La filosofia: amica della vita pratica o inutile astrazione?

 

La filosofia ha sempre accompagnato l'essere umano, sia nelle vesti di umile consigliera sia in quelle di forte guida. Il mondo intero si sta chiedendo se sia meglio allontanarsi oppure continuare ad amare questa compagna severa. Qual è la scelta migliore?

 

 

Siamo protagonisti di un’epoca in cui la filosofia è costantemente reputata inutile, propositrice di utopie e pura astrazione. Ciò accadeva, però, già millenni fa, perfino nell’antica Grecia, ossia la beata culla della civiltà occidentale. Già ad Atene, sia le masse popolari sia i ceti dirigenti, erano soliti definire la filosofia con gli stessi oltraggiosi appellativi. L’uomo comune ha sempre cercato la concretezza e la praticità, proprio perché bramoso soltanto di ciò che è utile nella vita quotidiana. I discorsi concernenti il principio di tutte le cose, l’archè, sono da sempre considerati vani, proprio perché ritenuti inutili e inapplicabili. 

 

Socrate, nella Repubblica, invita a un’efficace riflessione rispondendo a Glaucone, fratello di Platone, che nel dialogo rivolge obiezioni alla fruttuosità della filosofia. Socrate cerca di calarsi al livello dell’interlocutore, tanto desideroso di esempi pratici, chiedendogli « Sarebbe meno bravo il pittore che dopo aver dipinto un modello di quel che sarebbe l’uomo più bello, ritraendone ogni parte in modo adeguato, non fosse poi in grado di mostrare che un tal uomo possa davvero esistere? » Certamente no, come difatti non era meno bravo il filosofo, ossia Socrate stesso, che proponeva iniziative per fondare la città ideale, soltanto perché complesse da attuare in una città corrotta come l’Atene del tempo. 

 

Dunque, tornando ai giorni nostri, non è saggio considerare inutile il filosofo che si occupa, ad esempio di metafisica, solo perché le sue considerazioni non sono palesemente pratiche o facilmente comprensibili al grande pubblico. 

 

Quel che spesso si dimentica è che l’atteggiamento filosofico, proprio perché inerente all’indagine sull’essenza delle cose, la ricerca dei principi e la propensione a motivare la saldezza di ciò che si dice, pur non erigendosi a esplicito consigliere o guida, in egual modo è la massima forma di praticità, poiché è in grado di costituire il fondamento di ogni pensiero e azione. 

 

Facendo riferimento nuovamente alla filosofia platonica, prendendo in esame un dato riscontrabile nella Repubblica, il filosofo è colui che è in grado di afferrare l’intelligibile e dunque l’unico idoneo a imitarlo nel mondo sensibile, prendendolo come modello. È attraverso la mappatura delle idee e la conoscenza delle loro relazioni che il filosofo potrà riprodurre nel modo più rigoroso possibile ogni idea, soprattutto le idee delle quattro virtù fondamentali: saggezza, coraggio, temperanza e giustizia. E cosa c’è d’altronde di più pratico delle virtù, se riprodotte quasi in egual modo, nel mondo sensibile? La saggezza, ad esempio, comporta la conoscenza effettiva delle cause per compiere meglio ogni azione e agire in modo scrupoloso, mentre il coraggio concerne il rifiuto d’ogni vigliaccheria e l’abilità di lottare per ciò che si ritiene giusto. Inoltre, ancor di più, la temperanza è la capacità di non cedere ai piaceri del corpo per coltivare quelli dell’anima, perciò ha in sé una notevole efficacia pratica. La giustizia, invece, se posseduta, comporta integrità morale e la rettitudine di ogni atto.

