Il fine giustifica i mezzi?

 

Il fine giustifica i mezzi: un’ottima scusa per giustificare l’utilizzo di metodi amorali e violenti in favore di un obiettivo buono e nobile. Oppure no? Siamo proprio sicuri che una conclusione onesta legittimi ogni strada percorsa per raggiungerla, comprese quelle che presuppongono una gran quantità di male?

 

di Diletta Mantovan

 

Dopo essere arrivati ad una conclusione in seguito ad un ragionamento, è un momento molto importante quello della comunicazione, e quindi della messa in pratica della scoperta. Infatti, se essa non venisse comunicata al mondo non potrebbe avvenire quel miglioramento così essenziale per il progresso complessivo dell’umanità, e resterebbe prerogativa di quelle poche persone che ci sono giunte, morendo con loro. Tuttavia questo momento può risultare lungo e ostico perché, per quanto la conclusione possa essere giusta e perfetta, convincere tutti gli altri di ciò richiede molto tempo e pazienza, in modo che chiunque possa confrontarsi, sollevare le proprie obiezioni e chiarire i propri dubbi  per ottenere una completa conoscenza di essa. Non è raro, perciò, che qualcuno cerchi una via più semplice e veloce per comunicare ciò che ha scoperto

 

Propaganda inglese, 1915
Propaganda inglese, 1915

Uno dei metodi, a cui soprattutto politici e potenti sono ricorsi nel corso della storia, è, ad esempio, la propaganda: essa consiste infatti in un insieme di azioni dirette a pubblicizzare e a favorire gli intenti di chi le mette in atto, fornendo immagini intuitive che, a prima vista, persuadono chi le osserva a comportarsi in un certo modo. Se, per esempio, per uno Stato la cosa più giusta sembrava entrare in guerra, ma necessitava di soldati per aumentare le file dell’esercito nel più breve tempo possibile, la città veniva cosparsa di manifesti che, grazie al loro forte impatto, inducevano gli uomini ad arruolarsi. Ciò nonostante questi metodi alternativi non sempre sono adeguati, anzi: praticamente sempre si ricade nella violenza, cioè nell’imporre ai destinatari un'idea, senza che essi capiscano veramente perché essa sia giusta.

 

 A questo punto verrebbe da chiedersi: è opportuno, per sveltire la messa in pratica dell’idea, ricadere in metodi violenti? Ossia, per utilizzare un’espressione attribuita a Niccolò Machiavelli: il fine giustifica i mezzi? A prima vista a questa domanda si potrebbe rispondere in maniera affermativa: a chi importa il modo con cui trasmetti un’idea se questa è giusta e può migliorare la vita delle persone? Tuttavia, pensandoci bene, nel momento in cui a qualcuno viene imposto qualcosa che non ha capito, faticherà a vedere quel qualcosa come buono e giusto: sarà obbligato a compiere delle azioni per una causa che non comprende e, proprio per questo, non appena le circostanze saranno opportune, troverà il modo per evitare di farlo e condizionerà anche le altre persone che si trovano nella sua situazione, dando così vita ad una ribellione.

 

Proprio per questo la storia è un continuo susseguirsi di rivoluzioni che portano alla distruzione di stati interi e alla morte di milioni di uomini. Infatti, per definizione, una rivoluzione è un insieme di azioni che portano a un cambiamento radicale: si parte perciò da una situazione di malcontento pubblico, in cui si parla di come potrebbe migliorare la società in modo che tutti possano vivere in modo più conveniente.  Questa situazione sfocia ben presto in una ribellione, in una serie di battaglie in cui si cerca di imporre agli altri la situazione tanto agognata. Tuttavia non tutti vedono una conclusione positiva in seguito a una guerra; la condizione in cui molti vivono alla fine è stata loro imposta, pertanto sognano una situazione migliore, talvolta più simile a quella iniziale, e perciò ci si ritroverà di nuovo al punto di partenza: le "vittime" cercheranno un modo per mettere in pratica la situazione che desiderano e, la maggior parte delle volte, questo presupporrà l’uso della violenza.

 

È questo il caso delle grandi rivoluzioni della storia, come quella Americana e quella Francese, ma è anche il caso delle grandi guerre, come la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. Questi procedimenti violenti, però, non sono solo tipici delle grandi rivoluzioni o dei grandi eventi che costellano la storia: essi sono ampiamente utilizzati anche nella vita di tutti i giorni. Ciò avviene talmente spesso che la frase il fine giustifica i mezzi in questi tempi è considerata al pari di un proverbio o un modo di dire. Infatti molto spesso alle persone non interessa il modo in cui realizzano un loro obiettivo, né che coloro che le circondano capiscano i motivi per cui facciano ciò: per la maggior parte delle volte questo accade perché esse si sottraggono al confronto, dando per certo che il loro obiettivo sia giusto anche quando in realtà non lo è.

 

Ecco quindi la risposta alla domanda iniziale: il fine non può giustificare i mezzi, perché il fine non è altro che i mezzi e i mezzi non sono altro che il fine. Perciò, la scelta migliore quando si tratta di condividere e di mettere in pratica un cambiamento che interessi altre persone è quella del confronto con esse: infatti tramite questo processo possiamo essere certi che il risultato finale sarà buono e che tutti lo comprendano appieno.

 

7 marzo 2019 

 









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