Critica e recupero di Descartes in La liberté cartésienne di Sartre

 

Se per Sartre l’uomo non dipende da Dio e la verità la crea da sé, per Descartes l’uomo non crea la verità ma l’attinge da Dio e solo così l’uomo può condurre un’esistenza “perfetta”. Sartre aderisce alla concezione cartesiana del libero arbitrio ma non la riferisce a Dio, bensì all’uomo. 

 

Eugène Delacroix, "La libertà che guida il popolo" (1830)
Eugène Delacroix, "La libertà che guida il popolo" (1830)

 

Secondo Sartre ci sono due modi di intendere la libertà: la liberà creativa, che si sviluppa sul piano dell’azione, in quanto consiste nella creazione ex nihilo – pensiamo alla creazione dell’opera d’arte –, e la libertà per come la intende Cartesio: esistono delle relazioni intelligibili pre-esistenti che devono esser scoperte attraverso il pensiero; in quest’ultimo caso la libertà non è attività creatrice ma è pensiero indipendente che deve cogliere ciò che già esiste: deve cogliere l’ordine pre-esistente delle essenze. 

 

L’ordine delle essenze – pensiamo alle verità matematiche – è un ordine che non può essere evitato. La libertà, in questo contesto, può essere solo intesa come libertà che aderisce al vero, oppure, come libertà che è confusa di fronte a ciò che non è ancora chiaro – ma che comunque rimane fedele al vero; sicuramente, la libertà, vista alla luce di questa mentalità, non può intendersi come libertà creatrice. Di fronte alla potenza dell’ordine delle essenze, alla quale bisogna sempre aderire senza produrre alcunché, che fine fa l’autonomia del soggetto? 

 

Secondo Sartre, Cartesio la salva munendola «di una semplice potenza negativa [puissance négative]: quella di dire no a tutto ciò che non è il vero» (J.-P. Sartre, La liberté cartésienne); in questo modo torna in vita quella soggettività autonoma che era passiva di fronte alla struttura essenziale delle cose. L’autonomia è quindi un potere negativo, che consiste nel rifiutare il falso per salvaguardare il vero. 

 

Scrive Sartre che la libertà è, secondo Cartesio, infinta; vediamo in che modo: non è da intendersi come il possesso di un potere infinito che permette all’uomo di far ciò che desidera, anzi, l’uomo può fare solo ciò che rientra nei suoi limiti, ed è per tale ragione che va trattenuto il desiderio: va represso il desiderio di fare ciò che oltrepassa questi limiti umani. Scrive Sartre: «Essere liberi non è affatto <secondo Cartesio> poter fare ciò che si vuole, ma volere ciò che si può» (Ivi). Bisogna quindi vincere se stessi facendo cambiar rotta ai propri desideri, piuttosto che cercare di cambiare l’ordine del mondo. Secondo Cartesio noi siamo, per natura, collocati «come a metà fra Dio e il nulla» (R. Descartes, Meditazioni metafisiche), indi per cui la vera libertà è quella che ci conduce verso Dio, e non quella che ci trascina verso il nulla; cioè, la vera libertà è quella che aderisce al vero – e quindi alle realtà essenziali preesistenti – e non quella che produce; per dirla come Sartre: la vera libertà dell’uomo cartesiano non è creatrice.  

 

Secondo Sartre, tuttavia, il Cartesio del Discorso sul metodo mantiene l’idea di una libertà creatrice: Cartesio inventa il suo metodo ed inventa le regole – perlomeno dalla seconda in poi –. Leggiamo quanto scrive Sartre in merito a ciò: 

 

« È […] <il> carattere costruttivo della libertà umana che ritroviamo all’origine del Discorso sul metodo. Perché, in fondo, il metodo è inventato. […] Meglio ancora, ciascuna regola del metodo (eccetto la prima) è una massima di azione o di invenzione. L’analisi prescritta dalla seconda regola non esige forse una facoltà di giudizio libera e creatrice, che produce degli schemi e concepisce delle distinzioni ipotetiche che subito dopo verificherà? […]. » (J.-P. Sartre, La liberté cartésienne).       

 

Le regole del Metodo sono, quindi, secondo Sartre, precetti per un giudizio libero e creativo; questa libertà è quella libertà che, per Sartre, si assume il compito di affermare una verità nel mondo e del mondo. Ma, il Cartesio delle Meditazioni di prima filosofia cambia faccia. Come abbiamo già capito, è un Cartesio che non fa coincidere la libertà con la creatività, poiché quest’ultima sente suo ciò che crea, mentre la libertà di Cartesio coincide con la scoperta della verità – che è una verità di tutti: è una verità pre-esistente che aspettava solo di essere portata alla luce. L’uomo cartesiano è uno scopritore della verità e non un creatore di essa. 

 

Per Cartesio il vero è ciò che è chiaro e distinto, e la libertà è l’adesione a tale evidenza; inoltre, per l’uomo cartesiano non c’è possibilità di rifiutare questa evidenza. L’intelletto scopre ciò che è vero, e per la volontà – la libertà – dell’uomo è necessario aderire a questa verità; il rapporto volontà-intelletto è basato su un fondamento rigoroso, direi ontologico, che porta l’uomo ad affermare l’idea chiara e distinta una volta percepita. 

