La storia è fatta di cose e di persone: le cose sono inanimate e su di loro agisce l’inesorabilità del tempo, le persone sono invece agenti attivi della storia e plasmano il tempo storico e le cose che possiedono. L’attenzione deve essere sulle persone, quindi, e ciò che è una persona da sola ha una sua definizione, ma ciò che tante, tantissime, persone sono, costituisce tante menti che diventano una unica, proteiforme, energetica, mente e quindi Psiche Collettiva.
In questo primo quarto del XXI secolo possiamo proclamare, la manifestazione non solo dell’epoca postmoderna ma anche la irrevocabile nascita e manifestazione della Psiche Collettiva postmoderna.
Che ogni epoca storica e culturale abbia la sua propria e peculiare psiche è faccenda indiscutibile, e questa psiche epocale è il risultato di un processo materiale, dialettico, culturale e spirituale che diviene direttamente dalla interazione e polarità di due elementi: la Weltanschauung – etica e morale – manifesta nelle masse e nell’individuo e lo Zeitgeist temporale definito da una specifica sequenza di eventi identificati come determinanti – lunghe stagnazioni o improvvisi cambiamenti – sia volontari di un progetto sociale, che improvvisi e meccanicistici dovuti ad alcune condizioni.
di Mario Magini
Per Freud, l'inconscio denota il “luogo” e il “processo” psichici dei contenuti rimossi o dimenticati che lo rendono funzionale per permettere all’ esperienza vigile del soggetto di permanere in un equilibrio ed efficacia senza che essere turbato da idee, emozioni, desideri, individualmente o socialmente ritenuti amorali, pericolosi, violenti, troppo potenti, eccessivamente coinvolgenti o innovativi.
L’inconscio in Freud ha una natura esclusivamente personale, agisce solo ed esclusivamente nel singolo individuo e con i meccanismi evolutivi di quel singolo individuo, ma non ha mai spinto la sua ricerca oltre.
In Jung il discorso filosofico e analitico si espande per dare un significato e risposta a forme di pensiero arcaiche e mitologiche, definendo l'inconscio come dotato di uno strato superficiale, quello propriamente personale, ma allo stesso tempo anche di uno strato immensamente più profondo, antico, complesso e ricco che non deriva più esclusivamente dall'esperienza personale e che non viene affatto acquisito successivamente, perché esso è quanto innato in tutta la specie. Esso contiene, in una forma che può essere definita o confusa allo stesso tempo, gli archetipi, i simboli e i significati impliciti ed espliciti che si sono manifestati, si manifestano e manifesteranno in tutti i popoli e in tutte le culture di ogni tempo.
Questo stato più profondo è ciò che rappresenta l'inconscio collettivo o Psiche Collettiva. Jung lo definisce “collettivo” in quanto vi ravvisa una dimensione universale, atemporale. A discapito di quella meramente individuale, la Psiche Collettiva sarebbe identica in tutti gli uomini e costituirebbe un substrato psichico comune di natura sovra-personale, adimensionale, che è agente e condizionante ciascun singolo individuo.
Nell’ambito della storiografia pertinente, la dottrina filosofica psicoanalitica è considerata un dato di fatto inoppugnabile e proprio questi sviluppi del pensiero di Jung lo separarono, violentemente ed irrevocabilmente, dal suo maestro. Parlare di Psiche Collettiva significa parlare di contenuti psichici che non sono nella consapevolezza e controllo del singolo soggetto, nemmeno rispetto i suoi, personali contenuti inconsci, poiché tali contenuti “appartengono” (se così possiamo dire) ad una intera società umana.
L'individuo, nel suo vivere quotidiano, è egli stesso una summa di questi contenuti psichici universali e collettivi ed egli, a sua volta, reinveste e aggiunge qualcosa di nuovo in questa immane, panteistica fusione, divenendo il singolo e l’inconscio collettivo di una entità inscindibile in continuo accrescimento, evoluzione e variazione.
