Buongiorno, mi presento: sono la bellezza

 

«La bellezza è una lettera aperta di raccomandazione che conquista subito i cuori» (A. Schopenhauer).

Il peso dell’apparire, la perfezione dell’estetica come biglietto da visita: mostrami chi sei e ti seguirò.
Quanto l’estetica al giorno d’oggi oscura l’essenza dell’essere umano.  

 

di Andrea Pavin

 

 

Follower, seguaci, ammiratori. Siamo dentro un mondo virtuale dove per ottenere consensi e approvazione si è disposti a tutto. Bisturi facile per like a pacchetto.
Sembra uno slogan pubblicitario, è invece ciò che dilaga tra il pensiero comune delle persone, determinando un aumento delle richieste di metter mano al proprio corpo negli studi medici dei chirurghi di tutto il mondo.
La percezione del nostro corpo, del nostro viso e di ciò che vogliamo apparire agli occhi degli altri, è stato fortemente condizionato dall’avvento dei social network e da quel messaggio forte e chiaro che, quotidianamente, in modo sfacciato e diretto ci viene ripetuto come un mantra.
Devi essere bello se vuoi essere qualcuno, devi essere perfetto per essere amato. Profili di modelle, attrici, personaggi pubblici dove ogni foto pubblicata rasenta la perfezione assoluta.
Décolleté dalla pelle ambrata, seni perfetti, muscoli tonici e allenati, glutei rotondi degni di un tratto di compasso, su sfondi di paesaggi da cartolina.
Sorrisi da pubblicità delle migliori cliniche odontoiatriche con bianco ottico introvabile in cartella colori della natura umana.
Bocche carnose, sensuali, a forma di cuori perfetti, dove ogni donna si immedesima, anche solo per pochi attimi, per immaginare cosa si prova a baciare con labbra così belle.
Per ogni foto da copertina pubblicata così, spesso frutto di chirurgia estetica e ore di un buon lavoro di Photoshop, proporzionalmente aumenta in modo vertiginoso la fama e la popolarità di una persona, mentre crolla ai minimi termini l’autostima di chi, dal divano di casa, si incanta davanti a questi post.

In particolare nel mondo femminile, tra gli adolescenti, dove la fragilità è innata, il confronto continuo con queste realtà miraggio da inseguire e ammirare, portano spesso a depressione, frustrazione e senso di inadeguatezza. Il termine di paragone assurdo porterà a non sentirsi mai all’altezza di niente.
Il disagio del vivere quotidiano, si traduce quindi in aumento costante e concreto in numeri per ricorso alla chirurgia estetica, antidepressivi, dietologi, nutrizionisti e terapie psicologiche.

 

Le statistiche della chirurgia estetica parlano chiaro: l’Italia nell’ultimo decennio si mette ai primi posti della classifica mondiale per numero di interventi di chirurgia estetica.
Siamo al quarto posto per volumi di spesa, solo dopo nazioni colosso come USA, Brasile, Giappone.
La cosa interessante è che se mettiamo in relazione il numero degli interventi chirurgici estetici eseguiti, in rapporto con il numero dei cittadini italiani, il nostro paese scatta in prima posizione con il più alto numero di interventi pro capite, col valore superiore al 5%, mentre gli USA si fermano al 3%.

 

Altro dato interessante è chi, nel nostro paese, sostiene la spesa destinata a questo settore. Il dato maggiore riguarda la fascia media della popolazione. Il 51% del totale di chi ricorre alla chirurgia estetica è dipendente privato.
Ciò dimostra che destinare parte dei propri redditi rientra ormai nei bisogni e necessità ordinarie dei cittadini.

 

A livello mondiale ci sono paesi come la Colombia e il Brasile, dove si registra una media di 12 interventi su 1000 abitanti, un numero elevato, considerato il tasso di povertà in questi Paesi.

 

L’identikit del consumatore medio di chirurgia estetica assume connotati preoccupanti se andiamo nel dettaglio a vedere l’età media di chi chiede aiuto a bisturi e filler. Il 40% degli interventi riguarda la fascia d’età 18-29 anni.  L’età media è scesa: sono sempre di più coloro che lo fanno e a un’età media sempre più bassa e, cosa ancor più allarmante, con il sostegno dei genitori.
Un ruolo importante in questo cambiamento sono proprio i social network. Instagram su tutti, poiché è in sostanza una vetrina, nella quale si propongono modelli di riferimento che, in molti casi, a forza di filtri e ritocchi hanno poco di reale.  

 

Questa l’immagine della società del 2020. Fa riflettere.
Che poi a guardarli bene tutti questi primi piani nei social si assomigliano tutti: zigomi, nasi ed espressioni che sembrano uscire tutti dalla stessa mano. Nasciamo pezzi unici, poi il chirurgo ci rimodella ad immagine e somiglianza degli altri. L’identità che si perde nelle sfumature dei filtri dei fotografi. Particolarità di ognuno di ogni che vengono cancellate per sempre, come difetti di cui vergognarsi: «noi perdiamo tre quarti di noi stessi per essere come le altre persone», come suggerisce efficacemente Schopenhauer.

 

 

Tante frasi fatte e aforismi che viaggiano nel web, sul senso vero della vita, sull’importanza dell’essenza umana, sul rispetto della dignità, sulla fiducia in se stessi. Devi piacerti per come sei, ama te stesso e il tuo corpo, brilla di luce propria, apprezzati così come sei.

Poi passa la foto di bel fondoschiena, in un ridicolo balletto di tik tok e volano milioni di like. L’ipocrisia dell’uomo moderno racconta il suo spessore: siamo profondi come pozzanghere d’acqua dopo un temporale estivo.

 

16 settembre 2020

 




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