Il tempo, crocevia tra pensiero e percezione, si presenta nella riflessione filosofica come un enigma inafferrabile, al contempo familiare e straniero. È ciò che viviamo più intimamente e comprendiamo meno: scorre dentro di noi come ricordo, attesa, durata; eppure lo misuriamo fuori di noi, come se fosse un'entità astratta, un ordine impersonale che struttura gli eventi del mondo. La filosofia, sin dalle sue origini, ha interrogato questa duplice natura del tempo: oggettiva o soggettiva? Reale o illusoria? Lineare o ciclica? In che modo, infine, la nostra mente ne produce esperienza e significato? Nel corso della storia, i grandi sistemi metafisici hanno tentato di risolvere questo paradosso: per alcuni, come Newton, il tempo è una realtà assoluta che fluisce indipendentemente da tutto, una sorta di cornice immutabile dell’universo; per altri, come Leibniz, esso è solo una relazione tra eventi, un ordine derivato dalle cose stesse. Ma già in Agostino, e più radicalmente in Kant, il tempo si ritrae come costruzione mentale: non una proprietà del mondo, bensì una condizione della coscienza, un ordito invisibile attraverso cui ordiniamo le nostre esperienze. Questa tensione tra realtà e apparenza, tra oggettività e soggettività, ha generato lungo i secoli visioni alternative — lineari, cicliche, mitiche, eterne — che si sono sedimentate in immagini contrastanti: il tempo come freccia, come anello, come abisso, come istante. Con la nascita della fisica moderna e, più tardi, della teoria della relatività, il tempo viene definitivamente sottratto all’ingenuità del senso comune. Non è più una linea universale su cui tutti gli eventi scorrono nello stesso ordine, alla stessa velocità. Piuttosto, viene integrato nello spazio, formando con esso una struttura quadridimensionale — lo spaziotempo — in cui il tempo non è più un fiume che scorre, ma una dimensione statica, geometrizzabile, percorribile. In questo contesto, il passato, il presente e il futuro non sono più entità ontologicamente diverse, ma semplici coordinate. Nasce così una visione “a blocchi” dell’universo: un eterno presente in cui tutti gli eventi, da sempre e per sempre, coesistono in una totalità immutabile. Questa concezione — oggi supportata da numerose implicazioni della fisica teorica e dalla matematizzazione del tempo in funzione topologica — sembra dare corpo all’intuizione più vertiginosa della metafisica: che il divenire sia solo un’apparenza, e che l’istante non fugga mai davvero. L’Eterno Presente non è solo un mito mistico o una suggestione poetica, ma un’ipotesi coerente e, in un certo senso, “dimostrata” nella sua compatibilità con le leggi fondamentali del cosmo. Non c’è un “ora” che scorre, ma una struttura eterna che semplicemente è. Il tempo, così compreso, non è qualcosa che passa, ma qualcosa che si contempla — o che, in termini più profondi, ci contiene. Questa trattazione intende dunque ricostruire il cammino concettuale che va dalla filosofia antica alla fisica moderna, passando per le grandi svolte della metafisica occidentale, per giungere a quel punto limite in cui la matematica non solo descrive il tempo, ma lo sostituisce, lo congela, lo rende trasparente. Il tempo come relazione, come percezione, come illusione e infine come struttura: un viaggio attraverso le forme del pensiero che, più che spiegare il tempo, finisce per farne esperienza.
di Mario Magini
Elementi eminentemente filosofici di riflessione
Il passato è davvero eterno? La domanda può sembrare astratta, ma tocca questioni fondamentali sulla natura del tempo, della realtà e della coscienza. Gli eventi che ci hanno preceduto, esistono ancora in qualche forma, oppure sono scomparsi del tutto, lasciando solo il ricordo della loro presenza? Nella storia del pensiero, questa domanda ha ricevuto risposte divergenti.
La prospettiva della filosofia tradizionale
Tradizionalmente, molti filosofi hanno ritenuto che gli eventi passati siano eterni in un certo senso, in quanto, una volta accaduti, esistono come fatti immutabili che non possono essere cancellati o cambiati. Dal punto di vista realista del tempo, gli eventi passati continuano a "esistere" nel senso che la loro realtà non è diminuita dalla loro separazione dal presente. Ad esempio, Aristotele parlava di una realtà che, sebbene si sviluppi nel tempo, è fatta di eventi che sono stati realizzati e che conservano una certa realtà anche quando non sono più presenti nel nostro presente immediato.
