Dualistiche narrazioni

Come possiamo dialogare e confrontarci in scambi di opinioni costruttivi che alimentino riflessioni e pensieri arricchenti? Come elaborare le informazioni che riceviamo senza cadere in una netta divisione dei fatti narrati. Guelfi o ghibellini, bianco o nero, femmina o maschio, pandoro o panettone, destra o sinistra. La scrittura e l’esposizione degli eventi ormai impongono come consuetudine di schierarsi e scegliere una parte dalla quale stare, inoltre risulta sconveniente cambiare idea in quanto si rischia di essere considerati poco credibili. Ma è davvero così svantaggioso restare in osservazione e scegliere di cogliere le sfumature, farsi accarezzare dalle correnti che ci attraversano?

 

Da sempre i fatti storici vengono narrati al grande pubblico e nelle scuole come se proseguissero in linea retta, un fatto ne determina un altro il quale si è affermato grazie al superamento o allo scontro con l’evento risultante perdente. Una nuova civiltà prende apparentemente il posto di quella precedente, ereditandone le caratteristiche più virtuose ma non così vincenti da potersi definire meritevole di mantenere una posizione primaria e capace di affrontare le avversità che potrebbero scalfirla. Due eserciti sul fronte, l’uno contro l’altro, “da che parte stai?” È la domanda fulcro alla quale è difficile sfuggire ed è complesso evitare di prendere una posizione. Il nostro DNA, il nostro inconscio ce lo suggeriscono anche se non vorremmo. Il dualismo risiede in noi più di quanto si pensi, ma se il modo in cui lo sosteniamo fosse un’interpretazione errata nella lettura dei fatti? E se cadessimo inconsapevoli nella semplificazione e nella strumentalizzazione di aspetti in realtà molto più profondi? 

 

Vorrei supportare l’idea del corso della storia rappresentato da una spirale e non da una linea retta; all’interno di essa i vortici degli eventi si susseguono senza autoescludersi, contaminandosi e annullandosi a vicenda solo quando la spira che corrisponde all’evento ha fatto il suo corso. Attraverso questa lettura dei fatti risulta possibile farsi travolgere attivamente e si ha l’opportunità di considerare i cambiamenti e le azioni in tutta la loro interezza, osservandoli con le lenti giuste.

 

E se il susseguirsi di civiltà, guerre, rivoluzioni civili, industriali ed economiche non fosse solamente un mero elenco riduttivo di fatti ma contenesse una vera e propria evoluzione spirituale dell’umanità su questa terra? E se le narrazioni ufficiali contribuissero ad appiattire questi cambiamenti, a semplificarli, per trascinare le coscienze verso uno schieramento riduttivo e materialistico? Secondo alcune teorie, la storia e il susseguirsi delle epoche si stanno dipanando in una spirale logaritmica e l’umanità starebbe per dirigersi verso un periodo di pace plurimillenario, un periodo che durerà diecimila anni nel quale l’umanità toccherà vette di evoluzione spirituale senza precedenti. 

 

« … La civiltà moderna, allora, terminerà tragicamente o nella distruzione mondiale a causa di una guerra, o per la degradazione totale del genere umano. Tuttavia, contemporaneamente, un nuovo orientamento per la civiltà sorgerà tra coloro che avevano individualmente ri-orientato il proprio modo di vivere in funzione delle leggi della natura e dell’ordine dell’universo. Grazie alla loro conoscenza e ai loro sforzi, inizierà la costruzione di un nuovo mondo, sano e pacifico, attraverso l’unificazione di tutte le tendenze antagonistiche presenti nelle questioni umane. Potremo definire ciò come la formazione di un governo spirituale mondiale, o la nascita di una civiltà spirituale. In questa nuova civiltà spirituale, la salute biologica, psicologica e spirituale di ogni individuo rivestiranno un’importanza fondamentale, e tutti i sistemi politici, ideologici e culturali, verranno edificati naturalmente su queste basi. Dopo l’inizio di questo nuovo corso della civiltà l’umanità potrà godere di un mondo unito nella pace e nella prosperità in forma definitiva circa dopo duemila anni. Questa civiltà spirituale si conserverà per oltre diecimila anni. » (Michio Kushi, Il libro della macrobiotica)

