Cifre come proiettili. Riflessioni sulle sparatorie negli U.S.A.

 

Paragonata alle altre nazioni, l’America ha un grosso problema di omicidi da arma da fuoco, un problema che non accenna a diminuire. Forse perché le armi sono diventate la risposta perfetta contro altre armi, forse perché in nome della difesa personale o del Secondo Emendamento questa risposta è stata legittimata.

 

di Giulia Scapin

 

 

Il 2019 è stato un anno negativo per gli Stati Uniti considerando l’impressionante numero di sparatorie fino ad oggi. Dal 1° gennaio al 10 settembre, secondo l'associazione Gun Violence Archive, ce ne sono già state 354, che hanno provocato complessivamente la morte di 420 persone e il ferimento di altre 1.367. E il problema non riguarda soltanto le sparatorie: si stima che ogni anno nel paese muoiano più di 30.000 persone a causa delle armi da fuoco, una media di quasi 30 persone ogni milione di abitanti. Se si confrontano questi dati con quelli di altri paesi nel mondo risulta sorprendente sapere che negli USA vi è un numero così elevato di vittime legate alle armi da fuoco da poterlo tranquillamente paragonare a paesi solitamente considerati più problematici sotto il profilo della sicurezza (Pakistan, Sudan, …).

 

I tentativi di spiegare questo fenomeno hanno tirato in ballo la diffusione delle malattie mentali, la violenza associata alle discriminazioni etniche e religiose e persino la popolarità dei videogiochi violenti. Queste condizioni hanno certamente un peso, ma sono valide anche per nazioni in cui le sparatorie di massa sono sporadiche. Sembrerebbe appunto che l’eccessivo numero di persone uccise con armi da fuoco nel territorio americano non sia direttamente collegato a fattori che influiscono sul tasso di violenza di un paese, in quanto il numero di crimini violenti risulta in linea con gli standard di altri paesi sviluppati. Per rispondere a tale questione, un interessante studio (condotto da Franklin E. Zimring e Gordon Hawkins e pubblicato nel libro Crime Is Not the Problem), ha dimostrato che gli Stati Uniti non sono un paese eccezionalmente violento, ma piuttosto sono un Paese in cui la violenza risulta complessivamente più letale. Si è verificato precisamente che, se si considerano omicidi e feriti nel periodo 2001-2015, le ferite riportate in un'aggressione con un'arma da fuoco sono state fatali nel 18,7% dei casi, mentre con un'arma da taglio (il secondo tipo di armi più frequentemente utilizzate negli omicidi) sono state fatali soltanto nell'1,5% dei casi. Di conseguenza, sebbene i feriti con armi da taglio siano 2,4 volte in più dei feriti di armi da fuoco, le vittime di arma da fuoco sono sei volte più delle vittime con arma da taglio. Ebbene più è alta la probabilità di trovare uno strumento letale come le armi da fuoco, maggiore è il pericolo di esserne vittime. Questa correlazione è stata meglio approfondita in uno studio effettuato dall’American Public Health Association, il quale ha rilevato che effettivamente c’è una diretta connessione tra diffusione di armi e numero di omicidi perpetrati con le stesse. Lo studio in questione ha analizzato una serie di dati sugli omicidi con armi da fuoco fino al 2010 cercando di capire se vi fosse realmente una relazione tra cambiamenti nel tasso di possesso di armi e il numero di uccisioni con armi. Il risultato emerso dimostra che ogni 1% di incremento nella proporzione di possesso di armi da fuoco si traduce in un incremento dello 0,9% nel numero di omicidi. Alla luce di tali considerazioni, trovano risposta le 30.000 vittime precedentemente citate se si considerano le grandi quantità di armi da fuoco presenti nel territorio americano. Secondo una ricerca condotta dalle università di Harvard e Northeastern, negli Stati Uniti si contano circa 265 milioni di armi da fuoco possedute da privati: cifre così elevate da renderlo il paese con il più alto numero di armi da fuoco in mani civili nel mondo, sia pro capite, poiché risultano circa 89 armi ogni 100 abitanti, sia in assoluto, in quanto gli americani possiedono quasi il 42 per cento delle armi del mondo pur rappresentando soltanto il 4,4 per cento della popolazione mondiale.  