 

Poi, Sartre afferma che se si è inclini ad affermare, a formulare il giudizio sull’idea chiara e distinta è perché essa grava con tutto il suo essere – che proviene da Dio – sull’uomo. Dato che l’essere dell’idea proviene da Dio, allora anche la possibilità del giudizio vero è garantita da Dio e non dall’uomo che senza di Esso è un nulla. La reale autonomia dell’uomo dipende proprio dal suo esser nulla; l’uomo ha a che fare con il male e con l’errore proprio perché è un nulla. La sua autonomia consiste nel rifiutare questo nulla che egli stesso è; in che modo? L’uomo è autonomo in quanto può decidere di non agire di fronte a ciò che non è chiaro e distinto: di fronte, cioè, a ciò che gli ricorda la sua nullità. 

 

Questa autonomia dell’uomo consiste, secondo Sartre, nel rifiutare ciò che non-è; cioè, consiste nel rifiutare la creatività, la quale permetterebbe all’uomo di staccarsi dalle verità di Dio tramite una sua propria creazione: una creazione ex-nihilo, tramite la quale l’uomo rimarrebbe nel nulla. Però, di fronte a Dio, l’autonomia dell’uomo è il rifiuto di sé stesso coglientesi come un sé-creatore. L’uomo, necessariamente, quindi, per Cartesio, aderisce a ciò che non ha creato, cioè, aderisce alle verità eterne. 

 

Ci troviamo così, di fronte ad un’autonomia negativa dell’uomo, ma non in senso assoluto, poiché è chiaro che di fronte a Dio e alle sue verità eterne non è possibile non inchinarsi; non è possibile non aderire; non è possibile non affermare. La libertà negativa è quindi il solo rifiuto del falso – del non essere –, ed è per questo che è autonomia negativa relativa e non assoluta. Secondo Sartre la libertà cartesiana coincide con la libertà cristiana, e questa libertà che Cartesio ha lasciato in eredità alla Francia dei secoli successivi è, sempre secondo Sartre, una falsa libertà, poiché non ha spiegato il lato creativo dell’uomo, ingabbiando quest’ultimo nella stanza della verità eterna dalla quale egli non può uscire. La libertà cartesiana dell’uomo è, secondo Sartre, una libertà che si scioglie a contatto con l’acqua viva delle idee chiare e distinte, ed è per tale ragione che è una illibertà, poiché non solo non segnala il lato creativo della soggettività, ma si autoesclude come libertà – come autonomia – dinnanzi al bene e alla verità, che sono due elementi non prodotti dall’uomo, ma da Dio, e il compito dell’uomo è soltanto quello di accoglierli passivamente. 

 

Cartesio è comunque cosciente anche della libertà come atto creativo, come atto di produzione. Ma tale definizione di libertà vale soltanto se ci riferiamo a Dio, poiché è l’unico Ente – l’Ente Sommo – che può creare. Questa creazione equivale, per Cartesio, alla creazione spontanea del vero: è l’atto con cui Dio, spontaneamente crea; e Dio può creare soltanto il vero. 

 

Cartesio esclude l’uomo da questa definizione di libertà poiché solo Dio può creare. Quindi, se da un lato la libertà di Dio e la libertà dell’uomo sono identiche nella misura in cui sono infinite – sono quindi quantitativamente identiche –, dall’altro lato sono diverse perché la libertà di Dio è pura produttività. Dio precede, quindi, ogni verità da Lui creata. Scrive Cartesio: «Non bisogna quindi affatto affermare che se Dio non esistesse, ciò nondimeno tali verità sarebbero vere» (R. Descartes, Tutte le lettere). 

 

Il merito di Cartesio, secondo Sartre, è stato quello di aver sviluppato la definizione di liberto arbitrio: Cartesio ha definito il libero arbitrio – la libertà produttiva – quando parla di Dio. Ma Sartre rifiuta la dimensione cristiana che aggrovigliava il pensatore del Seicento e, così, aggirando la cristianità che aleggia su Cartesio, Sartre recupera una posizione totalmente antropocentrica ed atea, affermando che la libertà che Cartesio ha dato a Dio la si deve dare, invece, totalmente all’uomo. In conclusione, egli scrive: 

 

« Saranno necessari due secoli di crisi – crisi della Fede, crisi della Scienza – perché l’uomo recuperi la libertà creatrice che Cartesio ha collocato in Dio e perché si arrivi infine a sospettare questa verità […]. Ma non rimprovereremo affatto a Cartesio di aver dato a Dio ciò che è di nostra proprietà, bensì lo ammireremo per avere gettato le basi […] dell’idea di autonomia e per aver compreso […] che l’unico fondamento dell’essere è la libertà. » (J.-P. Sartre, La liberté cartésienne).  

 

24 luglio 2023

 









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