Il capo politico della folla

 

« Il popolo non preferisce chi lo cura, ma chi lo droga. »

N. Gómez Dávila, Escolios a un texto implícito

 

Copertina dell'album "Drones" della band Muse
Copertina dell'album "Drones" della band Muse

 

Tra la fine del diciannovesimo secolo e l’inizio del ventesimo, ci fu, in Occidente, l’avvento della “società di massa”. Questo processo fu determinato dall’affermazione della società industriale, dalla conseguente urbanizzazione e dall’apertura dei consumi a un pubblico sempre più vasto. In questo periodo le masse iniziarono a prendere coscienza di sé, organizzandosi attraverso una maggiore partecipazione politica e sociale. Questo nuovo fenomeno viene osservato attentamente dalle classi della media-alta borghesia, poiché ritenuto pericoloso per i loro interessi. Da tutto ciò – dalla paura – nasce la necessità di un’analisi attenta e dettagliata di ciò che le masse sono, di come irrazionalmente ragionano e di come mutano. Innumerevoli autori, nonostante la divergenza dei loro fini e dei loro interessi, descrivono e/o propongono un “capo delle folle”, capace di mettere freno alla potenza esplosiva delle masse e di guidarle attraverso i metodi più svariati. 

 

Ma come dovrà dunque essere questo “capo”? Quali saranno i suoi mezzi? Quali argomenti dovrà utilizzare per domare un fenomeno così terrificante e apparentemente inarrestabile? 

 

Il compito del capo della folla è quello di imprimere una fede, sia essa religiosa, sociale o politica, nella folla, per far sì che essa ubbidisca facilmente. Egli, il più delle volte, è quindi un uomo d’azione, poco avvezzo all’attività intellettuale, e si fa portatore di un’idea innovativa e ambiziosa. I suoi impegni sono incentrati sul presente e sono volti alla concretizzazione dell’idea che egli porta con sé.

 

Il condottiero necessita di una volontà forte, grazie alla quale egli sarà seguito dalla folla, poiché «la folla ascolta sempre l’uomo spinto da una volontà irriducibile, perché gli individui confluiti in una moltitudine, persa la propria, si volgono istintivamente a chi mostra di possederne una.» (G. Le Bon, Psicologia delle folle)

 

Il tratto fondamentale della “volontà” caratterizza il capo delle folle, e lo differenzia in coloro che possiedono una volontà forte ma momentanea e coloro che ne posseggono una costante e durevole. I primi si dimostreranno certamente più appariscenti ed esplosivi, ma il loro nome non sopravvivrà a lungo. I secondi, con volontà costante e durevole, potranno apparire poco importanti ai propri contemporanei, ma si dimostreranno certamente più influenti agli occhi dei posteri. 

 

Per quanto riguarda i metodi per l’assoggettamento della folla, il capo ha a disposizione diversi mezzi di suggestione. Tra questi, il più energico e immediato è l’esempio. Esso esalta le folle, ma solo nel breve periodo: è un mezzo di suggestione rapido. Il capo della folla deve essere in testa ad essa se vuole assicurarsi il saccheggio di un palazzo. Se invece l’intento del condottiero è quello di imprimere lentamente un’idea o una credenza nello spirito delle folle, i metodi basilari da utilizzare sono l’affermazione, la ripetizione e il contagio. Una frase – la più semplice e concisa possibile –, una volta affermata va ripetuta incessantemente e sempre negli stessi termini. Solo così si avrà il contagio nella folla, dove la presenza stessa del capo non sarà più necessaria. La folla, una volta caduta dalla forza della suggestione, non necessiterà più di spiegazioni o dimostrazioni, ma si accontenterà di slogan concisi e taglienti. Ciò la porterà in uno stato di irrazionalità, di abbandono di ogni capacità critica, tale da renderla completamente manipolabile

 

 

La manipolazione del linguaggio è un altro forte mezzo del capo della folla. Nel linguaggio viene infatti esaltata una sorta di funzione “magica” delle parole, insieme al loro aspetto fascinoso e illusorio. Vengono coniati nuovi termini e persino le parole vecchie acquistano un senso nuovo, funzionale agli obbiettivi del capo che le utilizza.

A questo viene accompagnato l’introduzione di una serie di “rituali”. I capi politici, infatti, investono l’intera vita delle masse con nuovi riti ovvero con azioni onnicomprensive che mirano a sacrificare l’"Io" in favore del “noi” (uno dei riti più emblematici può essere riconosciuto nella modulazione del saluto tra comuni cittadini). Ogni azione politica viene assunta come rito, ogni azione del popolo si fonde con un rito politico preciso. Questa pervasività e ripetitività dei riti – compiuti da tutti allo stesso modo – ha come effetto uno svigorimento della capacità critica del singolo e la soppressione del senso di responsabilità individuale. Quest’ultima viene sostituita da una responsabilità collettiva, di massa. Si genera quindi uno stato di acquiescenza condiviso dalla collettività, dove tutto viene accettato passivamente, senza capacità critica

 

I capi politici moderni non mirano, come i loro antenati, a ottenere un effetto materiale (ovvero a costringere qualcuno con la forza ad agire in un determinato modo), ma a cambiare la stessa natura umana, in modo da non dover fronteggiare più gli ostacoli che da essa sono generati. Dalla costrizione si è dunque passati alla corruzione dell’animo.

 

Infine, un’altra importante caratteristica è l’illusorio rapporto paritario tra capo e membro della folla. Nelle folle infatti «vige la medesima illusione, in base a cui esiste un capo supremo […] che ama di amore uguale tutti i singoli componenti della massa.» (S. Freud, Psicologia delle masse e analisi dell’Io) Ciò rafforza sia il legame capo-folla, sia quello tra i membri della folla stessa, poiché si ritrovano ad avere un sentimento comune verso un unico uomo: il capo.

 

Il tema del capo della folla, dell’assoggettamento di quest’ultima e dei pericoli ad esso relativi non smettono di essere attuali, nonostante la dinamicità del mondo occidentale a noi contemporaneo. La storia è costellata da figure che, grazie al loro carisma e alle tecniche adatte, sono riuscite a manipolare le folle a loro piacimento, mandandole al massacro o facendole compiere atti di violenza inaudita. È bene preservare la nostra individualità, porre i nostri pensieri in continua discussione, diffidare da facili slogan privi di argomentazione e nutrire costantemente la nostra capacità critica, per non far parte – consciamente o inconsciamente – di una folla assoggettata al volere del capo.

 

28 agosto 2019

 







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