Il problema del soggetto da Kant ad Avenarius

 

Il problema dell’esperienza lasciato in sospeso da Kant nella Critica della ragion pura testimonia una fase di apertura verso nuove scoperte filosofiche riprese da filosofi moderni appartenenti alla nuova corrente filosofica empiriocriticista fondata nella seconda metà dell’Ottocento da Mach e Avenarius. La teoria dell’esperienza di matrice empiriocriticista pone al centro della questione il dialogo costante con le scienze, e in particolar modo la psicologia sperimentale e la fisiologia secondo Avenarius hanno lo scopo di comprendere il funzionamento del pensiero umano.

 

di Andreina Sergi

 

S. Dalì, "La coppia con le teste piene di nuvole", 1936
S. Dalì, "La coppia con le teste piene di nuvole", 1936

 

Nei due volumi della Critica dell’esperienza pura (1890), l’interesse filosofico sviluppato da Richard Avenarius segna uno spartiacque tra le precedenti teorie riguardanti il problema dell’esperienza lasciate in sospeso da Kant nella Critica della ragion pura e le nuove teorizzazioni sull’esperienza basate sulla concezione psicofisiologica, orientate a spiegare tanto il lato teoretico dell’uomo (ovvero la conoscenza) quanto quello pratico. Avenarius prende spunto dalla grande quantità di scoperte di ambito psicofisiologico che si erano succedute nel corso dell’Ottocento in Europa, concentrandosi in particolare sul funzionamento del cervello sui contenuti psichici da esso dipendenti. 

 

È interessante notare come le principali tematiche di matrice psico-fisicalistica riprese dai filosofi empiriocritici Mach e Avenarius mirino a «dimostrare nei particolari che ogni comportamento teorico e pratico è determinato da modificazioni del sistema nervoso centrale» (R. Avenarius, Critica dell’esperienza pura) e che i processi psichici sono interamente dipendenti dall’attività cerebrale: l’obiettivo era quello di fornire una spiegazione adeguata del comportamento umano facendo riferimento ai processi biologici del cervello, senza prendere in considerazione i paralleli contenuti mentali. 

 

Avenarius, nella sua Critica dell’esperienza pura, riprende alcuni riferimenti della filosofia kantiana presenti nella Critica della ragion pura, più precisamente la prima parte della Logica trascendentale – in particolare, riprende la duplice funzione categoriale teorizzata da Kant (ovvero l’utilizzo psicofisiologico delle categorie dell’intelletto) sul quale si basa il funzionamento dell'intelletto. Secondo Kant, la funzione conoscitiva nel soggetto non avviene in modo meccanico ma in maniera trascendentale, a priori, e vi deve essere qualcosa che la garantisca – l’Io penso –, altrimenti non vi sarebbe un collegamento scientifico tra sensibilità e intelletto. Kant dedica in Analitica trascendentale una parte sulla funzione del soggetto: basandosi su dei concetti puri, l’Io diviene una forma indispensabile per la conoscenza. Kant esplicita la funzione dell'Io penso in questi termini:

 

« L’io penso deve poter accompagnare tutte le mie rappresentazioni, poiché, se così non fosse, in me verrebbe rappresentato qualcosa che non potrebbe affatto essere pensato: il che vuol dire, in altri termini, o che la rappresentazione sarebbe impossibile, o che essa  almeno per me  non sarebbe nulla. » (I. Kant, Critica della ragion pura)

 

R. Avenarius (1843-1896)
R. Avenarius (1843-1896)

Partendo dalla questione dell’Io penso kantiano, Avenarius ne prende le distanze e trasforma l’Io in una logica basata su esperienze sensibili. L’Io in senso ontologico, secondo Avenarius, non ha valenza poiché al filosofo interessa esclusivamente mostrare come la funzione cerebrale psicofisica sia all’origine dei fenomeni psichici. Tale conclusione segna l'inizio di una nuova teorizzazione del soggetto come fenomeno empirico. In poche parole, l'Io per Avenarius sta ad indicare una piccola parte di “esperienza” presentata come corpo e pensiero, ma esso non è identificato con nessuna sostanza e non corrisponde a funzioni trascendentali, come per Kant.

Scrive Avenarius: 

 

« La parte di esperienza che è denominata “io” si presenta come una molteplicità variamente determinata come “corpo” […]; come i pensieri, la maggior parte possiede un contenuto che riproduce i componenti dell’ambiente in modo più o meno modificato. » (R. Avenarius, Osservazioni sul concetto di oggetto della psicologia)

 

Avenarius, inoltre, si sofferma sul compito che Kant affida all’esperienza. Secondo Kant occorre riesaminare tutta la struttura e la validità dell’esperienza: infatti, il fine della Kritik, è di fondare un’indagine sulle forme a priori (cioè, indipendenti dall’esperienza) al fine di stabilire le forme e i limiti della ragione. 

Il limite dell’esperienza individuato da Kant viene criticato da Avenarius, il quale, partendo dal dato dell’Io, approda a una nuova concezione di ‘esperienza pura’, sulla quale basa il proprio metodo empiriocritico.

L’arduo compito di Avenarius, come si può leggere nelle pagine di Critica dell’esperienza pura, è quello di fondare, attraverso il suo nuovo metodo, una nuova idea di esperienza lontana dalle influenze del kantismo.

 

Un risultato, quello di Avenarius, che, a partire dal punto di vista empiriocritico e fondandosi sul metodo empirio-filosofico, arriva a intendere l’Io come principio fondatore della teoria dell’esperienza, dando inizio all’inedito modo di pensare il soggetto come qualcosa di originato dai soli processi cerebrali: questo concetto influenzerà le teorie sulla mente, sul cervello e sul soggetto delle correnti filosofiche novecentesche, impegnate proprio nello studio e del dibattito sulla genesi fisica o metafisica dei suddetti fenomeni.

 

31 luglio 2023

 









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