 

Nel nostro presente stiamo assistendo ai colpi di coda di un’economia dei potenti che uccide e parallelamente a una straordinaria contaminazione di culture, nonché alla condensazione di tutti gli aspetti delle questioni umane, tra cui soprattutto quelli ideologici, politici, sociali, materiali e spirituali e in molte società iniziamo ad assistere al crollo dei sistemi più convenzionali. Nell’ipotesi che questa teoria possa avere riscontro, attualmente ci troviamo nella fase precedente alla distruzione, alla quale non si attribuisce necessariamente una connotazione tragica, potrebbe infatti trattarsi della distruzione di un sistema di civiltà giunto al limite della sua tollerabilità, ormai tossico e dannoso per l’essere umano. Stando a questa chiave di lettura vi è quindi molto di più di una semplice narrazione dualistica all’interno delle vicende della storia. Questa che propongo è una possibile chiave di lettura e non intendo legittimare nessun evento belligerante che possa essere giustificato per il bene supremo dell’umanità e la sua evoluzione, ma secondo questo approccio spirituale tutti gli esseri viventi sono su questa terra per sperimentare ed evolvere e occorre indubbiamente tenere conto degli errori commessi per migliorare, per non perpetrare azioni dannose. Il detto comune “sbagliando s’impara” ha radici profonde.

 

 

La natura con tutti i suoi esseri viventi ha già predisposto dei dualismi perfetti che regolano l’armonia che vive in essa, come maschio e femmina ai fini della procreazione, ovipari e mammiferi, carnivori ed erbivori; scendendo ai livelli atomici troviamo il dualismo fra i protoni di carica positiva e i neutroni di carica negativa. Tuttavia questi opposti non necessitano di essere enfatizzati, vivono in modo naturale nel loro dualismo perché intrinseco alla loro natura, arricchiti da una naturale modalità paradossalmente paritaria di mettere in luce le rispettive caratteristiche opposte e di creare meravigliose eccezioni, sfumature e aspetti che nel fluire fra opposti si armonizzano.

 

L’universo non può essere spiegato unicamente alla luce di tali dicotomie, così facendo infatti si promuoverebbe una riduzione semplicistica della complessità esistente.

 

Vi è un’altra spirale che contrasta un approccio dualistico riduttivo, ed è la spirale della sezione aurea introdotta dal matematico Leonardo Pisano detto il Fibonacci. La sua meravigliosa teoria ci parla della perfezione delle proporzioni di tutto ciò che esiste, dalle fattezze degli esseri umani, ai vegetali, i minerali e i fenomeni presenti in natura, sino ad arrivare alle creazioni architettoniche. Secondo Fibonacci tutto ciò che esiste contiene nelle sue proporzioni una sezione aurea, invisibile a occhio nudo, che se posta in evidenza ci spiega perché restiamo catturati e affascinati da alcuni fenomeni, ovvero grazie alla perfezione armonica dell’Universo che conferisce a ciò che osserviamo bellezza e compiutezza. La sezione aurea prende le forme di una spirale che a sua volta si determina tramite la composizione di rettangoli generati da una sequenza di numeri, la sequenza di Fibonacci appunto; ogni numero della sequenza è la somma dei due numeri precedenti ed essa può andare avanti all’infinito. Tali numeri vanno a formare le proporzioni perfette della sezione aurea, contenuta all’interno di tutto ciò che esiste. Per esemplificare la dimostrazione delle somme che determinano i numeri di Fibonacci, illustro di seguito l’inizio della sequenza: 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34…e così sino all’infinito; la sequenza parte dal numero 1, il secondo numero 1 va a riconfermarsi in quanto il primo numero 1 non ha numeri al quale sommarsi, mentre il numero 2 è la somma di 1+1, il numero 3 la somma di 1+2, il numero 5 la somma di 2+3 e così via infinitamente. Riporto alcuni meravigliosi esempi in natura che contengono la sezione aurea determinata dalla sequenza: la spirale della conchiglia del Nautilus, del guscio della chiocciola, la spirale delle galassie, la spirale nella cresta delle onde del mare, le falangi delle dita umane hanno nelle loro proporzioni i numeri della sequenza e se stringiamo le dita a pugno e osserviamo la mano di profilo, troviamo la spirale della sezione aurea; poi la spirale delle squame della pigna e dell’ananas, il numero dei petali dei fiori corrisponde ai numeri della sequenza, così come la distribuzione delle parti del suo centro. Se nel gioco del “m’ama, non m’ama”, nella conta dei petali della margherita, iniziamo con amarla, lei ci amerà sempre! I suoi petali infatti sono dispari e sono alcuni dei numeri dispari della sequenza numerica.

