London Calling: l'album che dà da pensare

 

Corre l’anno 1979, un anno pregno di eventi storici: Margaret Thatcher diventa Primo Ministro, scoppia la Guerra tra URSS e Afghanistan, insorge il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale in Nicaragua e il mondo musicale vede nascere il disco che ha riscritto le sorti della musica punk, che è ormai da una manciata di anni sotto attacco dal suo amico/nemico cronologicamente successivo, il Post-Punk. Stiamo parlando del terzo album dei The Clash, London Calling, un doppio album da 19 brani per una durata di ascolto complessiva di un'ora e cinque minuti.

 

di Marco Fradegrada

 

 

Può un album musicale, ma più in generale, la musica essere un canale per il pensiero? Sì, il pensiero può realizzarsi nella e per mezzo della musica, senza ombra di dubbio. Straordinaria, infatti, è la duttilità della riflessione, dal momento che essa non necessita, per forza di cose, della forma accademica dei trattati, o ancora, di quella impersonale di un certo tipo di saggistica. Il pensiero si realizza nella poesia, nella prosa del romanzo, ma anche nella musica. A tal proposito, mi pare opportuno interpellare uno degli album più celebri dei The Clash: London Calling

 

London Calling è un album, senza dubbi, immortale, inesauribile e che mostra al mondo la maturità artistica del quartetto britannico, regalando pezzi che hanno riscritto l’immaginario musicale mondiale. Il suo genere è catalogabile nel punk, è vero, ma esso pare aver lasciato da parte la versione più caricaturale del genere, che aveva dominato il loro primo LP, l’omonimo The Clash, e che per la sua breve vita aveva contraddistinto questo strano virus impossessatosi della musica rock, il quale fin dall’uscita di Never mind the Bollocks dei Sex Pistols aveva gettato i connotati stilistici del genere. Le sfumature musicali presenti nei 19 pezzi sono variegate e coinvolgenti.

 

Si passa da ballate up-beat come Spanish Bombs o Lost in the supermarket a inni taglienti e aggressivi come la title track London Calling o la cupa Guns of Brixton. Il materiale musicale colorito delle influenze dub e reggae che contraddistinguono il sound del gruppo di Londra, va poi a braccetto con il nutrito spessore lirico e battagliero dei testi di Strummer, Jones e Simonon. I riferimenti storici e quelli dello scenario politico dell’epoca sono numerosi e trattati sempre da un punto di vista critico e di disvelamento della dinamiche socio-psicologiche che intercorrono tra individui e autorità. Quest'album trasmette un importante messaggio, ovvero quello di non aderire ad un pensiero unico, di non adoperare un modo di pensare e di agire ''massificato'' perchè, se così fosse, l'essere umano perderebbe di vista il suo compito più proprio: il raziocinio. Il titolo dell’album “London Calling” rimanda alla formula di apertura delle trasmissioni radiofoniche della BBC dalla Londra attaccata della Seconda Guerra Mondiale. I violenti e frenetici accordi iniziali assorbiti poi dalla gigantesca linea di basso di Paul Simonon sono ormai un pezzo di musica che chiunque ha sentito almeno una volta. Il titolo in ogni caso dipinge uno scenario di guerra, un grido di aiuto alle città circostanti, uno strenuo tentativo di risveglio delle coscienze di fronte all’apocalittico scenario mondiale:

 

 « The ice age is coming, the sun zooming in / Meltdown expected, the wheat is growing thin / Engines stop running, but I have no fear / ‘cause London is drowning and I, I live by the river. [L'era glaciale sta arrivando, il sole sta arrivando / Si prevede uno scioglimento, il grano sta diventando sottile / I motori smettono di funzionare, ma non ho paura / perché Londra sta annegando e io, io vivo vicino al fiume] »  

 

È tempo allora di resistere, di prendere a modello i combattenti del passato, per esempio i partigiani della Guerra Civile spagnola a cui sono particolarmente attaccati Jones e Strummer che, hanno fatto di Omaggio a Catalogna di Orwell un punto fisso per lo sviluppo delle loro idee. Senza dimenticare che Spanish Bombs è un omaggio a quei “Freedom fighters” composti da soldati, ma anche di pensatori, scrittori del dissenso: «With tranches full of poets/ The ragged army, fixin’ bayonets to fight the other line [Con tranche piene di poeti/ L'esercito cencioso, che inchioda le baionette per combattere l'altra linea]»  