Manifestazione simbolica e analitica di questo processo sono gli archetipi, rilevabili nella simbologia onirica, nei simboli e segni utilizzati dalle società negli alfabeti e nei sigilli religiosi e governativi. Gli archetipi esisterebbero prima dell'esperienza concreta e rappresentano gli ingranaggi ed il propellente del lavoro psichico, sia individuale che collettivo. Essi condizionano e direzionano, sono intelligibili ed inintelligibili, innati, presenti, permanenti, tra loro dinamici e vicendevolmente interagenti, istintivi.
Con altre parole si potrebbe dire che l'inconscio collettivo – la Psiche Collettiva – è la struttura complessiva che costituisce la Psiche dell'intera umanità, psiche sviluppatasi lungo un determinato tempo, che utilizza gli archetipi come meccanismi di espansione e complessizzazione.
Posta la differenza e reciproca unione tra psiche individuale e collettiva e identificati gli archetipi come il meccanismo dinamico proprio del lavoro cognitivo ed emotivo umano, possiamo ora vedere come tale Psiche Collettiva abbia tre distinti “gradienti”, uno inferiore, uno medio e uno superiore:
● L'inferiore è il gradiente legato alle radici arcaiche, al passato dell'umanità, alla cosiddetta Tradizione;
● Il gradiente medio è composto dai valori antropologico-socio-culturali di un dato momento storico attualizzato, il cosiddetto “presente storico”;
● Il gradiente superiore è relativo ai valori in sviluppo, alle necessità etiche e morali in termini di conquista evolutiva, alle potenzialità e future mete dei singoli immersi nel consesso umano.
All’interno del modello filosofico junghiano, l'inconscio collettivo può essere immaginato come emergente in ciascun individuo, come una propaggine innestata nella singola creatura. È posto nel singolo soggetto e risuona, co-agisce, assieme tutti gli altri individui, esattamente come fossero le corde di uno strumento che possono a loro volta ricevere parte di una vibrazione e risuonare producendo specifiche armoniche.
Un esempio importante ed esaustivo per tutti. L’Archetipo della Grande Madre – o Dea Bianca, o Madre Terra, o Persefone, o Bastet, o Mater Matuta – è il medesimo con poche variazioni in tutte le culture ed è il medesimo con pochissime variazioni in tutte le persone. Tale fenomeno non è solo filosofico e antropologico, ma anche empirico, poiché tutti i bambini condividono una innata aspettativa interna per un individuo che abbia cura, premure, amore, nutrimento, sicurezza di loro; ogni bambino sopravvive, vive, si sviluppa, si accresce ed esistenzialmente cresce perché ha avuto una Madre, o una sua declinazione o surrogato, e pressoché ogni bambino è a sua volta condizionato ed istruito dall’idea fornitagli da una società riguardo quel che una madre dovrebbe essere. L'insieme di tutti questi aspetti, aspettative, possibili relazioni ed effetti è sia la primitiva fonte archetipale della Psiche Collettiva e sia l’esperienza individuale della Psiche Individuale del simbolo, esperienza e relazione con la Madre.
La Psiche Collettiva postmoderna è tutto ciò che possiamo rilevare e sperimentare in termini di idee, emozioni, sentimenti ed azioni attinenti a questo scorrere del tempo. Questa Psiche Collettiva, però, non è un accadimento troppo improvviso, fatale o accidentale le condizioni del banale Qui ed Ora. Va considerata una intera genealogia del postmoderno che ha incubato, prodotto e fatto nascere questa Psiche che osserviamo, che ci agisce e che ci osserva. Vi è una serie di “inattualità”, in senso nietzschiano, che hanno determinato la Psiche Collettiva postmoderna, vi è un processo che è più teatrale e grottesco che politico e culturale, e, posta questa specifica, possiamo affermare che c’è una data di nascita della Psiche Postmoderna, che è un punto sia di arrivo che di inizio di un vortice sia ascendente che discendente, espansivo e trasvalutante ogni cosa e qualsiasi cosa manifestata precedentemente.