Questa concezione implica che gli eventi passati siano "congelati" in una sorta di stato eterno. Una volta che un evento accade, esso "esiste" indipendentemente da noi, come una parte immutabile della storia. Questo concetto si avvicina a una metafisica del tempo come blocco, che diventa evidente in teorie come la teoria del blocco universale, in cui il passato, il presente e il futuro sono tutti "ugualmente reali" e coesistono, con il tempo visto come un’entità statica. In questa visione, tutti gli eventi, passati o futuri, esistono eternamente in un "blocco" di realtà, indipendentemente dalla nostra esperienza del flusso temporale.
Il paradosso del tempo. Il passato come non esistente
Tuttavia, alcuni filosofi hanno messo in dubbio l'idea che gli eventi passati possiedano una "realtà" continua nel presente. Ad esempio, John E. McTaggart (“The Unreality of Time”), ha proposto che la concezione lineare del tempo sia una mera illusione. Secondo McTaggart, il tempo può essere visto come una serie di "momenti" che si susseguono, ma ciò non implica necessariamente che il passato sia un'entità eterna. McTaggart distingue tra due modi di concepire il tempo: l'ordine A (che descrive il flusso del tempo, con il futuro che si avvicina al presente, mentre il passato diventa sempre più distante) e l'ordine B (che riguarda la relazione tra eventi e la loro esistenza a un livello più statico).
Nel suo approccio, McTaggart sostiene che l'ordine A sia essenziale per comprendere il nostro senso di temporalità, ma il passaggio dal "futuro" al "presente" e poi al "passato" significa che gli eventi passati, pur avendo avuto luogo, non esistono nel senso che il presente e il futuro esistono. In altre parole, mentre ricordiamo e riflettiamo sugli eventi passati, essi sono effettivamente "finito" nel tempo e non più "presenti". Di conseguenza, potrebbero non essere considerati "eterni" in modo ontologico, ma più come concetti relativi alla nostra memoria e al nostro modo di pensarli.
La prospettiva della relatività e della fisica moderna
Dal punto di vista della fisica relativistica, la visione del tempo come "lineare" e universale viene messa in discussione dalla Teoria della Relatività di Einstein, che suggerisce che il tempo non sia assoluto ma dipenda dal movimento e dalla gravità. La relatività crea una concezione più fluida e relativistica della temporalità, dove il passato, il presente e il futuro non sono "eterni" ma piuttosto interdipendenti e interconnessi in una struttura di spazio-tempo.
Tuttavia, anche in questa teoria, gli eventi passati, una volta che sono avvenuti, sono fissati e non possono essere cambiati, il che li fa sembrare "eterni" in un certo senso: una volta che un evento si verifica, è fissato in una certa regione di spazio-tempo. Nella relatività, il "passato" non scompare mai completamente, ma continua ad avere un ruolo come una parte di un "blocco" temporale immutabile. Quindi, in un senso pratico, potremmo dire che gli eventi passati sono "eterni", nel senso che continuano a fare parte della struttura del nostro universo, ma la loro "realtà" è legata alla nostra percezione e alla nostra posizione nel continuum spazio-temporale.
La prospettiva fenomenologica e psicologica
Dal punto di vista fenomenologico e psicologico, la nozione di "eternità" degli eventi passati potrebbe essere meno chiara. Sebbene gli eventi passati siano registrati nella memoria e possano continuare a influenzare il nostro presente, non possiamo fare l'esperienza diretta del passato se non attraverso i suoi residui: ricordi, documenti, tracce. La memoria stessa è imperfetta, e gli eventi passati non sono mai immediatamente accessibili come il presente. Da una prospettiva fenomenologica, quindi, gli eventi passati non potrebbero essere considerati eterni, poiché la nostra esperienza di essi è mediata dalla nostra soggettività e dalle strutture temporali della nostra mente.
