L'umano oltre l'umano

 

Cosa c’è e cosa c’è stato oltre l’umano? L’umano. L’eterno ritorno di Dio, inteso come insieme di valori, di cultura, di un bene e di un male. L’eterno ritorno dell’uomo, in sostanza.

 

di Mirko Nistoro

 

E. Munch, "Ritratto di Friedrich Nietzsche"
E. Munch, "Ritratto di Friedrich Nietzsche"

 

Per quanto si possano ridurre le azioni umane ad un confinamento culturale, sociale e quindi normativo permane sempre una forma residuale, che sfugge a tale confinamento. Il residuo è ciò che resta del leone ingabbiato della natura più primordiale del leone. Per quanto addomesticato rimarrà in lui un qualcosa che sfugge al controllo imposto, che vive nonostante non debba vivere, un qualcosa che è al di là del bene e del male pur dovendo convivere con il bene ed il male. Freud aveva riflettuto a lungo su questa zona umana, ne ha costruito il suo costrutto filosofico. L’inconscio, ciò che vive al di sotto della coscienza e che bolle in modo indipendente. L’Es, l’insieme degli impulsi irrazionali, dei desideri che entrano spesso in conflitto con il mondo culturale tutto. Nietzsche non cerca mediazioni, individua nella moralità, nell’etica giudaico-cristiana l’origine della più grande menzogna, della decadenza, di una vita disumana e contro-natura. Non vuole un compromesso pacifico, non vuole una convivenza civile a scapito della forza individuale, non vuole che il gregge metta ai margini il leone e che il leone si trasformi e si adatti a quello spirito gregario tradendo la sua natura. Nietzsche non vuole analizzare, ma vuole smascherare, per cambiare il corso dell’umanità. Zarathustra rimette al centro di tutto il dionisiaco, la libertà della pulsione in opposizione al freno della cultura, in particolare quella cristiana. È il superuomo che oltrepassa l’uomo stesso, inteso come produttore di cultura.

 

 

Cosa c’è e cosa c’è stato oltre l’umano? L’umano. L’eterno ritorno di Dio, inteso come insieme di valori, di cultura, di un bene e di un male. L’eterno ritorno dell’uomo, in sostanza. Si registra quello che Kuhn aveva identificato a livello scientifico, nella storia della scienza. Non vi è un’accumulazione di teorie verso la verità irraggiungibile, non c’è un asintotico tendere alla perfezione senza raggiungerla mai, ma, dice Kuhn, la storia della scienza è una storia di rivoluzioni scientifiche, di cambiamenti paradigmatici. Una volta stabilito e condiviso il nuovo paradigma si instaura una scienza normale, che perdura nel tempo fin quando alcune anomalie fanno sì che tale normalità non possa più essere sostenibile. In tal modo la storia della conoscenza non segue più una direzione lineare ed evolutiva, ma si esplica attraverso cambi di direzione, deviazioni che mutano il suo corso. In tal senso la storia della conoscenza non è né lineare e né circolare, ma per livelli paralleli e per deviazioni. Allo stesso modo, seguendo lo stesso ragionamento dell’epistemologo, è possibile sostenere che oltre l’umano ci sia sempre l’umano, ovvero una nuova dimensione umana, per quanto rivoluzionata e modificata. In tale ottica Nietzsche va a rappresentare un nuovo paradigma concettuale ed è portatore di una nuova rivoluzione culturale ed umana, con effetti e conseguenze da analizzare. Zarathustra è il messaggero di questa istanza di cambiamento, di rottura feroce con il vecchio paradigma concettuale ma, per quanto ne resti volutamente lontano, pone inevitabilmente le premesse per un nuovo equilibrio, per un nuovo alto e basso e per un nuovo bene e male. Nietzsche non vuole costruire, preferisce rimanere allo stato caotico del cambiamento, allo stato distruttivo, al momento del parto, non della cura. Preferisce restare a quell’attimo creativo prima della creazione, alla totale irrazionalità che pone le basi per il razionale. Nietzsche smaschera e pone le premesse per nuove maschere, per quanto se ne stia alla larga dal farlo. Cosa sarà il nazismo se non il raccolto delirante delle nuove premesse, il rendere stabile e collettivo un cammino individuale, nel confondere la guerra archetipica e primordiale come essenza culturale, in direzione deviata rispetto ai desideri nietzscheani. Il nazismo raccoglie parte dell’eredità nietzschena, su questo non bisogna essere ipocriti, ma lo fa radicalizzando a suo piacimento, lo fa ponendo una nuova gerarchia culturale, normalizzando, rendendo di nuovo l’azione individuale funzionale ad un ideale, ad un mondo vero, ad un bene ed un male ancora più inflessibili, in cui l’individuo è ancora più delegittimato, è ancora più spersonalizzato.

