I piacevoli occhiali della cecità

 

Troppe volte preferiamo volgere lo sguardo altrove di fronte alla sofferenza: cerchiamo di non farci toccare da ciò che ci rende tristi, abbandonandoci ai più disparati piaceri. Ma questo non migliora nulla: ignoriamo senza correggere, senza lottare, finendo così per approvare e legittimare.

 

di Tommaso Bertollo

 

Pablo Picasso, "Il pasto dell'uomo cieco" (1903)
Pablo Picasso, "Il pasto dell'uomo cieco" (1903)

 

L’entità della fatica e del coraggio richiesti per combattere le contraddizioni presenti nella nostra società e in noi stessi spinge molti, troppi, a voltare lo sguardo altrove e a concedersi al tabacco, alle droghe, a passatempo vari e a tutti quegli elementi della nostra routine quotidiana che risultano in realtà privi di alcun valore. Risulta pertanto da condannare o stigmatizzare qualsiasi azione volta ad ignorare delle verità, sia che tali azioni consistano nell’assumere sostanze psicoattive, sia che si tratti di azioni apparentemente innocue come abbandonarsi alla visione di una serie tv.

 

« Questa coscienza di una vita contraria all'interesse, alla ragione, ai voti di ciascuno di noi, diventa a un certo punto così atroce che i più generosi tra gli uomini, il cui numero si accresce sempre di più, non vedono altro mezzo che il suicidio.

Altri ancora soffrono ugualmente della contraddizione tra le loro aspirazioni morali e la realtà, cercando di scappare da questa condizioni con un suicidio parziale: l'abbrutimento con il tabacco, il vino, gli alcolici, le droghe. Altri ancora cercano di dimenticare – di cadere nell'oblio – aggiungendo ai narcotici piaceri eccitanti o sbalorditivi: spettacoli, speculazioni intellettuali su delle questioni oziose, alle quali donano il nome di scienza e di arte. » (Lev Tolstoj, Guerra e rivoluzione)

 

Queste parole di Tolstoj sicuramente rispecchiano un comportamento diffuso; tuttavia, se anche coloro che vengono definiti “i più generosi” si abbandonano a droghe e frivoli divertimenti, essi non si differenziano da coloro che alacremente giudicano e pertanto si dimostrano non così più valorosi della massa (benché possano individuare più contraddizioni rispetto alla media). Dimostrano infatti di voler ignorare ciò che identificano come a loro più doloroso; e per compensare la maggior consapevolezza (e quindi il maggior numero di contraddizioni a loro visibili) si “abbruttiscono” con sostanze più potenti di quelle comunemente usate.

L’unico soggetto legittimato a muovere critiche verso questi comportamenti è colui che non si lascia attrarre dalle voluptas, se non nella misura in cui siano momenti della vita non volti a trovare narcotici sempre più potenti ma ad eliminare il bisogno di questi. D'altronde, seguendo le celebri parole di Céline,

 

« tanto più grande è un uomo, tanto più si espone a essere ferito da tutti: la tranquillità è solo per i mediocri, la cui testa sparisce nella folla. » 

 

Jackson Pollock, "Autumn Rhythm (Number 30)"
Jackson Pollock, "Autumn Rhythm (Number 30)"

Il problema non risiede mai nell’azione che si compie bensì nelle motivazioni che portano al suo compimento. Sarebbe dunque cosa buona e giusta eliminare interamente ogni tipo e forma di svago nelle nostre vite? Lo svago acquista valore in misura alla sua utilità, ossia nella misura in cui ci permette di dedicarci gradualmente ad abbracciare la verità o le questioni che evitiamo e ignoriamo. Così come a seguito di dipendenza da una sostanza è necessario attuare una lenta e progressiva disintossicazione; allo stesso modo se ci si abbandona ad alcuni “piaceri”, così da non dover affrontare di colpo i problemi (ovvero le contraddizioni che ci rendono infelici), lo svago risulta avere un effettivo valore se ci permette di affrontare gradualmente le questioni e quindi risolverle.

Appurato questo meccanismo, esso può risultare difficile da concretizzare nelle azioni quotidiane dal momento che, se lo svago è subentrato in modo da celare verità dolorose e/o scomode, sarà arduo allo stesso modo accettare la presenza del meccanismo stesso. Si cercherà di autoconvincersi di essere estranei a questo processo tanto quanto precedentemente si cercava di ignorare altro.

Così come nel processo conoscitivo è necessario allargare senza sosta il proprio spettro di consapevolezza, e dunque di conoscenza (il particolare è indissolubilmente legato al generale, al tutto), per rendersi capaci di ignorare è necessario invertire il procedimento arrivando a dovere negare ogni cosa.

Alla luce di ciò segue che sia doveroso affrontare con la massima rapidità ed efficacia le contraddizioni da cui ci si nasconde, ma, come già detto, è necessaria una abbondante dose di coraggio per esserne in grado. Ciò non toglie che sia l’unica azione che possa sortire un qualche beneficio perché, se così non si facesse, sarebbe necessario per il soggetto vivere in un perenne stato di absorption

 

Questi vizi risultano essere una delle cause principali della difficoltà nel confrontarsi tra individui con il fine di raggiungere la vera giustizia: coloro che non riescono a scorgere con chiarezza il movente delle loro azioni propendono per allontanare chi cerca di renderli consci delle contraddizioni da cui tentano, fallimentarmente, di scappare.

È possibile, alla luce di ciò, che si presenti uno scenario in cui concedersi uno svago non comporti nessuno svantaggio, ossia che lo svago risulti piacevole anche senza necessariamente che il soggetto necessiti di distrarsi in situazioni spiacevoli? Sì, tuttavia potremmo godere tutti a pieno di questi piaceri unicamente quando saremo riusciti ad eliminare tutte le contraddizioni che affliggono noi e l’umanità intera.

Riusciremo a sollevarci sopra i mali unicamente quando tutti alleneremo occhio e mente a criticarci e a misurarci come suggerisce Friedrich Nietzsche:

 

« Quanta verità può sopportare, quanta verità può osare un uomo? Questa è diventata la mia vera unità di misura, sempre di più. » (Friedrich Nietzsche, Ecce homo)

 

21 gennaio 2019

 




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