 

Ci si domanda per quale motivo circolino liberamente così tante armi da fuoco, pur non essendoci nel territorio statunitense particolari situazioni di crisi o guerra. Secondo alcuni dati raccolti dal sondaggio biennale General Social Survey (GSS), alla domanda per quale motivo avessero acquistato armi, la maggioranza degli intervistati, circa il 67 per cento, affermò di voler possedere un’arma soprattutto per garantire la propria sicurezza e quella della famiglia da eventuali pericoli. Questa idea spingerebbe il cittadino a desiderare un mezzo per proteggersi, poiché «se fosse armato, in caso di necessità, sarebbe in grado di rispondere a sua volta e di fermare ciò che lo minaccia». Una linea di pensiero condivisa per la sua apparente ragionevolezza da molti cittadini americani, tra i quali l’attuale presidente Donald Trump, che in campagna elettorale, parlando della strage di San Bernardino in California, disse: «Se la California avesse avuto armi dall’altra parte, con pallottole che andavano nell’altra direzione, non avrebbe 14 o 15 morti».  

 

 

Un esempio molto eclatante a questo riguardo ci fu dopo la strage di Sandy Hook, quando la National Rifle Association (una delle associazioni più importanti nella lobby a favore delle armi) propose di fare una legge per consentire agli insegnanti di portarsi in classe una pistola per proteggere loro e i propri studenti, e si giustificò dicendo che: «Tutti dovrebbero avere un’arma. Se si privano le persone della possibilità di difendersi le si rende soltanto bersagli facili». La proposta fu rifiutata, ma soltanto nell’Ohio più di 900 insegnanti, collaboratori e impiegati scolastici si mossero ed iniziarono corsi per imparare ad usare un’arma da fuoco in caso di emergenza. Tale scelta nasce ed è alimentata dalla paura costante infondata di possibili minacce e dall’idea che qualcuno, da qualche parte, sia pronto ad irrompere e attaccare in qualsiasi momento. Questo è il motivo per il quale sparatorie o episodi simili tendono, statisticamente, ad aumentare le vendite di armi. Lo dimostra Wall Street che, dopo la strage di Las Vegas, la più tragica sparatoria di massa negli Usa con 59 morti e 500 feriti, vide i titoli dei più grandi produttori di armi aumentare rapidamente. O ancora, nella settimana della strage di Southerland Springs, quando l’AR-15, il modello di fucile usato dal killer, fu il più comprato dagli americani.

 

Episodi di violenza in qualche modo chiamano alle armi e, grazie alla paura, rendono ragionevole immaginare di doversi difendere per tutelare la propria incolumità anche quando la stessa non è affatto messa in pericolo. Tuttavia, da ciò che fino ad ora è emerso, se da un lato possedere una pistola dà agli statunitensi un senso di maggiore sicurezza, dall’altro è proprio quel possedere una pistola che probabilmente porterà ad una situazione futura di insicurezza. Se questa ideologia perseverasse nella mentalità comune si verrebbe a creare una sorta di circolo di contraddizioni in cui l’elevato numero di armi porterebbe ad un aumento della violenza armata, alla quale i cittadini risponderebbero comprando e mettendo in circolazione nuove armi, che, paradossalmente, andrebbero ad aumentare il livello di violenza armata iniziale. Ciò su cui bisognerebbe agire dunque è la concezione stessa degli americani dell’idea di possedere o meno una pistola e del motivo per il quale possederla. Su questo fronte, grandi contributi possono dare l’opinione pubblica e lo Stato incentivando, ad esempio, l'adozione di leggi miranti a regolamentare e limitare il possesso di qualsiasi tipo d’armi da fuoco.

 

A tal fine, nel 2012, Barack Obama incaricò il vicepresidente Joe Biden di studiare una riforma drastica, che non si limitasse a mettere al bando le armi da guerra, ma che rivedesse in modo radicale anche i requisiti con cui si fosse potuto richiedere anche una semplice pistola. Tuttavia, il Congresso non approvò mai alcuna norma volta a istituire un miglioramento del cosiddetto gun control; il Senato respinse la richiesta di messa al bando delle armi d’assalto, che ricevette solo 40 voti a favore su 100, mentre la NRA andò vicina a mandare in porto un disegno di natura opposta volta a deregolamentare ulteriormente il possesso di armi. Infatti, oltre all’opposizione dei repubblicani, Obama dovette scontrarsi con il peso e l’influenza che ricoprivano (e ricoprono tuttora) le lobby d’armi negli ambienti politici degli Stati Uniti. Si pensi che, secondo il Center for Responsive Politics, un gruppo di ricerca che monitora la spesa delle lobby nel Congresso, solo l’anno scorso le organizzazioni per la libera circolazione di armi hanno speso 12.450.000 dollari in lobby, contro i 2.040.00 dollari dei gruppi a favore di un maggiore controllo. A questo aspetto va inoltre aggiunto il fatto che limitare il possesso di armi significherebbe andare contro al Secondo Emendamento della Costituzione americana e andare contro alla volontà stessa di una parte dei cittadini che considera il possesso di un’arma come una delle più importanti libertà garantite dalla legge. Porre mano a questa normativa risulterebbe dunque molto complicato perché si tratterebbe di modificare una legge largamente supportata e antica quanto la stessa Costituzione. Non solo con Obama, ogni qualvolta viene proposta una legislazione più restrittiva sul possesso di armi da fuoco, politici e lobby pro armi si appellano al testo del Secondo Emendamento, che recita: «Poiché una milizia ben regolata è necessaria alla sicurezza di uno Stato libero, il diritto del popolo di possedere e portare armi non può essere violato».  