 

 

Qui troviamo tutta l’esternazione dell’impegno che la musica deve avere nei confronti della realtà nella concezione di Strummer. Ma i poteri forti agiscono per vie secondarie, nascoste all’occhio nudo. Si tratta di un rapporto che consuma l’individuo allo stesso modo in cui lui stesso consuma gli oggetti della sua quotidianità. Hateful e Lost in the supermarket sono, infatti, un tentativo di indagine di queste dinamiche. Quell’uomo misterioso che l’Io narrante ricerca incessantemente, una metafora della società dei consumi, delle vite patinate di lussi sfrenati e investiti di valori assoluti, è un uomo subdolo, scaltro che intrappola la coscienza martellandola di nuovi input:  «Always I want/ He gives it to me/ Anything I want/ He gives it but not for free/ It’s hateful/ And it’s painful/ And I’m so greatful/ To be nowhere. [Voglio sempre/ Lui me lo dà/ Tutto ciò che voglio/ Lui me lo dà ma non gratis/ È odioso/ Ed è doloroso/ E sono così grato/ Di non essere da nessuna parte]. »  Si instaura un rapporto di dipendenza perversa che aliena completamente il singolo dalla percezione del mondo circostante:  «This year I’ve lost some friends/ What friends? I don’t know, I ain’t even noticed. [Quest'anno ho perso degli amici/Quali amici? Non lo so, non me ne sono nemmeno accorto.] » .

 

Ma questo velo illusorio ogni tanto ha qualche buco che fa intravedere la realtà, come emerge dal secondo dei pezzi appena citati. La delusione per le promesse mancate dall’ideale consumistico vengono rinchiuse nel semplice ma accattivante ritornello della canzone che ancora una volta porta con sé un Paul Simonon straordinario al basso e una chitarra dal suono fisico che sembra possibile toccare con mano, mentre Headon alla batteria asseconda meravigliosamente la narrazione del pezzo: «I’m all lost in the supermarket/ I can no longer shop happily/ I came in here for the special offer/ A guaranteed personality.  [Sono tutto perso nel supermercato/ Non posso più fare acquisti felicemente/ Sono venuto qui per l'offerta speciale/ Una personalità garantita]» . La promessa di un'identità da costruire a suon di coupon raccolti nelle bustine del thè, programmi televisivi, collezioni dettagliate, e soprattutto evitando chirurgicamente il silenzio. È il grande tema post-moderno dell’incessante flusso di stimoli che inondano le nostre giornate e che uno scrittore come DeLillo descrive nel suo romanzo Rumore Bianco. La pubblicità e l’assillante mare di modelli umani da seguire e vestirsi addosso che creano le linee guida per l’uomo perfetto sono un costante oggetto di critica in tutto il disco, in Rudie can’t fail ma anche nella tragicomica trasposizione dell’indole pubblicitaria che compone Koka Kola.

 

La società che descrive il gruppo di Londra è una società demolita, fatta di radicali divisioni socio-economiche, di ingiustizie legate al ceto dei cittadini. I’m not down è un urlo liberatorio di ribalta contro le umiliazioni e le pressioni subite per mano dei pezzi grossi della società. Prima o poi la bolla però scoppia e Paul Simonon nella sua traccia Guns of Brixton descrive questo stesso scenario con una lungimiranza spaventosa dato che due anni dopo nel 1981 proprio a Brixton avrà luogo lo scontro tra manifestanti e forze di polizia che la storia ricorda con il nome di “sabato nero”. London Calling, in conclusione, si mostra come un grande affresco, un resoconto battagliero del mondo contemporaneo, ma anche una riflessione indiretta sul mezzo musicale come strumento di educazione, come possibilità di rinnovamento del linguaggio politico, sociale, filosofico, come ultimo baluardo in difesa dell’umano. 

 

 

15 luglio 2025

 




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