 

 

Sempre nella Repubblica Socrate propone un’immagine per mettere in luce sì che il filosofo è reputato inutile dalla società, ma non per questo inferiore a essa per valore, portando l’interlocutore a immaginare una situazione simile all’interno di una nave. Su questa nave c’è un armatore, più forte di ogni altro membro dell’equipaggio, ma quasi del tutto sordo, cieco e privo di ampie conoscenze nautiche. Gli altri marinai si contendono il potere, pur essendo anch’essi mancanti della tecnica necessaria, cercano di sovrastarsi a vicenda e tentano di delegittimare anche lo stesso armatore. Nel frattempo, l’unico uomo in grado di essere un vero capitano, poiché conosce le condizioni del tempo, gli astri e i venti, se ne starà in disparte e sarà reputato da tutti « l’uomo con la testa nelle nuvole, chiacchierone e inutile a bordo di navi così organizzate. » Quell’uomo ignorato e trascurato ma possessore di scienza è il filosofo.

 

Come lo Zarathustra di Nietzsche, anche la filosofia stessa è per tutti e per nessuno, ma non per questo bisogna compiere due gravi errori: Il primo, forse il più tremendo, è quello di restringere il campo d’azione della filosofia ai soli circoli intellettuali, mostrandosi alla comunità come un’élite capace di utilizzare termini aulici e specialistici con il solo scopo di apparire più colti e superiori. 

 

Il secondo errore, antitetico al primo, si commette quando, pur avendo il nobile fine di rendere la filosofia accessibile a qualsiasi fascia della popolazione, la si banalizza riducendola ad una chiacchiera elementare, a un’ordinaria inclinazione al dubbio o alla riflessione, sminuendo così la filosofia stessa. La filosofia però è molto di più. 

 

La filosofia è per tutti, ma per tutti quelli che amano mettersi in discussione, che sono pronti a cambiare idea e che sono curiosi e tolleranti nei confronti delle opinioni altrui. E come dice Platone, sempre nella Repubblica: « È dunque impossibile che la folla sia filosofa. » Perciò si può avere legittimamente la missione di rendere accessibile questa disciplina ai più, ma come tutti gli strumenti nobili e potenti, se nelle mani sbagliate, rischiano di diventare arnesi inutili o, nel peggiore dei casi, pericolosi.

Come insegna Aristotele con astuta maestria, tra i due estremi, il giusto mezzo è la migliore soluzione da attuare. Il filosofo non è il sapiente, tutt’altro. Chi è allora costui? Per Platone il filosofo è chi è in grado di cogliere il mondo delle idee e che, dunque, è capace di imitarlo. Egli è colui che, in virtù della conoscenza del bene, non potrà mai compiere il male. Il filosofo possiede tutte le virtù, specialmente le quattro necessarie elencate sopra. Il filosofo è l’unico uomo libero, sia dalle passioni sia da ogni padrone, poiché autarchico e inseguitore del bene per se stesso e per gli altri. Egli non è manchevole di nulla e non pretenderà mai nessun ruolo di potere, poiché ogni richiesta di consenso equivarrebbe a rendersi schiavo dell’altrui decisione. 

 

Come allora, anche oggi siamo invasi dalla presenza di falsi filosofi, soltanto armati dell’arte della retorica e di menzogne adatte a ogni occorrenza. Il filosofo non deve arrogarsi il compito di istruire gli altri, erigersi a maestro o condottiero, non deve pretendere il potere. Il filosofo, secondo me, dovrebbe avere due ruoli: quello di generatore di domande e quello di contestatore di contraddizioni e falsità. Il suo ruolo dovrebbe essere quello di avvisare le persone nel momento in cui formulano idee, spacciandole per verità, quando esse sono in realtà soltanto frutto d’opinione e non di conoscenza certa e incontrovertibile, ossia di epistème

 

Dovremmo compiere tutti un grande passo indietro, che in realtà sarebbe un gigantesco salto in avanti: ossia quello di tornare a chiederci il perché le cose stanno come stanno, ricercare la causa prima di ogni cosa, e non soltanto il fine utile e tecnico. Cosa c’è d’altronde di più concreto della filosofia, e ancor di più della metafisica? La metafisica andrebbe riconsiderata. Essa va sì oltre la fisica ma non la dimentica, anzi il suo scopo è prendersene cura grazie alla conoscenza del principio, della causa, dell’archè. La metafisica è amica della fisica proprio come la filosofia è amica della vita pratica, soltanto che se ne stanno quasi tutti dimenticando.

 

 

23 gennaio 2023




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