 

 

Il residuo è ciò che di Nietzsche rimane, ovunque, per sempre. Non c’è stato sociale, forma di governo, ideale politico, religione, imposizione etica, normativa che possa contenere del tutto la natura umana, l’essenza archetipica della sua natura, la cattiveria immorale che vive in ogni individuo. Non c’è cultura che possa contenere del tutto la natura umana e renderla completamente inerme. Non c’è alcun uomo buono che possa contenere del tutto la sua cattiveria, non c’è alcuna pace che possa distruggere una guerra. Il residuo, il dionisiaco, l’Es, l’inconscio o qualsiasi definizione di esso si possa dare, vive, per forza di cose e in qualunque contesto culturale. Nietzsche riporta in luce tutta la nudità che era stata coperta e perfino maledetta, e la vorrebbe danzante nella sua pienezza e nella sua feroce vitalità. Al di là delle esperienze storiche e sociali possibili quello che rimane della lezione nietzscheana è proprio quel residuo di umanità – o di disumanità, nell’ottica cristiana – che vive e sopravvive a qualsiasi tentativo di offuscarlo. Gli ridà dignità filosofica, un nuovo slancio, una nuova vita dopo anni di incarceramento forzato.

 

« Io sono di gran lunga l’uomo più tremendo che mai ci sia stato; ciò non toglie che io possa essere il più benefico. Conosco il piacere del distruggere in misura della mia forza di distruzione, - nell’una e nell’altra cosa obbedisco alla mia natura dionisiaca, che non riesce a distinguere tra il fare e il dire sì. Io sono il primo immoralista: perché io sono il distruttore par excellence. » (F. Nietzsche, Ecce homo)

 

Nietzsche non obbedisce ad altro che alla sua natura, a quel residuo che in lui è il tutto, e non può che distruggere tutto ciò che è umano, troppo umano, tutto quello che nel nome di qualcosa che trascende l’uomo è fatto a fin di bene. È colui che distrugge la morale, in questo senso immoralista, perché non può avere alcuna morale colui che del residuo fa il tutto, colui che non accetta alcuna cultura, colui che vive secondo natura, colui che non ha alcuna colpa e alcuna responsabilità. Questo è il peso più grande per l’uomo, accettare di vivere senza alcun peso morale e quindi senza alcuna colpa, senza peccati. Quanto può essere disposto l’essere umano ad accettare di vivere senza morale, senza più colpe perché ogni azione è frutto della sua volontà, della necessità individuale di agire. Nessun uomo, senza morale, ha responsabilità della sue azioni. Muore la pena, muore la giustizia, la libertà di scelta, perché non c’è scelta nella totale libertà della natura. Tutto è fatto perché si sente di farlo, senza alcun freno, senza Super-Io per tornare a Freud. Siamo su un livello puramente dionisiaco. Volendo spingerci oltre Nietzsche, oltre quel progetto di trasvalutazione di ogni valore, volendo radicalizzare il suo pensiero, con Nietzsche siamo alla distruzione di ogni valore e all’impossibilità di fondarne altri. Non può esserci alcun valore, alcuna morale, alcun Dio, pena il ritorno stesso di Dio e della decadenza stessa, della cultura stessa. Al di là del bene e del male non può esserci alcun bene e alcun male, qualsiasi tentativo di trovare un compromesso è una discesa al bene e al male, all’inevitabile ritorno di Dio, inteso come piano regolatore, fondato dall’uomo stesso sull’uomo.

Quello di Nietzsche, colto nella sua pienezza esplosiva e radicale, è un big ben, è una esplosione brutale e feroce, è la scoperta senza timori dell’abisso, è la scoperta più profonda della natura umana, quella che ucciderebbe un altro senza rimorsi, senza paure, per svariati motivi, senza più il peso della colpa. È la scoperta che l’uomo ama far male, ama superare una resistenza, ama sopraffare e che solo una menzogna può celare nel sotterraneo i suoi desideri, la sua volontà.

 

« Perché ora che la verità dà battaglia alla millenaria menzogna, avremo degli sconvolgimenti, uno spasimo di terremoti, monti e valli che si spostano, come mai prima si era sognato. Il concetto di politica trapasserà allora completamente in quello di una guerra degli spiriti, tutti i centri di potere della vecchia società salteranno in aria – sono tutti fondati sulla menzogna: ci sarà guerra, come mai prima sulla terra. Solo a partire da me ci sarà sulla terra grande politica. » (F. Nietzsche, Ecce homo)

 

Siamo disposti alla guerra perenne degli individui al posto di una pace che uccide l’uomo? Siamo disposti a vivere secondo libertà senza più il peso della morale? Preferiamo la decadenza della cultura alla gaiezza brutale della libertà senza cultura? Siamo capaci di essere e restare umani, naturalmente umani e di per sé cattivi? Quanto siamo capaci di sostenere una vita secondo menzogna? Quale grado di menzogna siamo disposti ad accettare? Che destino può sopportare colui che scopre l’umano al di là del bene e del male e come può vivere secondo il bene ed il male? Come può scegliere colui che abbraccia la brutale libertà, la quale non presuppone alcuna possibilità di scelta?

 

28 agosto 2023

 








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