La disobbedienza

 

Stai fermo!”, “non si fa!”, “non si dice!”. Sono queste alcune delle frasi più frequenti che ci vengono dette fin da bambini. D’altronde, il genitore non può esimersi dall’impartire alcuni limiti ai propri figli. Eppure, c’è sempre ed è inesorabile, quel momento in cui il bambino disobbedisce. Perché lo fa? Cos’è esattamente la disobbedienza?

 

di Floriana Cacciatore

 

 

Prima d'interrogarci su che cos’è la disobbedienza e perché debba essere rivalutata, è opportuno far luce sul contrario di questo termine: l’obbedienza.

Il dizionario Treccani riporta il seguente significato:

 

« L’atto, il fatto di ubbidire, di accettare e cioè di eseguire un ordine o gli ordini. »

 

L’obbedienza è un concetto a noi molto familiare, riscontrabile già nei primi anni di vita, quelli in cui l’individuo si limita ad eseguire gli ordini impartiti da altri, senza mai farsi troppe domande. L’attuale educazione del bambino, infatti, è fondata nella maggior parte dei casi su una serie di regole in cui gli viene insegnato cosa è accettabile fare, pensare e cosa invece è proibito.

Il bambino però, è estremamente refrattario ad adattarsi a tutto ciò che gli viene imposto e, per tal motivo, esprime la sua volontà tramite gesti di disobbedienza, i quali, agli occhi degli adulti, sono principalmente associati all’età dell’infanzia e dell’adolescenza e percepiti come un qualcosa d’irritabile e immotivato. È interessante notare come questo comportamento tenda gradatamente a scomparire nel corso della crescita dell’individuo, cioè nella fase in cui la guida del genitore e dei formatori è meno pressante; nel corso di questa argomentazione, ci prefiggiamo lo scopo di analizzare il motivo per cui l’adulto smette di avvalersi di questa capacità che potrebbe invece essere potenzialmente preziosa se dosata con estrema diligenza.

 

 

Nell’adulto, la capacità di disobbedire potrebbe svelarsi solo in seguito ad una messa in discussione delle proprie idee, avallate di continuo ed inconsapevolmente da lui stesso. Il bambino, pur non possedendo le medesime capacità di ragionamento al pari di un adulto, giunge alla stessa risposta poiché sente con maggior impeto i suoi bisogni. È evidente che entrambi si approcciano alla disobbedienza con modi e scopi differenti. Per l’adulto, la disobbedienza non dovrebbe unicamente intendersi come un atto di difesa personale, e pertanto un gesto di liberazione da ideologie, persone e schemi circoscritti, ma anche e soprattutto come la più alta espressione di sé, esattamente come fa il bambino.

A tal proposito, Erich Fromm sostiene che:

 

« L’uomo ha continuato a evolversi mediante atti di disobbedienza. Non soltanto il suo sviluppo spirituale è stato reso possibile dal fatto che nostri simili hanno osato dire «no» ai poteri in atto in nome della propria coscienza o della propria fede, ma anche il suo sviluppo intellettuale è dipeso dalla capacità di disobbedire. » (E. Fromm, La disobbedienza e altri saggi)

 

Il connubio disobbedienza e sviluppo intellettuale è più evidente in coloro i quali si assumono la responsabilità di rifiutare e quindi di abbattere concretamente alcuni di quei luoghi comuni che non hanno più alcun rilievo nell’attuale società. Anche Bertrand Russell era al corrente di tutto ciò ed infatti scriveva, rivolgendosi al lettore, che:

 

« Trova più piacere in un dissenso intelligente che in un consenso passivo, perché, se apprezzi l’intelligenza come dovresti, noterai che il primo esprime un accordo più profondo del secondo. » (B. Russell, Un decalogo liberale)

 

La capacità di disobbedire è estremamente faticosa, richiede un vero e proprio sforzo psicofisico, dal momento che non comporta più una rassegnazione passiva, una tacita accettazione di modelli convalidati. Del resto, solo se riusciamo a cogliere la grandezza di questo gesto, ci sembrerà naturale trasgredire dinanzi alle ingiustizie che ognuno di noi vive nel suo piccolo.

 

 

A questo punto, una domanda che sorge spontanea è perché molti si soffermano ad obbedire - cioè accettare le cose così come sono - e meno a disobbedire: più nello specifico, ci chiediamo il motivo per cui l'obbedienza sia più favorita a discapito del suo contrario. La risposta probabilmente risiede proprio nella natura del disobbediente, e cioè che egli costituisce inevitabilmente una minoranza e pertanto le sue idee non ottengono un consenso rilevante nell'estenuante circolo delle idee comuni. In un tale contesto, il disobbediente, che potrebbe invece essere visto nell'ottica di una persona creativa, lungimirante e intellettualmente indipendente, viene scoraggiato ed emarginato dalla società. Fortunatamente, la storia ci fornisce un'innumerevole casistica di persone che nella loro epoca vennero accusate di promulgare teorie infondate, ma che poi sono ritornate in auge in epoche successive, proprio grazie a quelle idee stravaganti di cui vennero colpevolizzate. Alcuni esempi eclatanti di tali avvenimenti provengono da uomini che dovettero combattere contro una serie di pensieri imperanti per riuscire ad affermare le loro scoperte; tra questi spiccano sicuramente: Galileo Galilei che fu condannato per eresia e fu costretto ad abiurare; Democrito che accennò ad una prima teoria atomica intorno al 460 a.C., cioè in un periodo in cui la scienza, per come la si intende oggi, non era nemmeno stata concepita; Isaac Newton che si oppose al re e Martin Luther King che subì il carcere a causa della sua partecipazione ad una protesta non violenta contro la segregazione razziale.

 

Nell’attuale società, la dicotomia tra obbedienza e disobbedienza è sbilanciata di gran lunga verso la prima, nel senso che l’obbedienza ha un maggiore peso mentre invece la disobbedienza continua ad essere vista con un’accezione negativa. Tuttavia, non dovrebbe essere poi così paradossale dare risalto anche alla disobbedienza, dal momento che l’una può acquistare un’autentica valenza solo se viene espressa anche l’altra.

 

Alla luce di queste considerazioni, possiamo affermare che solo un uomo che conosce entrambi gli aspetti – disobbedienza e obbedienza – e  che sappia calibrarli a seconda delle vicissitudini, può fare affidamento su una straordinaria tempra.

Allora forse un domani, quando ci imbatteremo anche per puro caso in un’idea inconsueta, ci rifletteremo di più prima di giudicarla come frutto di mera irragionevolezza.

 

18 dicembre 2018

 










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