Di chi sono le responsabilità delle guerre?

 

Tutti questi uomini sapevano con terrore ciò che gli attendeva, ma vi andavano incontro lo stesso, senza protesta, cercando di persuadersi che non avrebbe potuto essere diverso.

Perché tutto questo? Perché andavano fin laggiù?

 

di Lev Tolstoj

 

Lo scrittore in un ritratto di Il'ja Efimovič Repin (1887)
Lo scrittore in un ritratto di Il'ja Efimovič Repin (1887)

 

Per poco meno di due anni la guerra ha insanguinato l'Estremo Oriente. Parecchie centinaia di migliaia di vita umane sono state sacrificate. In Russia, altrettante migliaia di riservisti sono stati strappati alle loro famiglie e mandati sui campi di battaglia. Questi, con il dispiacere e la paura nel cuore, con un coraggio da parata suscitato dalla vodka, salivano con rassegnazione sui vagoni, trasportati alla massima velocità verso altri uomini, mandati là per lo stesso motivo, a morire – essi lo sapevano – nel mezzo di atroci sofferenze. D'altro canto, a ogni tappa, incontravano migliaia di esseri mutilati che ritornavano dal fronte, partiti un tempo giovani e robusti.

 

Tutti questi uomini sapevano con terrore ciò che li attendeva, ma vi andavano incontro lo stesso, senza protesta, cercando di persuadersi che non avrebbe potuto essere diverso.

Perché tutto questo? Perché andavano fin laggiù?

 

Senza alcun dubbio, nessuno di loro teneva a commettere quanto sarebbe accaduto. Non solo non avevano alcun motivo e non volevano partecipare a questa lotta, ma non potevano neanche spiegarsi perché la guerra era stata intrapresa. D'altronde, né i milioni di uomini che partecipavano a quest'opera, né nessun'altra persona al mondo saprebbe questa ragione d'essere, perché non esiste e non potrebbe esservi alcuna spiegazione sensata.

 

La situazione di quelli che vi partecipavano e quella degli altri che assistevano al suo svolgersi ricordava da un lato, per i primi, i viaggiatori seduti in vagoni che viaggiano sul pendio di un ponte verso un precipizio, dall'altro, gli uomini che stanno come spettatori impotenti dinanzi all'imminente catastrofe.

Così milioni di uomini s'ammazzavano tra loro senza alcun motivo o desiderio, e tutti, per avendo coscienza della follia di questa lotta, non potevano arrestarsi.

 

Si è detto che una settimana non passava senza riportare dalla Manciuria centinaia di alienati; ma le migliaia di persone che partivano erano meno pazze di coloro che tornavano? Può un uomo sano di spirito, qualunque sia la pressione esercitata su di lui, andare ad ammazzare i suoi simili, compiere un'opera folle, pericolosa e ripugnante in tutto il suo essere?

 

January Suchodolski, "Passaggio di Napoleone sulla Beresina" (1866)
January Suchodolski, "Passaggio di Napoleone sulla Beresina" (1866)

 

Come comprendere tutto questo? Da dove viene tutto questo? Chi, o che cosa, ne è la causa?

Si vorrebbe pretendere che tale causa risieda negli stessi soldati, russi o giapponesi, che hanno fatto tutto il possibile per ammazzare e mutilare il maggior numero di uomini, e che tuttavia non avevano mai avuto ragione di provare rancore reciproco non essendosi mai incontrati. Di fatto, non solo essi non coltivavano alcun odio gli uni nei confronti degli altri, ma addirittura qualche mese addietro i russi non erano a conoscenza dell'esistenza dei giapponesi e viceversa. D'altro canto, quando essi s'incontravano negli intervalli dei combattimenti s'intrattenevano amichevolmente.

 

Si vorrebbe pretendere, d'altronde, che la colpa sia degli ufficiali, dei capi che conducono o comandano i soldati, o dei diversi funzionari o fornitori d'armi e munizioni, o degli ingegneri che costruiscono le fortezze. Ma le necessitò della loro esistenza, le loro debolezze e tutto il loro passato creano in loro una situazione del tutto simile a quella di un cavallo aggiogato che cammina a colpi di frusta, come quella di un cane affamato attirato nella sua tana alla vista di un pezzo di carne sotto il muso.

 

Tutti i generali funzionari, diplomatici, sono talmente ciechi dalla loro infanzia, che a loro è impossibile il non commettere la cattiva piccola azione dalla quale risulta l'immensa opera di morte che si perpetua oggi. È per questo che non si può imputare loro la colpa.

 

Ma dov'è la causa? Chi è il colpevole. Il Mikado? Lo zar? Inizialmente, sembrerebbe che siano loro i colpevoli giacché non potrebbero essere né forzati, né indotti da altri a compiere alcuna azione. Pare che sarebbe stato sufficiente a Nicola II di non ordinare gli atti commessi in Manciuria e in Corea e di accogliere le richieste del Giappone perché la guerra non scoppiasse. Tutto dipenderebbe da lui, sembrerebbe.

 

Non saprei pronunciarmi a proposito del Mikado, ma da quello che so dei capi di stato, mi sono convinto che si fosse trovato nelle stesse condizioni dei suoi simili. Tuttavia, so che Nicola II è un uomo molto ordinario, superstizioso e incolto; di conseguenza, indubbiamente, non può essere la causa degli avvenimenti che si sono verificati in Estremo Oriente.

 

Otto Dix, "Il trionfo della Morte" (particolare), 1934
Otto Dix, "Il trionfo della Morte" (particolare), 1934

 

Come sarebbe possibile, in effetti, che l'attività di milioni di uomini sia diretta verso un fine contrario alla loro volontà e al loro interesse dalla volontà di uno solo che, per certi aspetti, è al di sotto del livello morale e intellettuale di quelli che sono mandati al sacrificio?

 

Perché dalla parte dei sacrificati lo zar e il Mikado appaiono come la principale causa della guerra?

Perché si produce, in tal caso, un fenomeno simile a quello che permette di attribuire l'esplosione di una città minata alla persona che ha innescato l'esplosivo?

 

Non sono né lo zar né il Mikado la causa della guerra, è l'ordine delle cose che facilita loro le imprese nefaste e porta l'infelicità a milioni di uomini. Quindi il meccanismo sociale è il colpevole, e per conseguenza sono colpevoli coloro che l'hanno stabilito.

 

Qual è il meccanismo? E chi sono i suoi autori?

 

Lev Tolstoj, Guerra e rivoluzione

 






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