 

La stessa geometria sacra ha in sé le proporzioni della sezione aurea e la sequenza numerica, perché creata da esseri umani che seguivano l’ordine dell’Universo per edificare strutture o disegnare decori che portassero l’infinito nel finito. I mandala tibetani, i rosoni delle chiese, le proporzioni stesse degli edifici religiosi o urbani contengono i numeri della sequenza di Fibonacci (la Basilica di San Marco, la Cattedrale di Notre Dame, il Partenone per citare alcuni esempi) e tutto ciò che ci porta bellezza e stupore contiene in sé l’infinito e il divino delle proporzioni della sezione aurea; per questo stiamo bene in mezzo a una particolare piazza oppure davanti a un quadro, perché contengono proporzioni universali. La sezione aurea è contenuta nella sagoma di un gatto seduto, nella forma dell’uovo, nei venti del tornado. Proveniamo tutti dall’infinito come possiamo ridurci a sterili dualismi?

 

« Ti saluto da cieli infuocati,

su rotte galattiche ancora da tracciare.

Io, fra le mie faccende terrene,

tu, nell’aureo delle tue fattezze divine.

E invece no.

Non siamo uomini, non siamo dei.

Siamo scintille di energia,

flussi celestiali in movimento.

Siamo il sole che scalda in inverno,

siamo la luna a picco sul mare.

Siamo geometrie sacre

e connessioni spirituali senza tempo.

Siamo custodi di tesori,

l’albero che offre ossigeno.

Siamo il vento che scorre nelle valli,

siamo un ruscello perpetuo e mai lo stesso.

Sorvoliamo le scie di acciaio e carbonio

e accendiamo la nostra luce.

Navighiamo su nuvole lontane

e lasciamo che piova. »

(Chiarle Valentina in Poesie di strada)

 

Le città che abitiamo nella loro composizione e architettura originarie sono state pensate e costruite secondo geometrie sacre e prospettive che abbracciano l’essere umano e corrispondono alle proporzioni che ci suggerisce Fibonacci. Quelle che ancora conservano intatti i loro centri storici originali presentano una vastità di simboli che contribuiscono a contrastare il dualismo superficiale di centro e periferia; le fontane, i bassorilievi sui portoni, i piloni, i monumenti, le statue, le nicchie, i mosaici sui pavimenti delle piazze, i porticati. Tutto ciò concorre a possibilità pluralistiche e allontana la narrazione dualistica che molti nuovi agglomerati propongono ai propri abitanti. Tutte le più belle città della storia hanno nella loro struttura architettonica le proporzioni sacre perché gli esseri umani che le abitavano erano più vicini al cielo di quanto lo siamo noi in questa nostra epoca.

 

 

Riporto di seguito un passo di Tiziano Terzani che nel suo meraviglioso saggio La porta proibita ci racconta com’era Pechino prima della modernizzazione enfatizzando tutto il divino che la caratterizzava.