La data è martedì 11 settembre 2001, ore 8:45 costa est degli Stati Uniti corrispondente alle ore 14:45 in Italia. Quattro aerei di linea, appartenenti rispettivamente a due delle maggiori compagnie aeree americane (United Airlines e American Airlines), furono dirottati da quattro gruppi di terroristi per un totale di diciannove individui coordinati. Due aerei furono fatti schiantare contro le torri Nord e Sud del complesso commerciale ed abitativo nel centro di New York detto World Trade Center, nel settore cittadino Lower Manhattan. Nel giro di 1 ora e 42 minuti entrambe le torri crollarono.
Dopo l’attacco terrorista a New York e Washington, dopo “l’11 settembre” come è colloquialmente ricordato nella cultura popolare, nasce ufficialmente la Psiche Postmoderna con tutto quanto ne consegue in termini di cultura occidentale, prospettiva esistenziale del mondo, rapporti tra Occidente ed Oriente e declinazioni morali e spirituali conseguenti. Vi è stato un evidente viraggio, implosione o frammentazione schizoide della Psiche collettiva ed individuale a seguito di questo accadimento poiché nessuno avrebbe mai potuto immaginare un evento di tale portata e, quindi, nessuno davvero avrebbe mai potuto avere pronti i meccanismi di analisi cognitiva e difesa psichica attinenti.
L’11 Settembre è stato il punto di mutazione antropologica che ha determinato una trasvalutazione irreversibile della psiche individuale e di quella collettiva, cambiando per sempre i contenuti culturali a venire e gli strumenti relativi l’indagine e la produzione della cultura stessa.
Il concetto di “mutazione antropologica” non è nuovo ma è quanto mai attuale: con esso Pasolini si riferiva a un cambiamento irreversibile avvenuto nella psiche, nella coscienza e nella cultura degli Italiani, a suo dire negativo, quantitativamente e qualitativamente diminutivo, che non sarebbe stato possibile senza un vettore specifico, un accadimento segnante una diversione di rotta storicamente imprevista e nel suo portato ineludibile. La nascita della Psiche Postmoderna è una mutazione antropologica radicale, un atto mancato dell’Occidente in senso lacaniano: questo evento nel suo improvviso manifestarsi ha creato una crepa tra un prima ed un dopo. Lo scalino, creatosi tra questo prima e dopo, è alto, inclinato, ripido e tagliente, e sulla sua superficie la mente collettiva ed individuale non ha potuto nemmeno arrancare, si è arresa, sorpresa e vulnerabile.
La Psiche Collettiva postmoderna è, quindi, una struttura mutante che nasce come risposta e risultato ad un Disturbo Post Traumatico da Stress collettivo, globale, una elaborazione difensiva di un evento imponderabile che, giunto da un nessun dove, ha – letteralmente – schiantato, iniettato e enucleato nel mondo il suo stesso accadere e tutti gli impliciti e relativi messaggi ed anatemi etici, morali, religiosi, spirituali, politici, geopolitici, storici. Nasce la Psiche Collettiva Postmoderna, muore definitivamente il XX° secolo e muore con tutti gli irrisolti che ancora sciamavano dalle sue stesse ferite e feritoie. Irrisolti accadimenti e temi che divenivano da quell’altro impredicibile e soverchiante periodo che è stato il XIX secolo. Da questo orrore e dalla natività psichica ad esso ascritta emerge un aspetto devastante: esso dichiara l’inizio della fine dell’età Occidentale così come era conosciuta ed attesa per il futuro. Il trauma dell’11 Settembre ha dirottato il singolo e le collettività in un eone storico ed esistenziale non previsto, una rotta globale segnata da un planetario Disturbo Post Traumatico da Stress, da Trauma.
