Un esempio dell'indifferenza postmoderna: il giornalismo

L’unica soluzione che il giornalismo può intraprendere è quella di cominciare a ripensare i valori che vengono ostentati dalla società postmoderna: solo così potrà eliminare le contraddizioni che lo circondano e diventare davvero ciò che deve e vuole essere.

 

di Giacomo Lovison

 

Il giornalismo crede di poter essere oggettivo solo perché elenca i fatti e descrive la realtà asetticamente; Ma siamo davvero sicuri che questo atteggiamento sbandierato dai più sia realmente possibile?

L’accezione che viene data al termine “oggettivo” è: assenza di giudizio. Meno si giudica una notizia più la si rende una notizia oggettiva: è questa la pretesa obiettività ostentata da qualsiasi giornale, che, come vedremo, è però contraddittoria.

 

La pretesa di poter descrivere la realtà senza frammischiare opinioni è essa stessa una presa di posizione, un’opinione; nel tentativo di elevarsi a verità, escludendo la possibilità di influenze soggettive, il giornalismo non fa altro che tentare di fondarsi sull’impossibile. Questo atteggiamento deriva dal pensiero postmoderno che sostiene l’impossibilità della verità.

 

Questo concetto è già stato affrontato e confutato dalla Gazzetta filosofica, pertanto non ripeto quello che è stato già detto; eppure anche in questo caso la concezione che cerca di venir imposta al giorno d’oggi è figlia della concezione postmoderna della realtà. Davanti a questo orizzonte il giornalismo pensa di elevare la sua non-opinione a opinione, credendo in questo modo di evitare il confronto e la ricerca di ciò che è vero.

« La paura della verità potrà pure nascondersi, a se stessa e agli altri, dietro la parvenza d’essere sempre più intelligente di qualsiasi pensiero, provenga poi questo da se stessa o da altri; potrà pure fingere che, nell’ardente zelo per la verità, l’unica verità che riesce a trovare sia la vanità della propria intelligenza. In realtà questa vanità intende vanificare ogni verità per ritornarsene poi entro se stessa, e l’intelletto di cui si pasce, dissolvendo costantemente ogni pensiero e ogni contenuto, trova alla fine solo l’Io nella sua aridità. » (G.W.F. Hegel, Fenomenologia dello Spirito)

 

Un esempio di questo atteggiamento, che si potrebbe definire ignavo, può essere riscontrato nella pretesa da parte dei professori di essere obiettivi; eppure, chiunque sia mai stato a scuola sa che questo è impossibile. Si è parziali sempre e comunque, poiché questa parzialità è data da quello che siamo. Come facciamo a non riconoscerci in chi ci assomiglia? Non possiamo, semplicemente per il fatto che per farlo, dovremmo rinnegare quello che facciamo, quello che crediamo sia giusto.

 

Lo stesso si può dire dei pregiudizi: veniamo allevati sentendoci invitare a non avere pregiudizi, eppure la volontà di non imporli evidenzia la necessità di esplicitare qualcosa che non dovrebbe essere necessario esplicitare. Da chi crediamo che provengano i pregiudizi, se non proprio da chi ci educa e ci intima a non averne?

La necessità di ribadire qualcosa che deve essere superato testimonia appunto il fatto che quella cosa sia ancora ritenuta valida e insuperata.

 

Questi, come lo è il giornalismo, sono solo esempi di come la società postmoderna, di fronte all’impossibilità di pervenire ad un’opinione vera non faccia altro che cercare un’opinione che non scontenti nessuno; ma come fa a non scontentare nessuno se non cerca e non trova niente?

 

« Quello che svilisce non è l’ineludibile condizione umana in cui tutti ci troviamo, bensì la sua accettazione rassegnata e concorde.

Quando il nostro atteggiamento e i nostri gesti ci permettono di scivolare con agio fra le cose, senza frizione e senza urti, abbiamo perso qualsiasi nobiltà. »

 

« La vita è carente di senso quando la accogliamo passivamente, nel suo puro sviluppo, e la accettiamo con la rassegnazione di coloro che rinunciano a coniarla in valori. » (N. Gómez. Dávila, Notas)

 

La società postmoderna deve tornare alla ricerca di ciò che è vero, rischiando inevitabilmente anche di sbagliare: solo così potremo migliorarci e dare valore a chi e a cosa realmente lo merita.

Finché diciamo che non bisogna avere pregiudizi ma al contempo non spieghiamo il valore che colui che ho di fronte a me testimonia, resteremo sempre fermi ai pregiudizi; quello che voglio dire è: fintanto che non si riaffermerà il valore della verità sarà inutile tentare di proteggersi con precetti o morali che vengono imposti senza motivo, poiché, appena si avrà la possibilità di evitarli, lo si farà.

L’unica soluzione che il giornalismo può intraprendere è quella di cominciare a ripensare i valori che vengono ostentati dalla società postmoderna, eliminando le contraddizioni che lo circondano e diventare davvero ciò che deve e vuole essere. Il giornalismo deve infatti far riflettere i cittadini, smascherando le contraddizioni presenti nella società: solo così può diventare un mezzo utile a chi lo legge. Dare le informazioni, con occhio critico, in modo da aiutare il cittadino ad affrontare i problemi della società che lo circonda.                                                                    

A chi interessa qualcosa che riporta notizie senza darne un giudizio?

 

Qualcosa acquista valore solo dal momento in cui viene analizzato, dal momento in cui si esplicita e si tenta di superare le contraddizioni insite in quel qualcosa.

Le notizie, se vengono date come se facessero parte di un elenco della spesa, non fanno altro che alimentare l’indifferenza che la società ha nei confronti di qualsiasi valore che gli vien messo davanti.

Quante più notizie non vengono sviscerate, ma anzi vengono fatte passare sottotraccia, come se fossero normali, tanto più sarà difficile per il popolo indignarsi e combattere contro le ingiustizie che subiscono.

 

 

 

 

 « E noi vediamo ogni giorno, per esperienza, in ogni specie di popolo, che quegli uomini che non studiano nulla se non i loro cibi e i loro agi sono contenti di credere qualsiasi assurdità piuttosto che turbarsi nell’esaminarla, tenendo la loro fede come se fosse, per retaggio, inalienabile. » (T. Hobbes, Leviatano)

 

22 gennaio 2018

 




  • Canale Telegram: t.me/gazzettafilosofica