Gaza e il tribunale morale di Pasolini

 

Per giudicare la complicità di una classe politica non basta un processo strettamente legale, seppur necessario, ma serve quello che Pasolini chiamava tribunale morale. 

 

di Ahmed Marouani

 

F. Goya, "Il tribunale dell'Inquisizione"
F. Goya, "Il tribunale dell'Inquisizione"

 

« Parlo proprio di un processo penale, dentro un tribunale. Andreotti, Fanfani, Rumor, e almeno una dozzina di altri potenti democristiani (compreso forse per correttezza qualche presidente della Repubblica) dovrebbero essere trascinati, come Nixon, sul banco degli imputati. »

 

Pasolini scriveva nelle Lettere Luterane che bisognava portare tutti in tribunale: Andreotti, Fanfani, i Democristiani, tutti coloro che avevano contribuito, con complicità o indifferenza, al male inflitto all’Italia. Ma attenzione non parlava di tribunale legale, di condanna penale. Parlava di un tribunale morale, storico, necessario, dove ogni cittadino ha il diritto di sapere chi ha causato dolore e ingiustizia, e il dovere di chiedersi il perché. Sapeva che il vero crimine non è solo quello manifesto, ma quello sistemico: le omissioni, i silenzi, la complicità di chi detiene il potere. Portare tutti in tribunale significava pretendere che ogni individuo e ogni istituzione si confrontasse con la propria coscienza, che la storia non fosse lasciata nelle mani di chi l’ha manipolata. E non era un discorso limitato al passato; era una lente per leggere ogni crisi contemporanea, ogni luogo dove il potere agisce senza responsabilità, e il danno ricade sui cittadini.

 

Oggi, guardando alla tragedia di Gaza, la stessa necessità morale si impone con urgenza. La responsabilità non è lontana, non riguarda solo chi bombarda o chi resiste riguarda anche chi finanzia, chi arma, chi tace, chi normalizza la guerra. E l’Italia, nel contesto internazionale, non può lavarsi le mani. Dalla politica estera al sostegno militare indiretto, fino alla complicità diplomatica nel silenzio, il nostro governo – dalla Meloni ai ministri coinvolti – è parte attiva in un sistema che permette che civili muoiano, che scuole e ospedali siano bombardati, che le vite siano ridotte a numeri su un comunicato stampa.

 

Il “tribunale morale” di Pasolini sarebbe chiamato a giudicare non solo le azioni evidenti, ma le scelte politiche  e morali implicite. Ogni governo italiano, oggi come ieri, dovrebbe spiegare perché le decisioni di politica estera privilegiano interessi economici, militari o geopolitici a scapito della vita dei civili. Dovrebbe rispondere di ogni silenzio diplomatico, di ogni parola non detta, di ogni pressione politica internazionale che ha reso possibile l’inerzia davanti alla sofferenza umana.

 

Non si tratta di ideologia, ma di responsabilità concreta. Quando lo Stato italiano invia armi indirettamente, quando approva sanzioni selettive, quando partecipa a alleanze militari senza mai mettere al centro la vita dei civili, sta producendo un danno concreto. Ogni cittadino ha il diritto di sapere chi ha deciso, chi ha firmato, chi ha autorizzato, chi ha chiuso gli occhi. E ha il dovere di chiedersi perché.

 

Il tribunale che Pasolini evocava non è retorico: è la chiamata a mettere la politica italiana di fronte alla propria coscienza. Dal Parlamento ai vertici del governo, dai partiti di maggioranza all’opposizione complice dell’inerzia, tutti devono rendere conto delle scelte che influenzano direttamente il destino di Gaza. L’Italia, con la sua storia recente e il suo ruolo internazionale, non può esimersi. Come scriveva Pasolini, il diritto di sapere e il dovere di chiedersi il perché non è negoziabile, è il fondamento della responsabilità civile e morale.

 

 

E allora sediamoli. Sediamoli sul banco degli imputati della storia. Ogni ministro, ogni parlamentare, ogni leader politico italiano. Seduti lì, a rispondere del sangue che scorre, delle scuole ridotte in macerie, degli ospedali cancellati, dei bambini uccisi. Sediamoli e facciamogli sentire il peso delle loro decisioni, delle loro omissioni, dei loro silenzi.

 

Qui non ci sono giustificazioni. Qui non ci sono interessi da proteggere. Qui c’è solo la vita dei civili, calpestata dal potere. Ogni firma, ogni parola non detta, ogni complicità diplomatica diventa accusa. Ogni calcolo geopolitico diventa condanna. Non possono scappare. Non possono girarsi dall’altra parte. La storia li giudica. Noi li giudichiamo. E se tenteranno di mentire, di negare, di nascondersi dietro la retorica, la verità li travolgerà. Ogni silenzio sarà esposto. Ogni calcolo opportunistico sarà inchiodato davanti agli occhi di chi ha sofferto, davanti agli occhi di chi ancora soffre.

 

Sediamoli, e guardiamoli. Fino a quando non risponderanno. Fino a quando non riconosceranno la loro colpa. Fino a quando non smetteranno di trasformare la vita in mero strumento di potere. Qui non ci sono scuse. Qui non c’è pietà. Qui c’è solo la condanna della storia, del popolo e della coscienza di chi ancora osa voltarsi dall’altra parte.

 

Che la loro coscienza tremi. Che il loro silenzio sia spezzato. Che la verità li inchiodi come meritano.

 

 

24 ottobre 2025

 







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