Dopo mesi in cui i media sono stati costretti a raccontare massacri, demolizioni, torture e bombardamenti sui civili di Gaza, finalmente si apre uno spiraglio tra le nubi: il progetto di Trump e Bibi per la Striscia è finalmente pronto, salutato con giubilo e incontenibile eccitazione a reti unificate. Ma c'è un dettaglio in particolare, un nome, che rende l'ultima trovata israelo-americana ancora più simile a un film dell'orrore: Sir Tony Blair, il politico che i palestinesi certo non si meritavano...
The Blair Witch Project è una perla del cinema horror indipendente di fine anni Novanta: realizzato montando registrazioni di una videocamera, ricostruisce la storia di un gruppo di ragazzini che si recano in un bosco maledetto in cerca della leggendaria Strega di Blair... che li massacra uno per uno. Una trama semplice, neanche troppo originale, per una pellicola che dà il titolo all'Incursione di oggi, dedicata al nuovo progetto di Donald Trump per la Striscia di Gaza.
Ma cos'hanno in comune The Blair Witch Project e il nuovo piano per Gaza? Un sacco di cose: tanto per cominciare, sono entrambi film dell'orrore.
Quando, pochi giorni fa, trasmesso in contemporanea da Rainews24, Tgcom24 e SkyTg24, Benjamin Netanyahu ha espresso immensa soddisfazione per il nuovo “progetto” benedetto da Trump, ci siamo tutti sentiti pervasi da un intimo tepore.
Tanto per cominciare, tutte le testate in questione hanno commentato quel progetto chiamandolo “piano”: un nuovo piano per Gaza, una proposta per Gaza, un progetto per Gaza. Tutti vocaboli rassicuranti, propositivi, allegramente ingenui. Il messaggio sottinteso è: “Finora, nessuno sapeva come uscire dal ginepraio palestinese; grazie al Cielo, ora abbiamo una via, un’ipotesi di lavoro!”
Poco importa se poi questo progetto si riveli una delle peggiori idee mai partorite dalla politica internazionale; mica vorremo fare sempre i soliti criticoni-gufi-rosiconi che parlano, parlano e non propongono mai nulla, giusto?
Ed ecco servito il piano Trump-Netanyahu: la Striscia di Gaza verrà completamente spianata, demolita e soggiogata da Israele. Il termine che riassume l’intero progetto è sinistro e familiare al contempo: protettorato.
La Striscia di Gaza diventerà quindi un protettorato israelo-americano, e non è chiaro se vi si potranno mai ristabilire i basilari diritti civili e politici.
In primo luogo, perché in un lager a cielo aperto com’era Gaza prima del 7 ottobre non vigeva certo uno stato di diritto né una vera autonomia costituzionale; in secondo luogo, perché i diritti politici includono il voto, ed è alquanto difficile immaginarlo con l'esclusione – contenuta nel piano – di Hamas e dell’Autorità Nazionale Palestinese dal governo della Striscia.
Un protettorato, insomma, come ai bei tempi dell’Europa tardo-coloniale: non è fantastico? C’erano i protettorati di Iraq, Siria, Egitto; tutte esperienze politiche – sia detto per inciso – finite benissimo nel giro di qualche decennio. Dopo un secolo di rivolte anti-imperialiste e di de-colonizzazione che continuano ancora oggi, d’altronde, è comprensibile un po’ di nostalgia dell'Occidente per il vecchio ordine mondiale.
Gaza quindi passerà in rapida successione da mattatoio silenzioso, a mattatoio palese, fino a esplicita colonia israeliana con la complicità occidentale. Fa parte della magia dei film horror: il mostro non compare subito, ma la sua presenza si palesa lentamente, gradualmente, fino a manifestarsi nel finale più splatter e drammatico possibile.
Il dominio – pardon, la governance – su questo meraviglioso capolavoro coloniale sarà a prova di bomba, ci assicura il Corriere: a guidare la baracca sarà un «comitato tecnocratico apolitico» palestinese (nella neolingua occidentale, “tecnocratico” è un termine positivo, mentre “apolitico” significa “guidato da formazioni filo-americane o filo-israeliane”). Comitato supportato con qualche colpetto benevolo dal «Consiglio per la Pace» presieduto da una persona di indubbio lustro e valore politico: Donald Trump, fresco dei suoi strabilianti successi nei negoziati russo-ucraini. Cosa può andare storto?
E come la mettiamo con l’esercito israeliano che sta letteralmente spianando Gaza? Niente paura: il piano prevede un ritiro dell’IDF calendarizzato, rapido ed efficiente. Parlando di un Paese che non si è ancora ritirato dalle occupazioni illegali del 1967, direi che siamo proprio in una botte di ferro.
Ma insomma, cos’hanno in comune The Blair Witch Project e il nuovo piano per Gaza di Benjamin Netanyahu?
Un sacco di cose: ad esempio, devono entrambi il successo a una geniale operazione di marketing.