Prima dell’11 Settembre il mondo occidentale era pressoché ancora vittoriano, intendendo quell’atteggiamento anglo-colonialista continentale tipico del ventennio 1890 - 1910, aggiornato ovviamente agli statuti del XX secolo, secondo il quale il Mondo aveva raggiunto una condizione di stabilità ed autoperpetuazione non suscettibile a incrinature, o cambiamenti radicali. Un mondo più che favolistico direi psicotico, in cui gli avvenimenti, le mode, si sarebbero susseguiti, stratificati e vicendevolmente sostituiti, ma il tutto nel più rigoroso rispetto di quel distico secondo cui “tutto cambi affinché resti la medesima cosa”. Un mondo, specialmente europeo, statico, plastico, sclerotizzato, uno sconfinato continente psichico in una posizione cognitiva ed emotiva introvertita. Una città stato – l’Occidente – socialmente riconducibile alla Metropolis di Fritz Lang, con un vertice divino e intoccabile di tecnocrati ed autocrati asetticamente distanti da ogni possibile stravolgimento negativo o cambiamento imprevisto, e la base, di sub proletari e colletti prestati al sistema dei servizi centralizzati, un brulicante alveare. Tutto supponeva e pretendeva un eterno-presente seraficamente proiettato nel futuro, replicante i suoi indiscutibili presupposti politico/culturali, economici ed identitari:
● Il Liberismo Feticista: il “Nasci, Consuma, Crepa” stabilitosi nel giro di boa sociale tra il 1973 e il 1979, con la fondamentale giuntura di cambiamento politica ed antropologica tra la presidenza Carter e quella Reagan e l’emersione (negli U.S.A. e in U.K.) di una volontà liberista estrema, come risposta fisiologica a cinquant’anni di marxismo e socialismo e la sua istituzione a livello di “bisogno” dell’individuo di consumo monetario e benessere di classe.
● La logica dei due Blocchi Eterni: un Mondo geopoliticamente e culturalmente suddiviso in due soli blocchi vicendevolmente poggiati e sotto, nel loro mezzo, variazioni ideologiche dell’uno e dell’altro, strutturate in nazioni vassallo, fluidamente ora moderate, ora non allineate ed ora in aperta collusione con l’uno o l’altro blocco.
● La logica esistenzialista del “Tutto è vano”: la deriva ideologica social-marxista e il suo paradossale saldarsi in una pervertita binaria alleanza con la marea liberista hanno abraso ogni afflato spirituale dell’occidente. Il depotenziamento ideologico delle sinistre ha riorganizzato la prospettiva esistenziale dell’europeo medio in una vita mortificata e mercificante, dove non vi è una vera e propria vita nel mentre si è in terra e dove non vi è alcun “Dopo” al termine della vita mortale.
Quindi il vivere è divenuto una esponenziale esperienza di accumulazione, dissipazione e vanità, un esistere mercantile, da cui ci si salva solo col feticistico e classista possesso delle merci. Il tutto sintetizzabile con l’uso di quella cinica espressione ironica quale “Morte e Tasse sono le due uniche certezze in questo mondo, ma le tasse fanno più male".
La Realtà del XXI secolo ha ricordato al globo intero che il Cambiamento e le Mutazioni sono parti integranti di una realtà e che la sclerotizzazione delle nazioni, delle culture, delle alleanze, dei conflitti, dei mercati, dei blocchi, delle prospettive strategiche sono foriere di disastri e dolore, esattamente come accade nella vita psichica individuale in cui la asfittica zona di comfort individuale genera e nutre nevrosi, psicosi, schizofrenia.
L'impatto dell'11 settembre 2001 sulla Psiche Collettiva è stato profondo, gli eventi di quel giorno hanno provocato una diffusa sensazione di shock, trauma e paura, e hanno avuto un impatto significativo sul modo in cui pensiamo a noi stessi, al nostro posto nel mondo e alla nostra sicurezza.
Se di Psiche Collettiva stiamo parlando, questa deve essere considerata come una unica, immensa, monade che ha subìto ed elaborato l’11 settembre esattamente come la psiche umana subirebbe un trauma individuale.
Gli individui hanno ciascuno una diversa vulnerabilità alla condizione di stress, questo in relazione al maggiore o minore coinvolgimento personale nell’esperienza traumatica o quanto l’esperienza traumatica incida sul loro senso di sicurezza, possesso di beni fondamentali e in quelle attività che l’individuo percepisce come minimamente basilari il suo vivere. È accertato in diversi studi che anche una esposizione mediatica a fatti che coinvolgono eventi di portata globale con uno sfondo drammatico e mortifero, possa generare condizioni di PTSD (Disturbo Post Traumatico da Stress).