 

 

L’utilizzo di questo linguaggio in passato ha creato non pochi dibattiti in merito all’interpretazione di quanto esposto, giacché alcuni sostenevano che il diritto di possedere e portare armi fosse un diritto collettivo (il cui titolare è "il popolo") che poteva essere esercitato solo collettivamente da coloro che prestavano servizio militare nella milizia di difesa dello Stato, altri ritenevano invece che il diritto fosse appartenuto a tutti gli individui e che questi lo potessero esercitare non solo per la difesa collettiva, ma anche per altri scopi legittimi ammessi dalla legge. Per scacciare eventuali dubbi, nel 2008 la Corte Suprema si pronunciò in materia dando vita ad un’interpretazione che avrebbe dato una svolta negativa nell’innalzare il numero di armi negli Stati Uniti. Nell’area di Washington D.C. si stava contestando la costituzionalità del divieto di possesso di pistole; si trattava di una normativa allora in validità da 32 anni e considerata da molti come la più stringente in tutto il paese. La Corte, sentenziò che il Secondo Emendamento stabiliva un diritto individuale per i cittadini americani di possedere armi da fuoco e ritenne il bando per le pistole nell’area di Washington un atto in violazione di tale diritto. Questa posizione più volte ribadita dalla Corte, fece sì che milioni di americani potessero comprare legalmente (e facilmente) qualsiasi tipo d’arma in nome della legittima difesa. In merito al tema, Donald Trump espresse la sua approvazione sulla questione con queste parole:

 

« Il Secondo Emendamento della nostra Costituzione è chiaro. Il diritto delle persone di tenere e possedere armi non deve essere infranto. Esso garantisce un diritto fondamentale che appartiene a ogni americano rispettoso della legge. La Costituzione non crea questo diritto: assicura che il governo non possa portarlo via. I nostri Padri Fondatori sapevano, e la nostra Corte Suprema lo ha sostenuto, che l’obiettivo del Secondo Emendamento è di garantire il nostro diritto di difendere noi e le nostre famiglie. Ciò fa riferimento all’autodifesa, pura e semplice. È stato detto che il Secondo Emendamento è la prima libertà americana. Questo è il motivo per il quale il “diritto di tenere e possedere armi” protegge tutti gli altri nostri diritti. Siamo il solo paese al mondo con un Secondo Emendamento. Proteggere questa libertà è un imperativo. »

 

 

Quello che sottolinea il presidente Trump è vero, gli Stati Uniti sono l’unico paese dotato di un Secondo Emendamento che rende il possesso d’armi un diritto da tutelare. Tuttavia, è opportuno basare la propria argomentazione sul fatto che questo diritto sia intoccabile soltanto perché garantito dalla Costituzione?

Sembrerebbe di no, perché, indipendentemente dal trovarsi o meno sulla Costituzione, una legge, se poco efficace o addirittura svantaggiosa, dovrebbe essere modificata e perfezionata. Una legge perde la sua utilità se non soddisfa lo scopo per cui è nata, ossia quello di migliorare la vita all’interno della comunità. Il Secondo Emendamento in America ha permesso e tutelato la creazione del più grande traffico d’armi al mondo, che poi si è rivelato essere determinante nei decessi causati da armi da fuoco. È chiaro che legiferare in materia non è semplice, sia per l’effettiva influenza delle lobby sulla politica sia per la reale riluttanza da parte di buona parte degli americani a rinunciare a parte di quello che ritengono un diritto. Tuttavia, appare opportuno per gli Stati Uniti agire il prima possibile per rendere il sistema dei controlli ben più efficace e stringente di quanto sia ora per contenere la diffusione delle armi nel paese e soprattutto per prevenire e limitare nuovi episodi di violenza armata.

 

24 novembre 2019

 









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