Lo sport come base per la formazione del corpo e dell'anima

 

Un atleta è tale perché, giorno dopo giorno, in lui c’è una costante cura nel compiere certe azioni, certi movimenti, al fine di migliorare la propria prestazione. Ciò dà luogo ad una abitudine, un’abitudine che insegna ad affrontare situazioni di difficoltà in modo da superarle al meglio.

 

Raffigurazione di corridori greci, Circa 530 a.C
Raffigurazione di corridori greci, Circa 530 a.C

 

Le pratiche sportive, che ci piacciano o meno, hanno un’influenza molto potente sulla nostra società ed un peso che non si può considerare indifferente. Cos’è che ha portato queste pratiche sportive ad essere così conosciute? Qual è stata l’evoluzione che esse hanno avuto nel corso della storia? Come possono queste influenzare la nostra vita e quella di milioni di persone? Queste e molte altre sono le domande che ci si potrebbe porre riguardo a questo argomento. Già nell’antichità si possono trovare tracce, anche molto importanti, dello sport: l’esempio più eclatante si può rinvenire nei giochi olimpici, che tutt’ora vengono celebrati e praticati, ma che hanno trovato le loro prime fortune già nell’antica Grecia. Da allora le discipline sportive hanno fatto molta strada e nel tempo è cambiato il peso che queste hanno nella nostra cultura.

 

Sin dall’inizio, la pratica sportiva per partecipare a gare di grande importanza era riservata ad un’élite di persone. Per esempio, la partecipazione alle olimpiadi nell’antica Grecia era riservata ai cittadini greci maschi, liberi. La necessità di dedicare molto tempo agli allenamenti permetteva solo ai membri delle classi più facoltose di prendere in considerazione la partecipazione. Con il passare del tempo, la pratica sportiva è diventata un vero e proprio mestiere retribuito, proprio per il fatto che per gareggiare in competizioni importanti c’è la necessità di dedicarvi gran parte del proprio tempo, e dunque non c’è la possibilità di occuparsi, in maniera adeguata, di un altro mestiere. Naturalmente, anche in seguito e fino ai nostri giorni la pratica sportiva professionista è riservata ad un’élite di persone: solo che il criterio non si basa più sulla classe sociale dell’individuo, ma sull’abilità nel compiere una certa attività sportiva. 

 

Ovviamente il fatto di non avere la possibilità di dedicarsi ad altro non è l’unica giustificazione per cui essere uno sportivo è diventato un mestiere. Ciò è stato reso possibile soprattutto dalla popolarità che l’attività sportiva ha acquisito nel tempo. Come si usava andare a teatro per assistere ad una recita, oppure per ascoltare un’orchestra, è diventata sempre più diffusa tra la gente la passione nel seguire coloro che praticano uno sport. E come un pittore nella sua vita si dedica a dipingere opere che poi vengono ammirate e fatte proprie dalle persone, e vive della retribuzione che viene da esse, così l’atleta si dedica a compiere la pratica sportiva di cui è capace, e ne trae una retribuzione da coloro che sono disposti a usare il loro tempo libero e il loro denaro per poter assistere alle prestazioni degli sportivi. 

 

Con il passare del tempo la questione si è ingigantita. Per l’atleta praticare una disciplina sportiva non significa semplicemente fare una corsa, lanciare un peso, calciare un pallone, etc. Un atleta è tale perché, giorno dopo giorno, in lui c’è una costante cura nel compiere certe azioni, certi movimenti, al fine di migliorare la propria prestazione. Ciò dà luogo ad una abitudine, un’abitudine che insegna ad affrontare situazioni di difficoltà in modo da superarle nel migliore dei modi. Questo viene poi trasmesso nella sua fase conclusiva, ovvero nella prestazione che viene ammirata dallo spettatore, disposto a dare qualcosa in cambio per poter godere di queste performance offerte dagli atleti.

 

Il problema di oggi è che si ha la sensazione che lo sport abbia cambiato il suo fulcro. Sembra che lo sport non sia più centrato sull’insegnamento dei valori che esso può dare, ma sullo sfruttamento delle persone che sono disposte a seguire le manifestazioni. In altre parole, si ha la sensazione che lo sport non abbia come obiettivo primo la generazione di virtù, ma solo la generazione di denaro. Non è tanto la grande quantità di denaro che gira nel mondo dello sport che più mi preoccupa; ciò che veramente preoccupa è l’emarginazione di quello che dovrebbe essere il centro, il fulcro su cui ruota tutto lo sport: l’educazione alle virtù e ai valori da mettere in pratica nella pratica sportiva, che poi si possono ritrovare nella vita di tutti i giorni. 

 

Emil Zatopek usa queste parole: «Un atleta non può correre con i soldi in tasca. Deve correre con la speranza nel cuore e sogni nella sua testa.» Purtroppo invece sembra proprio che oggi la maggior parte degli atleti «corra con i soldi in tasca». Nel calcio, per esempio, coloro che sono soliti dimostrare un certo tipo di valori come lo spirito di sacrificio per la squadra, l’attaccamento ai colori della maglia, etc. vengono chiamati “bandiere”. Ecco che al giorno d’oggi si sente spesso dire che il calcio è povero di “bandiere”, povero di campioni che secondo Arthur Ashe «sono quelli che vogliono lasciare il loro sport in condizioni migliori rispetto a quando hanno iniziato a praticarlo». Oggi queste figure sono state sostituite dai cosiddetti “mercenari” che, come appunto nell’antichità, pensano di svolgere il loro compito non in funzione di alcuna virtù o valore ma solo in funzione di arricchirsi il più possibile. Ciò, oltre ad essere molto triste, è anche un modo improprio di servirsi dello sport. Ci sono moltissimi esempi di come esso ha contribuito a dare una scossa, a migliorare le condizioni del nostro pianeta.

 

Un esempio importante si può trovare nella lotta che Nelson Mandela ha combattuto contro l’Apartheid, quando egli si è servito anche dello sport per promulgare le sue idee. In particolare, in occasione dei “Laureus World Sports Awards” del 2000, Mandela pronuncia queste parole:

 

« Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di ispirare. Esso ha il potere di unire le persone in un modo che poche altre cose fanno. Parla ai giovani in una lingua che comprendono. Lo sport può portare speranza dove una volta c’era solo disperazione. È più potente dei governi nel rompere le barriere razziali, è capace di ridere in faccia a tutte le discriminazioni. Gli eroi che sono vicini a me sono un esempio di questo potere. Sono valorosi non solo in campo, ma anche nelle loro comunità, locali ed internazionali. Sono campioni, e meritano di essere mondialmente riconosciuti come tali. […] La loro eredità sarà quella di lasciare un mondo dove le regole del gioco sono uguali per tutti, e il comportamento è guidato dal fair play e dalla grande sportività. »

 

Abbiamo bisogno dello sport come base di educazione sin da piccoli, abbiamo bisogno dello sport come pratica di virtù e valori. Abbiamo bisogno dello sport affinché l’anima e il corpo di ogni persona possano diventare migliori con l’esercizio e con il tempo.

 

7 marzo 2018

 




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