Della falsa contrapposizione tra personalismo e socialismo

 

Quale la Persona, tale la Società. 

 

Tomoko Nagao, "Il quarto stato after Pellizza" (2016)
Tomoko Nagao, "Il quarto stato after Pellizza" (2016)

 

Una peculiarità dell’uomo è quella di non potersi accontentare del semplice dato che gli viene trasmesso dai sensi, il suo agire è sempre mirato ad andare oltre: interpretare i fenomeni e chiedersi il perché di essi. Si pone continuamente il problema circa quello che sta facendo: analizza la situazione, individua le cause di ciò che accade, dà delle spiegazioni.

 

Il problema che caratterizza l’uomo è quello dell’essere: si rende conto di esso semplicemente “aprendo gli occhi”, ma non può fermarsi lì, deve andare avanti e discorrere. Questo si traduce in azioni pratiche che coinvolgono il campo di tutte le scienze. Se non fosse nella natura dell’uomo l’inclinazione a porsi il problema, non sarebbe possibile nessuna scienza, non sarebbe possibile nessun’indagine. 

 

« L’essere dell’uomo non è quello di puro fenomenologo, di un puro descrittore; esso è piuttosto nel portarsi al di là del dato, anzi è tutto in questo portarsi al di là, in quanto esso implica l’essersi reso conto del dato. L’essere dell’uomo è caratterizzato dal porsi dei problemi. » (Gustavo Bontadini, Conversazioni di metafisica I)

 

Affrontando il problema dell’essere, l’uomo si assume un compito molto importante: ne diventa il suo portavoce. L’essere parla attraverso quello che noi scopriamo di “Lui”, nessun altro può parlarne perché nessun altro può farsene un’opinione. L’essere approfitta che l’uomo è in grado di giudicare e di parlare: si manifesta attraverso la sua vita. Ecco quindi che in Bontadini «l’essere è pensiero solo perché il pensiero è l’essere, sintesi di sé e dell’essere.» (Ibidem) Non c’è nulla al di fuori del pensiero, quindi l’essere è racchiuso tutto lì dentro. Di fronte a questa idea l’uomo ne esce fortemente responsabilizzato. L’uomo ha un compito importante: attraverso il suo pensiero è in grado di interpretare l’essere. Interpretando l’essere, l’uomo compie un’indagine sul suo pensiero e quindi su se stesso: la consapevolezza di ciò può spingere l’uomo a traguardi importanti, a mete ambite, ad andare sempre oltre, a ricercare sempre di più Dio. L’essere “parla”, si manifesta, compare nel giudizio, si attua in esso, «al di là della semplice idea o concetto, al di là del semplice intùito, proprio perché l’essere viene a manifestarsi attraverso condizioni umane,  ̶  le mie, in concreto,  ̶  attraverso questa congerie di impressioni sensazioni immagini, il cui esserci e la cui insufficienza sono i dati o il presupposto dello stesso problema filosofico: per risolvere il quale, pertanto, non è sufficiente aprire gli occhi, ma occorre discorrere.» (Gustavo Bontadini, Studi sull’idealismo

 

Nel fare esperienza, l’uomo fa sempre esperienza di sé come centro. «La coscienza che l’esperienza acquista della persona come centro di sé può segnalarsi come una forma di autocoscienza, di circolarità.» (Ibidem) Infatti, se la Persona può essere intesa come legame originario tra pensiero ed azione, inevitabilmente si scopre protagonista dell’essere, gettata in esso. 

 

Gustav Klimt, "L'abbraccio" (1910-1911)
Gustav Klimt, "L'abbraccio" (1910-1911)

Le Persona, innanzitutto, ha coscienza della propria carne, che è la prima cosa che si riesce ad intuire inserita nel tutto. Il corpo viene visto come strumento di conoscenza e di potenza: un limite, ma allo stesso tempo una forza. Il corpo è il primo strumento di apertura e di conoscenza dell’altro: nel contatto, nella sperimentazione del limite, nell’urto, nella limitazione reciproca l’uomo fa esperienza dell’altro. Farne esperienza non significa altro che riportarlo all’interno del proprio orizzonte, giudicarlo attraverso le proprie categorie: grazie all’altro l’uomo fa esperienza di sé.

 

Fare esperienza dell’altro è arricchente, ci fornisce le soluzioni per leggere i problemi della nostra vita: non possiamo farne a meno, dobbiamo cibarcene il più possibile. Tutto il contrario della società contemporanea. La nostra libertà non inizia dove finisce quella dell’altro, ma la nostra libertà è quella dell’altro. Non è pensabile che il bene di una Persona possa essere il male per un’altra: proprio perché ho bisogno dell’altro per la mia vita, ed ho bisogno di lui nelle condizioni migliori di esprimersi, non posso fargli del male. Se faccio del male a qualcuno, lo faccio anche a me stesso, perché privo l’altro di potermi aiutare al massimo delle sue possibilità.