 

« C’era una volta, in un paese lontano, una bellissima città. Aveva ricchi palazzi, splendidi templi, coloratissimi archi di trionfo, magnifici giardini e migliaia di armoniose case grigie, ognuna costruita attorno a un tranquillo cortile, tutte allineate lungo lo schema regolare di strade e vicoli come su una scacchiera. Tutto attorno, per ventisei chilometri, aveva alte mura, imponenti. Le mura avevano magnifiche porte, a guardia delle quali stavano dei leoni di pietra. Era una città sacra, costruita sul bordo di un deserto, secondo un progetto che era venuto direttamente dal cielo. La città aveva un magico incantesimo. Possedeva un fascino cui era impossibile sfuggire. Con le sue mura circondate da mura e i suoi canali circondati da altri canali, Pechino fu la realizzazione in pietra di quello che era l’ordine cosmico del tempo. Ogni edificio era in una studiata posizione: l’Altare del Sole nella parte orientale della città, quello della Luna nella parte occidentale, il Tempio del cielo a sud, bilanciato da quello della Terra a nord. » (Tiziano Terzani, La porta proibita)

 

Stando a questa magnifica descrizione, gli scambi e le relazioni che si generavano fra gli abitanti avevano una valenza comunicativa e narrativa senza eguali. L’accensione dell’incenso al tempio, la passeggiata nei giardini e nei cortili, ammirare le bellezze architettoniche e percorrere strade e vicoli dai profumi autentici. Tutto contrastava il dualismo semplicistico in quanto tutto generava armonia. A differenza di quanto oggi viene proposto nelle grandi metropoli dove insegne e schermi luminosi stordiscono sguardi e menti e dove vengono meno i luoghi di ritrovo e di aggregazione; essi sono ancora veri e propri contesti di formazione anche in età adulta, contrastano le narrazioni dualistiche proposte dai racconti dei media e stimolano il confronto su più fronti, allargando in qualche modo le vedute. I dibattiti nei luoghi di ritrovo dei piccoli borghi hanno mantenuto per anni un ruolo di importante rilevanza, specie per le nuove generazioni che vi assistevano in maniera attiva passando molto meno tempo davanti alle tv o agli schermi luminosi. Mentre gli adulti si confrontavano, bambini e adolescenti scambiavano momenti di pari importanza a livello relazionale e comunicativo con gli altri coetanei presenti. Questa attitudine vede comunque una nuova ripartenza, grazie a iniziative dedicate alla lettura e al confronto; anche nelle grandi metropoli, infatti, si stanno attivando proposte che radunano decine e decine di partecipanti in attività che rispettano piccole regole volte a scoraggiare l’utilizzo compulsivo della tecnologia fine a se stessa. In questi ritrovi il protagonista è il libro, si legge ad alta voce qualche estratto, si legge per conto proprio in silenzio, si scambiano opinioni sulle letture a voce bassa mantenendo gli smartphone spenti o silenziati. Il dibattito che si accende in questi momenti di condivisione ha un ruolo sostanziale nella narrazione dei fatti, in quanto gli scambi sono complementari. 

 

Ricordo con affetto il consiglio della mia insegnante di italiano delle scuole superiori che, nel salutarmi a percorso di studi concluso, mi suggerì di restare critica di fronte al propinarsi di informazioni e narrazioni strumentalizzate e poco cristalline. Ciò non significa alimentare il dubbio, la polemica o la sfiducia, ma ascoltare le proprie sensazioni e coltivare le proprie idee in maniera costruttiva e rispettosa dei fatti per non essere per forza costretti a scegliere da che parte stare senza aver approfondito le argomentazioni. A volte i fatti non necessitano inevitabilmente di approcci dualistici, vanno semplicemente accolti in tutte le loro sfumature e possibilità di esistere.

 

 

xx ottobre 2024

 








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