Il passato come parte della realtà invariabile
Alcuni pensatori, come il filosofo Heidegger, hanno messo l'accento sull'importanza del passato nel definire chi siamo, ma non in termini di "eternità" oggettiva. Per Heidegger, il passato è essenziale per la nostra comprensione del presente, ma non è un'entità separata e autonoma: è inestricabile dalla nostra esistenza nel mondo. Il passato non è eterno come un oggetto fisico, ma è sempre presente dentro di noi come una parte della nostra condizione esistenziale.
Termodinamica ed entropia: una trattazione concettuale dell’entropia
L’energia di un sistema è una proprietà che possiamo utilizzare per decidere se un determinato stato - ovvero una certa condizione di dinamica energetica della materia - è raggiungibile o meno. Il modo per sapere se un determinato stato è raggiungibile spontaneamente, un indicatore di una trasformazione naturale e spontanea, che possa avvenire senza interventi esterni c’è ed è detta entropia. L’entropia di un sistema aumenta ogni qual volta che avviene una trasformazione spontanea, mentre essa può diminuire nel caso di una trasformazione non spontanea, ma una trasformazione non spontanea rompe l’isolamento del sistema.
Se ora noi consideriamo l’intero Universo, dove in base alla definizione di entropia ed ai tre principi della termodinamica, non possono avvenire trasformazioni non spontanee (altrimenti dovremmo ammettere un altro sistema esterno all’Universo, ma noi con il termine Universo intendiamo “tutto ciò che esiste”), l’entropia non diminuisce mai, ma aumenta sempre, ad ogni scambio di energia e condizione di stato della materia. Il concetto di entropia in sé afferma la naturale impostazione asimmetrica della natura, e può quindi essere considerato come un altro, ulteriore, aspetto del secondo principio della termodinamica.
Esso può essere enunciato in questo modo: ≪Qualunque trasformazione spontanea è accompagnata da un aumento dell’entropia dell’Universo≫.
In sostanza, giunti a questo punto, possiamo ulteriormente enunciare il punto focale di questo articolo e della nostra ricerca, con quanto segue e da me definito come costante progressiva dell’informazione:
Intendendo l’energia, e gli spostamenti di energia (con i relativi cambiamenti di stato della materia) come informazione, essa non può essere mai perduta ed esponenzialmente cresce in relazione il processamento delle informazioni precedenti (ovvero gli scambi di energia e cambiamenti di stato).
La nozione centrale, il fulcro cui voglio giungere con questo discorso, è che nei sistemi fisici, l'informazione (energia e relativi cambi di stato materici) non potendo essere mai in alcun modo distrutta allora non viene mai perduta, quindi l’informazione deve per forza di cose permanere, essendovi l’evento antecedente e causale al successivo. L’informazione resta, sempre, è solo trasformata e in un’altra forma e permane e comunque - per estensione logica - è parte integrante del processamento del sistema di informazioni generali.
A questo si aggiunge un altro concetto, altrettanto valido quanto il precedente, che ad ogni trasformazione e trasferimento dell'informazione, essa si accresce progressivamente in quantità e qualità a disposizione del Sistema e ciò in una grandezza che è definibile come entropia.
Di seguito i 3 predicati impliciti della costante progressiva dell’informazione:
Principio della conservazione dell'informazione
L'informazione contenuta in un sistema fisico non scompare, e sono i nostri strumenti e modelli che non la rilevano più, essa è traslata, mantenuta, conservata sempre per tutta la durata del ciclo cosmico in cui l’energia è presente ed agisce dinamicamente. Questo principio è in relazione con il secondo principio della termodinamica, che prevede l'irreversibilità dei processi (l'entropia cresce sempre nel tempo).
Paradosso dell'informazione del buco nero
Nessuna energia o corpo (e quindi informazione) può sfuggire a un buco nero, ma in accordo con la meccanica quantistica l'informazione non può andare persa mai (ovvero ridotta a non più esistente) e questo in nessun caso, poiché violerebbe il principio di unità della teoria quantistica stessa nonché il primo principio della termodinamica. Elementi suppletivi teorici e matematici (due per tutti: la "congettura dell'unità" e la "congettura di complementazione") cercano di circoscrivere e precisare la questione, proponendo che l'informazione è trasferita, codificata e mantenuta all'interno dell'orizzonte degli eventi del buco nero stesso.