 

Il risultato del rapporto di più Persone conduce alla nascita di una Società. Essa non è una catena d’individui collegati tra loro come degli anelli, è invece relazione: rapporto dialettico tra le Persone, le quali continuano a confrontarsi. È nella Società che la Persona si forma, che impara ad usare la ragione. Ognuno nasce con la ragione, ma non è detto che poi la sappia sfruttare al meglio. L’ambiente in cui una Persona vive e l’educazione che gli viene data contribuiscono a formare la ragione, a modellarla, a darle una disposizione. 

 

« La Persona […]: ragionevole per natura, così come sociale e politica per natura, chiamata per natura a instaurare un ordine di ragione (ordine spirituale). La Persona, individuo portatore dell’universale; l’universale: la ragione, il logos, il discorso, la comunicazione. La Società è l’individuo comunicante, perciò la perfezione (possibile) dell’individuo, o l’individuo perfezionato (o perfezionabile); è, soprattutto, l’unità degli individui. » (Gustavo Bontadini, Dal problematicismo alla metafisica)

 

L’individuo, avendo la ragione, ed essendo essa universale, può innanzitutto comunicare con gli altri e in secondo luogo partecipare con loro ad un cammino di crescita. Quello che riesce a vedere una Persona con la sua ragione non è detto che riesca a vederlo qualsiasi altra Persona: questo rende la Società perfettibile e quindi perfezionabile. La comunicazione, il logos, il discorso giocano un ruolo chiave: danno l’accesso all’essere e al discorrere di esso.

 

René Magritte, "La condizione umana II" (1935)
René Magritte, "La condizione umana II" (1935)

Non c’è primato tra Persona e Società, vige un rapporto circolare: si determinano reciprocamente. Eccoci dunque arrivati alla questione messa a tema nel titolo. Il personalismo e il socialismo non possono collidere perché vogliono entrambi la stessa cosa, cioè il bene della Persona che non può essere altro che quello della Società.

A livello intellettuale, culturale e medico è attualmente in voga la ricerca del primato della Persona: si vuole difendere la Persona dalla Società. Da che cosa deriva questo bisogno? Dato che il bene dell’uno e dell’altro coincidono, perché è necessario tutelare la persona e non la Società?

La Società viene dipinta come un posto non sicuro, ricco delle più grandi ingiustizie, zeppo di problemi di salute e sofferente dei maggiori mali: ecco quindi che è necessario ritrovare la dimensione personale, salvaguardare la Persona, promuovere il bene del singolo. Tutto questo ha portato nella nostra Società a disperdere la fiducia nell’altro, a puntare solo al proprio bene, a ricercare gli strumenti che puntino al benessere del singolo.

 

Secondo Bontadini è presente questa retorica perché si vuole tutelare solo alcune Persone: quelle che fa comodo aiutare. Viene offerto un modello da seguire che è innanzitutto un modello economico, un incentivo al consumo e, di conseguenza, un’alimentazione della tecnica. Ecco quindi che il personalismo diventa la dottrina di tutti coloro che possono seguire questa direttrice. 

 

Dall’altra parte il socialismo vorrebbe l’uguaglianza sociale e la pari dignità di tutte le Persone, non perché abbia una particolare perversione per il collettivo e per l’azione di gruppo, ma proprio perché all’interno della Società tutte le Persone devono essere messe nelle condizioni per esprimersi al meglio. Il socialismo, come il personalismo, vuole il bene della Persona, solo che il primo pensa ci sia bisogno dell’aiuto di tutti, mentre il secondo no. Abbiamo visto che questo è fortemente contraddittorio: solo se si capisce che la Società è relazione, è possibile promuovere il massimo bene della Persona. «Il personalismo perciò deve evitare, se non vuole corrompersi speculativamente, di opporsi al “socialismo”, deve accettare l’eliminazione dell’antinomia.» (ibidem)

 

Jean-Françcois Millet, "Le spigolatrici" (1857)
Jean-Françcois Millet, "Le spigolatrici" (1857)

 

Quale la Persona, tale la Società. Se sono presenti Persone ingiuste, anche la Società sarà ingiusta e quindi, ad esempio, anche le sue leggi. Può nascere però un conflitto, perché, riprendendo l’esempio appena portato, può essere che sia presente una Persona ingiusta: in questo caso il conflitto non sarà mai tra la Persona e la Società, ma tra quella Persona e l’insieme delle Persone ingiuste. Nel conflitto tra le Persone, se la volontà di chi ha aperto lo scontro vince, si riconcilia con il sociale; altrimenti viene sopraffatta, ed eccola eliminata. Per concludere è importante sottolineare, come fa Bontadini egregiamente, che anche all’interno del conflitto, la Persona è parte della Società e diviene assieme ad essa. In altre parole: all’interno di un ordinamento ingiusto, anche la Persona giusta, che vede l’ingiustizia, è in parte ingiusta perché non è ancora riuscita a far vedere alle altre il male che stanno commettendo. 

 

« In ogni caso essa [la volontà] non è mai esistente e, insieme, fuori dalla Società; anche nel momento in cui essa avverte l’irrazionale e si accinge a passare al conflitto, essa si identifica, divenendo, con lo stesso divenire della Società. Il conflitto non è mai della Persona contro la Società, ma di certe persone contro altre persone. » (ibidem)

 

 

30 settembre 2019

 








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