Secondo il National Institute of Mental Health (NIMH) statunitense, le caratteristiche più evidenti e pericolose del PTSD, per il singolo e per la collettività, sono le seguenti:
● rivivere ripetutamente, l’esperienza traumatizzante sotto forma di flashback, ricordi, incubi o in occasione di anniversari e commemorazioni;
● sperimentare un senso di diminuita sicurezza e di aumentata esposizione o a quegli specifici fattori che hanno determinato l’evento o ad altri collaterali;
● manifestare difficoltà al controllo delle emozioni negative, irritabilità, rabbia improvvisa, confusione emotiva, depressione, ansia, insonnia;
● agire pensieri e scelte - sia razionali che non razionali - ad evitare qualunque circostanza che costringa a ricordare l’evento traumatico o a circostanze in cui questo possa essere sperimentato;
● vivere un persistente senso di colpa, per essere sopravvissuti o non aver potuto salvare altri individui o non aver prevenuto/presagito le circostanze proprie dell’evento traumatico.
Come per i traumi individuali, le reazioni ai PTSD variano da una comunità all’altra in base alla capacità di riprendersi da condizioni avverse e alle risorse protettive (per esempio, l’accesso alle attività di doposcuola o alle organizzazioni religiose, la disponibilità e la continuità del supporto sociale). Le ricerche suggeriscono che il supporto sociale dopo un PTE (Post Traumatic Event) diminuisce la probabilità di sviluppare il PTSD.
I sintomi di un trauma a livello comunitario possono essere classificati come segue:
● Fisici: spazi pubblici deteriorati/non salutari e l’indisponibilità di prodotti sani.
● Sociali e culturali: relazioni/reti sociali danneggiate, elevazione di norme sociali distruttive, un basso senso di efficacia politica e sociale collettiva e un diffuso senso di paura e vergogna.
● Economici ed educativi: povertà intergenerazionale, disoccupazione a lungo termine, delocalizzazione di imprese/lavori, limitate opportunità di impiego e disinvestimento generale della comunità.
Molti sintomi del trauma collettivo possono diventare essi stessi traumatici, rendendo meno netta la distinzione tra condizioni di base e sintomi, suggerendo un ciclo sfortunato di PTE. Ad esempio, la criminalità, le difficoltà economiche e lavorative e la diminuzione dell’efficacia collettiva (definita come la disponibilità degli individui a noi più vicini a intervenire per il bene comune) sono profondamente interconnesse. Le ricerche indicano che i luoghi con livelli di criminalità più elevati hanno meno probabilità di avere aziende di successo nelle vicinanze e sono meno attraenti per le aziende che cercano una nuova sede. Una minore efficacia collettiva è stata anche collegata a un aumento dei tassi di criminalità nei quartieri.
L’efficacia collettiva può servire come forma di controllo sociale informale del comportamento all’interno di un quartiere, riducendo così la criminalità e i comportamenti antisociali. Inoltre, la ricerca dimostra che le aree con un maggior numero di imprese locali hanno economie locali più forti e che le piccole imprese aumentano l’efficacia collettiva nelle loro comunità.
Questa rete di relazioni suggerisce, in ultima analisi, che l’assenza di posti di lavoro e di piccole imprese di proprietà locale sono fattori di debolezza dell’economia locale, di disoccupazione diffusa e di frattura dell’efficacia collettiva, tutti fattori che contribuiscono al trauma della comunità.
« Per costruire la resilienza collettiva, le comunità devono ridurre il rischio e le disuguaglianze nelle risorse, coinvolgere la popolazione locale nella mitigazione, creare collegamenti organizzativi, incrementare e proteggere i supporti sociali e pianificare la possibilità di non avere un piano, il che richiede flessibilità, capacità decisionale e fonti di informazione fidate. » (Norris, F. H., Stevens, S. P., Pfefferbaum, B., Wyche, K. F. e Pfefferbaum, R. L.)
12 agosto 2024