esserlo, in quanto, dopo tanto tempo, considera il proprio essere schiavo una condizione naturale. Lo stesso accade all’uomo di qualsiasi condizione e di ogni epoca storica. Nel momento in cui il per-sé smette di prendere decisioni, cullandosi su quelle già prese e ritenendole naturali, esso smette di essere libero. Ma l’uomo, essendo libertà, ha come fine la propria stessa libertà; perciò, non può permettersi di smettere di operare delle scelte, non può assuefarsi di una data condizione: l’uomo deve continuare a scegliere, a creare e, quindi, a distruggere ciò che ha creato in precedenza, per poter riscegliere e creare ancora. In tal senso, per Sartre è fondamentale l’Apocalisse, con essa si può distruggere tutto ciò che si è creato, così da garantire l’esercizio della libertà e sventare il rischio della “naturalizzazione”.

 

Jean-Paul Sartre (1905-1980)
Jean-Paul Sartre (1905-1980)

L’Apocalisse così intesa, come distruzione del vecchio per la creazione del nuovo, è considerata da Sartre un momento di festa. Essa è assolutamente positiva e rappresenta il momento per eccellenza della morale. In una situazione in cui regnano l’ordine, la ripetizione e la quotidianità, non c’è spazio per la creatività della libertà. Ecco perché l’Apocalisse è il momento della morale: grazie a essa si può agire per creare. Dunque, «non c’è una morale dell’ordine, ma l’ordine è invece l’alienazione della morale, è la morale passata sul piano dell’Altro. Festa, apocalisse, Rivoluzione permanente, generosità, creazione, ecco il momento dell’uomo» (Ivi, p. 548). La libertà può sussistere solo nell’Apocalisse, in quanto una libertà ordinata è contradditoria per definizione. La libertà è e non può essere altro che creatività creatrice. La creazione così considerata, come prodotto dell’Apocalisse, appare certamente inquietante. Essa è negazione e sconvolgimento del conosciuto, rottura dell’equilibrio. Infatti, tendenzialmente «il nuovo non è richiesto» (Ivi, p. 664).  È anche per questo che il nuovo insito nella libertà degli altri non è facile da accettare, così come è difficile rinunciare alla comodità di una situazione di equilibrio storico-sociale in cui si vive. Se si riesce a metterlo in pratica, però, il momento morale dell’Apocalisse consente l’esercizio della libertà, con esso si può realmente avviare una rottura dell’ordinario. Anche se il pericolo dell’alienazione – intesa come rifugio nella credenza magica – permane, anche se è storicamente accertato che ogni epoca tende a naturalizzare l’individuo, grazie all’Apocalisse la rottura dell’equilibrio che atrofizza la libertà è sempre possibile.

 

Se è vero che l’Apocalisse può spaventarci, in quanto stravolge l’equilibrio verso cui tendiamo, si può avviare una riflessione sulle opportunità che essa ci offre, soprattutto nei riguardi della nostra contemporaneità. Come detto, l’Apocalisse ci garantisce di rimanere liberi, al prezzo di distruggere continuamente ciò che abbiamo creato. Se ciò in sé appare come difficoltoso, al giorno d’oggi potrebbe essere un po’ più semplice e vantaggioso adottare questa modalità apocalittica della morale. Infatti, viviamo in un’epoca iperveloce e iperconnessa, dove “il nuovo non è richiesto” fino a un certo punto. In un mondo dove stare al passo coi tempi, con la tecnica e con i continui cambiamenti socioeconomici è arduo, adottare un punto di vista morale come quello dell’Apocalisse, può aiutare a non soffrire troppo il ritmo a cui viaggia del mondo. In conclusione, il momento dell’Apocalisse rappresenta un efficace antidoto alla credenza magica, favorisce la conversione all’autenticità, causa la rottura delle naturalizzazioni storiche e tiene aperto lo spazio della libertà, così da permettere all’uomo di perseguire i propri fini, la propria libertà, se stesso. In aggiunta, diciamo che viviamo in un momento storico in cui un atteggiamento morale che predilige l’Apocalisse, può non essere così spaventoso, anzi, quasi auspicabile.

 

12 giugno 2023

 









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