Nel caso del film del 1999 diretto da Myrick e Sanchez, la storia del gruppo di ragazzini persi e massacrati in una foresta maledetta era stata spacciata per vera con tanto di creazione di siti internet e finti annunci mortuari; per il mirabolante progetto coloniale a Gaza, non è necessario arrivare a tanto: basta ricorrere al fuoco di fila di media mainstream, come appunto i telegiornali che usano con leggerezza il termine “protettorato”, o le grandi testate che, non contente di sabotare ogni giorno la Flotilla, titolano entusiaste sui “Venti passi per la Pace”, sul “Piano di Pace”, sul “Piano-Trump”.
Stupisce un po’, detto en passant, che quelle testate che con tanto fervore fanno marketing per questo film dell’orrore con Netanyahu alla regia, siano le stesse che bollano qualsiasi mediazione con la Russia come un tentativo criminale di imporre una resa all’Ucraina e giudicano inaccettabile l’occupazione putiniana delle regioni orientali ucraine. Tutto in nome di quel famoso Diritto Internazionale che viene prontamente messo nel congelatore quando si tratta di radere al suolo Gaza e ridurla in catene ancora più strette e pesanti di quanto non fosse prima del 7 ottobre.
Da questi discorsi mediatici potrebbero trasparire un po’ di ipocrisia e doppiopesismo, ma certamente sarà questa Incursione ad essere in malafede…
Tuttavia, non abbiamo ancora risposto: cos’hanno in comune The Blair Witch Project e il nuovo piano per Gaza abbracciato da Bibi Netanyahu?
Un sacco di cose, come ad esempio un pezzo del nome del villain principale: Blair!
Nel caso della pellicola indipendente, la strega di Blair rimane impalpabile e si rivela in tutta la sua crudeltà uccidendo i ragazzi sul finale. Almeno nel caso della pellicola, però, dobbiamo riconoscere che i protagonisti se la sono proprio cercata: inoltrarsi in un bosco per motivi futili, gettando nel ruscello l’unica mappa a disposizione e violando altari sacri ad ogni passo...
Insomma, il peggior gruppo di sempre: i tipici personaggi talmente stupidi e in balìa degli ormoni da spingerti a fare il tifo per la strega.
I gazawi, invece, dopo decenni di massacri, segregazione e bombardamenti, non si sa cos’abbiano fatto di male per meritarsi anche la supervisione di Sir Tony Blair.
Premier laburista (o così si dice) tra gli anni Novanta e Duemila, Tony lo scozzese ha consacrato la sua carriera politica all’affannosa ricerca di quella “Terza via” tra socialismo e capitalismo. Ricerca simile a quella del Santo Graal o del Regno del Prete Gianni, sebbene con un livello di carisma ed epicità infinitamente più basso.
Come spesso accade, infatti, la ricerca del “progressismo sociale” di Blair in Inghilterra si concretizza nel recupero dell’establishment precedente, già molto vicino a Margaret Tatcher, nella privatizzazione di infrastrutture e servizi pubblici, e nell’adozione di politiche neoliberiste.
Non è un caso che in tutta la voce su Blair dell’enciclopedia Britannica non compaia una singola riforma che abbia migliorato la sanità, i salari o il welfare. Insomma, tutte grandi notizie per i gazawi impazienti di sperimentare la “ripresa economica” prevista dal protettorato-Trump.
I capolavori di Tony Blair degni di nota, poi, brillano tutti sul piano internazionale: dopo aver normalizzato la situazione in Ulster, consolidando e blindando l’unica colonia inglese rimasta in territorio europeo, Tony si lancia nella nobile causa della guerra al terrorismo: a braccetto con Bush Jr, partecipa attivamente alla fabbricazione di bufale sulle armi chimiche in Iraq per giustificarne l’invasione.
Le streghe qui c'entrano poco, sebbene non manchino gli stregoni; come il Segretario di Stato americano Colin Powell, che nel 2003 incanta il Consiglio di Sicurezza dell'ONU spacciando una provetta di bicarbonato per un ordigno di distruzione di massa.
Sir Tony Blair, uno dei tanti Capi di Stato accusati di crimini di guerra, con la sua enorme esperienza di destabilizzazione del Medio Oriente e di smantellamento dello stato sociale, si accinge a diventare garante del “Consiglio per la Pace”. A questo punto, si potrebbe assumere Dracula per sovrintendere alle trasfusioni di sangue, Maria Antonietta per la cassa di risparmio e il public speaking, Bruto e Cassio per le adozioni.
Il macellaio Blair garante di pace è la perrfetta ciliegina sulla torta del progetto coloniale trumpiano, talmente horror e splatter da far pigliare un coccolone persino alla vera Strega di Blair.
The Blair Witch Project e il progetto di Trump, in conclusione, hanno diverse cose in comune, tranne una: mentre il primo resta una perla di finzione horror indimenticabile, il secondo potrebbe diventare pericolosamente reale, prima di quanto possiamo aspettarci.
PS: e per tutti quelli che ripongono qualche speranza nel riconoscimento dello Stato palestinese da parte di Francia, Spagna e pochi altri, riserviamo una doccia fredda. Non ci metteranno niente a modificare quel tanto che basta la loro posizione: visto che lo Stato Palestinese ancora non esiste, non sta scritto da nessuna parte che debba includere la Striscia (o la Cisgiordania) tra i suoi territori.
Il Progetto Strega di Blair è servito! Enjoy!
01 ottobre 2025
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