Teoria dell'informazione quantistica
In fisica quantistica, e quivi l'approccio è assai pertinente a questo nostro lavoro, l'informazione è trattata come una quantità/qualità fondamentale, e il concetto di non perdita di informazioni diventa ancora più intrigante. Mi spiego. Secondo il teorema di conservazione dell'informazione in meccanica quantistica, anche in processi complessi e apparentemente disordinati (come la decoerenza quantistica, ovvero dove è la separazione tra mondo quantistico e classico), l'informazione rimane intatta, strutturata esattamente come essa era, e con tutti i suoi predicati e conservata. Questo è strettamente legato alla nozione di entanglement quantistico, in cui l'informazione tra due particelle può essere correlata, anche se una di esse si trova a distanze molto grandi e ciò poiché il contatto tra le due particelle diviene un evento di informazione e tale informazione non potendo essere persa, ha quindi stabilito una correlazione fenomenologica tra le due (un nesso permanente). Ovviamente la perdita di informazioni fisiche (in questo caso l’annullamento dell’evento di contatto tra le due particelle e che non abbiano più relazione tra loro) sarebbe contraria alle leggi stesse della termodinamica e della meccanica quantistica.
Ora c’è un aspetto da considerare ed è un diretto portato di quanto abbiamo logicamente ed empiricamente discusso sin qui, ovvero che dal punto di vista filosofico, la condizione di non perdita di informazioni fisiche solleva non poche questioni riguardo alla natura della realtà e della conoscenza. Due tra tutti, e sopra tutti, ovvero:
● se l'informazione non può in alcun modo essere persa, ciò va ad implicare che ogni evento energetico e ogni stato fisico sia in qualche modo "conservato", anche se non accessibile in modo diretto.
● che l'universo sia, ad un suo qualche livello, non solo un fenomeno ma anche un "deposito" di informazioni indistruttibili, sempre presenti, sempre esistenti, sempre “accadenti” e che lo scorrere del Tempo sia una conseguenza relativa, locale, illusoria.
Questi due punti, considerati assieme, automaticamente hanno implicazioni sull’approccio stesso ad un Universo deterministico, la causalità e la nostra stessa percezione della Realtà ed ora vedremo come in termini di speculazione filosofica e fenomenologica.
Fisica e considerazioni filosofiche circa il tempo
In questa prospettiva il tempo è strettamente legato allo spazio, è una sua conseguenza, ma è anche un fenomeno relativistico che “accade”, e non ha nulla a che vedere, realmente, con il motivo primo e struttura che ha determinato il cosmo. Tale assunto porta ad uno spostamento assoluto e radicale del concetto di tempo, accorpando in sé i tre principi della termodinamica e la località dei fenomeni, sia essi classici che quantistici. Con la parola "località" mi riferisco all'idea che un oggetto o fenomeno può essere osservato in tutte le sue caratteristiche energetiche e materiche solo nel luogo in cui si trova, e che gli effetti di un'azione siano limitati allo spazio circostante.
Tale assunto, ancora, direttamente riferito al tempo ci induce a pensare che il tempo non scorra ma, bensì, sia il fenomeno fisico a scorrere su una data linea temporale locale. Il tempo non scorre in sé, è l’accadimento fisico che acquisisce l’illusione del tempo ed esso si muove su un piano infinito ove tutte le possibilità di interazione energetica, scambi energetici, cambi di stato, sono già contemplati per quel fenomeno fisico in quella regione di universo e con quell’utilizzo di energia. Desidero essere ulteriormente chiaro verso i lettori e spingermi con quattro congetture puramente logiche e fondanti sul modello classico/quantistico oggi in uso. Ciò che intendo dire è che il tempo, nel senso tradizionale di "flusso" o "scorrimento", risulta essere un fenomeno conseguente il “funzionamento” del cosmo inteso come macchina nonché una costruzione della mente, quindi non una caratteristica fondamentale dell'universo.
Ci sono almeno quattro diversi assiomi che definiscono quanto sto indagando.
