Exercices négatifs: anatomia di una decomposizione

 

Adelphi pubblica in italiano gli Esercizi negativi di Emil Cioran. Un testo dove non c’è filosofia, ma un incendio che riduce in cenere ogni certezza. Il pensatore romeno appare come un chirurgo dell’anima che incide senza anestesia, il cui bisturi non risparmia nessun dio, nessun idolo, nessuna illusione. 

 

 

A fine ottobre, con gli Exercices négatifs, Adelphi non pubblica un libro: pubblica un sintomo, una necrosi, la cronaca di una decomposizione. È il diario di un uomo che ha fatto del dubbio l’unica fede e della malinconia una professione, come un morbo che si inocula nelle vene della nostra lingua e che brucia invece di consolare.

 

L’edizione francese del 2005, ora resa accessibile in italiano, è stata curata e annotata da Ingrid Astier, che ha ricostruito l’“atelier” di fabbricazione del Précis de décomposition. Si tratta infatti di un’opera-archivio: 447 fogli conservati alla Bibliothèque littéraire Jacques Doucet, tra titoli provvisori, cancellature, varianti e riscritture, che testimoniano la nascita del primo libro scritto in francese da Cioran. Non un semplice “testo ritrovato”, ma un cantiere vivo, dove il lirismo ancora febbrile del giovane autore si affila progressivamente fino a diventare frammento, fino a conquistare quella concisione che sarà la sua cifra. Qui vediamo il Cioran al lavoro: barocco e incendiario in prima stesura, sempre più spietato e chirurgico man mano che lima, taglia, riduce. È il passaggio dal delirio al silenzio affilato, dalla febbre alla cicatrice, dalla lingua romena alla lingua che lo consacrerà come un mostro sacro – seppur sconsacrato – della letteratura mondiale. 

 

In questo laboratorio il pensiero non costruisce sistemi, li sbriciola. Ogni pagina è un rito di demolizione, un esercizio di corrosione: filosofia ridotta a liturgia del disgusto. Non c’è consolazione, ma una pratica spirituale al negativo: smontare le illusioni, denudare gli idoli, ridurre in macerie le credenze più intime:

 

« E se un dio mi ponesse di fronte agli enigmi della Verità, i miei dubbi ne uscirebbero rafforzati – e questo stesso dio, svilito e penoso. Ho elevato l’incertezza al rango del peccato e la tristezza alla dignità del vizio. Di tutti gli esemplari umani, non ne conosco uno più odioso e più ripugnante di colui che ha scoperto la “verità” e vi si è installato. Tutti i “possessori” – anche sul piano dello spirito – sono la prova della miseria di ogni proprietà. Amo solo il vagabondo che nulla cerca, nemmeno la verità, soprattutto la verità… amo solo il viandante del Vago – colui che, nel suo errare, meditando su tutti i miti e tutti i templi da poter oltraggiare o depredare, si comporta come un vandalo addomesticato dalla malinconia. »

 

 

Molti frammenti, resi ora leggibili nella loro genesi, non possono non essere commentati. In Le cas Sartre l’intellettuale francese appare come un impresario di concetti, infinitamente vuoto e meravigliosamente ampio. Il suo lessico è, per Cioran, una caricatura del pensiero. Egli incarna l’intellettuale da cui tenersi alla larga o, meglio, almeno a due tre tavoli di distanza al Café de Flore, dove scrupolosamente andava a sedersi il pensatore romeno.

 

Cioran non risparmia, come in ogni suo scritto, gli strascichi della metafisica che resiste, consapevole che la lucidità è una condanna: vedere troppo chiaro non è salvezza, è la vera malattia. La vita si rivela sostenuta soltanto dalla sua indimostrabilità: se esistesse un argomento valido per vivere, la vita stessa cesserebbe all’istante. È l’imprecisione a tenerci in piedi, la mancanza di fondamento che ci permette di respirare. Non siamo colpevoli per Adamo, ma per il semplice fatto di essere nati. In De l’absolu et ses caricatures il bersaglio è il fanatismo: ogni fede è un surrogato ontologico, ogni certezza un assoluto grottesco. Il dubbio diventa igiene dell’anima, distanza che ci salva dal contagio dell’idolatria. 

 

L’insieme rivela un autore che si dibatte tra la febbre barbara e la precisione ascetica, tra il lirismo e il frammento. È questo attrito, registrato pagina per pagina, che fa degli Exercices négatifs un libro non soltanto da leggere, ma da subire: un’esperienza più che un testo. L’uscita italiana non aggiunge un volume agli scaffali, ma una ferita alla nostra lingua. È un libro che non consola né spiega, ma taglia, scarnifica, smonta. Non si tratta di un evento editoriale, ma di un’entrata in scena del Nulla: un Nulla che ride, che si scompone e ci accompagna come un amico di baldoria che disprezza il caos. 

 

 

15 ottobre 2025

 








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