Disuguaglianza: la vera ragione del crollo sociale

 

La società iniqua, che caratterizza il mondo odierno, non contribuisce solo ad aumentare le disparità economiche e sociali, ma rallenta il proprio progresso. Una tassazione più equa e investimenti in servizi pubblici possono almeno arginare il problema e consentire a tutti una vita che non sia di assoluta indigenza.

 

di Francesca Bocca

 

La parola uguaglianza la si utilizza frequentemente nella normale quotidianità, ma si dà poca importanza ai vari significati che essa può assumere. Ebbene, ci definiamo uguali, ma lo siamo veramente?

 

Da un lato sembra di no: siamo fisicamente e psicologicamente diversi. Ci differenziamo per età, genere e cultura; abbiamo la facoltà di compiere scelte proprie, in quanto ciascuno di noi possiede le sue attitudini e i suoi obiettivi personali; non abbiamo le stesse opportunità e viviamo di esperienze le une diverse dalle altre.

 

D’altra parte, però, possiamo definirci uguali poiché riconosciamo di avere una pari dignità e ci impegniamo a compiere azioni responsabilmente e nel rispetto dei diritti altrui. Ciascun membro della società ha quindi il diritto di istruirsi e di sviluppare le proprie capacità, affinché riconosca in sé un innalzamento sia dal punto di vista morale che materiale. Lo Stato, inoltre, ha il compito di creare una fraterna convivenza e di promuoverne la libertà e l’uguaglianza, cosicché nessuno venga estromesso dalla società.

 

L’articolo 3 della Costituzione italiana stabilisce, infatti, che «Tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

 

Esso dovrebbe essere principio fondamentale di tutte le società democratiche; ciononostante spesso non se ne dà la giusta importanza, fino al punto di violarlo.

 

Con il fenomeno della globalizzazione e della crescita economica nei Paesi più sviluppati, le disuguaglianze, specialmente quelle di reddito, sono spaventosamente aumentate. Oggigiorno, i ricchi possono contare su un patrimonio che permette loro di accedere ai migliori servizi sanitari e educativi, mentre i più poveri, i quali dovrebbero essere i più bisognosi di questi servizi, non possono permetterseli per la loro scarsa disponibilità economica.  

 

Nel Rapporto Oxfam 2019, come riportato dall’Osservatorio diritti, viene evidenziato come il divario tra ricchi e poveri sia in continua in crescita. Si stima che, dopo la crisi finanziaria avvenuta nel decennio scorso, il numero di miliardari sia quasi raddoppiato e aumenti tuttora al ritmo di uno ogni due giorni. E se questa ricchezza è cresciuta a dismisura nell’ultimo periodo, al contrario quella della metà più povera dell’umanità, che equivale a circa 3,8 miliardi di persone, è diminuita dell’11%.

 

Oltre alla disuguaglianza economica, si aggiunge purtroppo anche una disuguaglianza di genere. Attualmente gli individui più ricchi al mondo sono quasi tutti uomini, i quali detengono il 50% in più della ricchezza posseduta dalle donne. Si stima, inoltre, che se tutto il lavoro di cura svolto dalle donne, ovviamente non retribuito, fosse appaltato ad un’unica azienda, essa registrerebbe un ricavo di circa 10.000 miliardi di dollari, pari a 43 volte quello di Apple.

 

E ancora, mentre si conta che nell’anno a venire 262 milioni di bambini non potranno avere un’istruzione adeguata e 10.000 persone moriranno per mancanza di cure mediche, il patrimonio di Jeff Bezos, fondatore di Amazon e decretato l’uomo più ricco del mondo, ammonterà a ben 112 miliardi di dollari. Per comprendere appieno l’alto valore di questa cifra si pensi che solo l’1% di essa corrisponde all’intero budget sanitario dell’Etiopia, un Paese con 105 milioni di abitanti. Numeri esorbitanti; eppure questa è la società iniqua in cui abbiamo deciso di vivere, che è frutto di precise scelte politiche.

 

Per questo motivo è giusto distinguere la disuguaglianza naturale da quella sociale, sebbene queste tendano spesso a confondersi. A tal proposito, Jean-Jacques Rousseau, nel Discorso sull’origine e i fondamenti dell’ineguaglianza tra gli uomini, scrive:

 

« Io concepisco nella specie umana due generi di disuguaglianza; una che chiamo naturale e fisica, perché essa è stabilita dalla natura, e che consiste nella differenza delle età, della sanità, delle forze del corpo, e delle qualità dell'intelligenza, o dell'anima; l'altra, che si può chiamare ineguaglianza morale o politica, perché essa dipende da una specie di convenzione, ed è stabilita, o almeno autorizzata dal consentimento degli uomini. Questa consiste nei differenti privilegi di cui alcuni godono a danno degli altri – come l'esser più ricchi, più onorati, più potenti di alcuni altri, oppure nel farsi obbedire. »

 

La disuguaglianza sociale si forma quindi ingiustamente perché toglie la libertà di alcuni a vantaggio di altri, i quali si trovano a godere di un benessere spropositato.  

 

L’intervento dello Stato è determinante e lo diceva bene anche Louis Blanc nell’opera Organisation du travail (1839):

 

« Ciascun membro della società, essendo libero, ha il potere di esercitare e sviluppare le sue facoltà, sotto l’impero della giustizia e sotto la salvaguardia della legge, e lo Stato deve a ciascuno l’istruzione, senza la quale lo spirito umano non può dispiegarsi, e gli strumenti di lavoro, senza i quali l’attività umana non può svilupparsi. »

 

Lo Stato ha quindi l’incarico di colmare questo abisso economico, attuando scelte politiche concrete ed efficaci, e imponendo una tassazione più equa. L’Oxfam ha calcolato, infatti, che se solo l’1% dei più ricchi pagasse lo 0,5% in più di imposte, si salverebbe la vita a 100 milioni di persone e si consentirebbe a tutti i bambini di avere accesso nelle scuole nel prossimo decennio. Analogamente, secondo un articolo postato il mese scorso da Agi, un’agenzia di stampa italiana, Elizabeth Warren, attuale senatrice degli Stati Uniti, ha proposto di imporre una tassazione straordinaria ai più ricchi per finanziare la sanità gratuità (cosicché Jeff Bezos pagherebbe 7 miliardi di dollari in tasse).

 

D’altro canto, ricorrere a servizi pubblici è il secondo passo che dovrebbe essere attuato. Un'indagine effettuatoa sempre dall’Oxfam, in 13 Paesi in via di sviluppo, ha constatato che gli investimenti in istruzione e sanità hanno determinato la riduzione del 69% del livello della disuguaglianza. Essi garantiscono non solo il pieno sviluppo umano, ma contribuiscono enormemente all’abbattimento delle disuguaglianze e al rafforzamento della coesione sociale.

 

La disuguaglianza è nociva per il progresso della società democratica e alimenta il rancore della gente comune che si sente privata della sua dignità e del futuro lavorativo che sogna di avere. Le idee e i progetti sono molti, ora è tempo di metterli in pratica perché «se una società libera non può aiutare i molti che sono poveri, non può salvare i pochi che sono ricchi» (John F. Kennedy).

 

4 gennaio 2020

 









  • Canale Telegram: t.me/gazzettafilosofica