Relatività e la natura del tempo
Nella teoria della relatività di Albert Einstein, il tempo non è inteso come qualcosa di assoluto e universale che scorre ugualmente per tutti, il tempo invece è relativo e dipende dalla velocità dell'osservatore e dalla presenza di campi gravitazionali. Secondo la relatività speciale, più un oggetto si avvicina alla velocità della luce, più il suo tempo sembra "rallentare" rispetto a un osservatore, anch’egli in movimento, ma più lento, quindi il "flusso del tempo" è diverso a seconda del punto di vista dell'osservatore. Il tempo è influenzato dalla gravità, ciò a dire: in prossimità di un forte campo gravitazionale (esempio classico, un buco nero), il tempo scorre più lentamente rispetto a un'area con un campo gravitazionale più debole, questo effetto è stato verificato anche con orologi atomici posti a diverse altitudini sul nostro stesso pianeta e tale esperimento verrà ripetuto in futuro sia sulla luna che su marte. Quindi, dal punto di vista della relatività, non esiste un "flusso del tempo" uniforme che tutti percepiscono allo stesso modo ed a questo punto il tempo è più simile a una dimensione, come lo spazio, e non è un'entità che scorre in modo universale o con una sua costante numerica.
Il tempo come quarta dimensione
Nell’approfondimento del modello relativistico, il tempo è, invece, trattato come una quarta dimensione e, in quanto dimensione, non è assolutamente scontato esso scorra, o che scorra in una sola direzione oppure, ancora che non siano possibili fenomeni di reversibilità o post influenza, come evidenziato nei diagrammi di Feynman.
Desidero esplicare ulteriormente questo con un esempio: immaginiamo di guardare un oggetto posto nello spazio-tempo come se fosse un "blocco" unico di eventi e ogni punto nel blocco rappresenta un momento preciso nel tempo e nello spazio. In questa prospettiva, tutta la struttura del tempo esiste simultaneamente come una realtà statica, immobile, eterna, inalterabile e la nostra propria esperienza del "passare del tempo" è solo una percezione conseguente e relativa al nostro stesso movimento attraverso questa struttura.
La "freccia del tempo" e la percezione umana
La nostra esperienza quotidiana suggerisce ai nostri sensi e psiche che il tempo, oggettivamente, scorra. Tuttavia vorrei far notare che la percezione del passare del tempo è strettamente legata alla nostra biologia e alla organizzazione percettiva ed organizzativa della realtà demandata alla nostra coscienza. Il nostro cervello crea una determinata sequenza di eventi e fa percepire il fenomeno del tempo come un qualcosa che fluisce e che può essere suddiviso in un "prima" e in un "dopo", ma questo è un costrutto, un simulacro di un qualcos’altro, un simbolo psichico e al contempo metafisico frutto di una costruzione psicologica e non affatto un aspetto intrinseco della realtà fisica. Inoltre, la freccia del tempo è un concetto usato per descrivere la direzione in cui il tempo sembra andare e in fisica, questa direzione è legata all'aumento dell'entropia (disordine) in un sistema chiuso, come enunciato nel secondo principio della termodinamica. L'entropia tende ad aumentare nel tempo, il che dà una direzione al tempo: il tempo sembra andare sempre in avanti, verso stati di maggiore disordine ma, come detto sopra, se l’energia e la velocità di un sistema producono su esso stesso e localmente distorsioni, allora è plausibile che tale freccia sia elastica, ma anche - ad un livello per noi irraggiungibile - reversibile.
Tempo e livello classico e quantistico
In questo ultimo punto vorrei far notare quanto nel contesto della meccanica quantistica, a diffrazione di quello classico, il concetto di tempo e il suo comportamento, assumono una posizione ancora più ambigua e ciò perché la meccanica quantistica descrive le particelle e gli eventi come una serie di pure e semplici probabilità che si evolvono nel tempo. Tuttavia, la sua formalizzazione, teorica e matematica, non ha un concetto di tempo rigorosamente definito come nella teoria e modello classico. Se il concetto di tempo non è definito a livello quantistico, poiché in nuce a tale livello non serve affatto, allora possiamo suggerire che il fenomeno tempo, a livello quantistico, sia una "emergenza" - un effetto secondario e non assolutamente pertinente il meccanismo che ha originato e determinato il cosmo. Non è una qualità fondamentale dell'universo, è un effetto esotico, non è uno dei suoi predicati di “creazione” e di "accensione" ed “avviamento” parafrasando l’idea di un motore d’automobile.
La percezione del tempo come qualcosa che "scorre" è quindi un'interpretazione della nostra esperienza umana, ma non necessariamente un riflesso della realtà fisica ultima.
18 agosto 2025
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