Capisaldi per un'idea di Europa

 

Il 2024 è l’anno delle elezioni per il rinnovamento del parlamento europeo. Mai come oggi c’è bisogno di ripensare il concetto stesso di Europa. Gli eventi dell’ultimo periodo – dalla guerra in Ucraina alla furente e tragica riaccesa del conflitto israelo-palestinese – ci costringono a riflettere seriamente sull’Europa che vogliamo, sui valori di cui questa vuole farsi portavoce e sulla posizione strategica che essa vuole avere nello scacchiere internazionale. Si tratta di questioni gigantesche, a cui, nel seguente articolo, proveremo a dare alcune linee guida. 

 

di Riccardo Sasso 

 

 

L’Europa, un concetto che evoca storia, arte, letteratura, filosofia, mitologia e molto altro. Ma che definizione possiamo dare a una realtà così variegata ed eterogenea? La diversificazione è proprio ciò che caratterizza l’Europa e non potrebbe essere altrimenti. Lo storico francese Jean Le Goff ha infatti affermato:

 

« [Con la nascita dei regni romano-barbarici si] delinea [un] primo abbozzo d’Europa, su una duplice base: quella comune, della cristianità, modellata dalla religione e dalla cultura; e quella, diversificata, dei singoli regni fondati su tradizioni etniche importate, o su antiche realtà multiculturali (si pensi all’esempio dei Germani e dei Gallo-Romani di Gallia). È la prima, lontana prefigurazione dell’Europa delle nazioni. » (J. Le Goff, Il medioevo-Alle origini dell’identità europea)

 

Una tale affermazione fa comprendere come l’Europa sia intrinsecamente un caleidoscopio. Tale termine non è scelto in senso retorico; infatti, il caleidoscopio è un gioco di colori differenti ma che di base ha una logica che tiene insieme il tutto. L’Europa è differenziata ma, per sua stessa natura, si presenta con una fondamentale e peculiare unitarietà. Già Kant si era reso conto del fondamentale bisogno di unità tra i diversi paesi europei, una lega non omologante:

 

« Una tal lega [lega di pace, foedus pacificum] non tende all’acquisto di potenza da parte di uno Stato, ma puramente a conservare la libertà di esso e al pari tempo degli altri confederati, senza che questi (come uomini allo stato di natura) debbano con ciò assoggettarsi a pubbliche leggi ed a coazione tra di loro. » (I. Kant, Per la pace perpetua)

 

L’Europa non è fatta per essere divisa e nemmeno per essere omologata: unità nella differenza, ecco ciò che – di base – caratterizza l’Europa. In tal senso, tanto gli europeisti liberali quanto gli euroscettici fanno un errore di base. Da un lato, gli europeisti liberali capiscono la fondamentale unità istituzionale che dovrebbe caratterizzare l’Europa (Unione Europea), ma s’illudono che questa possa imitare gli Stati Uniti d’America; un paese con una storia diversa e con una caratterizzazione dissimile da quella europea. Dall’altro lato, gli euroscettici riconoscono la differenza che intercorre tra i vari paesi europei, ma vorrebbero che questi fossero degli stati etnici e autarchici, con confini rigidi sul modello ottocentesco. Una visione deleteria che ben sappiamo a cosa abbia condotto nella prima metà del XX secolo. La volontà d’istituzionalizzare l’Europa e di creare unità economica e politica nasce anche dalla presa di consapevolezza del fallimento dei nazionalismi.

 

Occorre, a questo punto, individuare alcuni capisaldi su cui l’identità europea possa andare a formarsi nella nuova epoca e di che cosa l’Europa politicamente unita debba farsi portavoce. Già è presente un ampio campionario di suggestioni, formatesi nel corso dei secoli. Tuttavia, occorre anche esprimere nella forma pratica questi principi, non facendoli diventare vessilli identitari e distintivi che, nella realtà dei fatti, si traducono in un nulla di fatto, se non in atteggiamenti belligeranti verso il resto del mondo.

 

La prima componente fondamentale per l’unità europea è senza dubbio quello della religione e, nello specifico, del cristianesimo. Si badi, però, che la componente cristiana dell’Europa non deve essere intesa né come confessionalità, né come collante sociale, come scrive il filosofo francese Jaques Maritain:

 

« Il cristianesimo e la fede cristiana non potrebbero mai essere resi vassalli di nessun sistema politico e neppure dalla democrazia, né come forma di governo né come filosofia della vita umana e politica. Ciò procede dalla distinzione fondamentale fatta da Cristo tra le cose che sono di Cesare e le cose che sono di Dio, distinzione che si sviluppa attraverso ogni sorta di vicissitudini nel senso della nostra storia, e che libera la religione dall’asservimento temporale, spogliando lo Stato da ogni pretesa sacra, cioè laicizzandolo. » (J. Maritain, Cristianesimo e democrazia)

 

La laicità deve essere un principio fondamentale di ogni realtà politica. Il cristianesimo, allora, per l’Europa dovrà essere universalismo, la regola d’oro del cristianesimo: «che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi» (Gv. 15, 12). La fratellanza che sta alla base del cristianesimo è il pilastro per l’Europa unita nella sua differenziazione. In tal senso, il cristianesimo è un’ispirazione tanto per i religiosi quanto per i laici. Come ha scritto il filosofo italiano Vittorio Possenti:

 

« Una laicità pacificata indica il luogo in cui la religione possa esprimere le sue risorse di invito alla relazione ed alla vita buona, in un processo di approfondimento complementare tra cittadini laici e cittadini credenti. » (V. Possenti, Una nuova partenza-Teologia politica e filosofia della storia)

 

Il cristianesimo non perde la sua specificità di trascendenza, nella prospettiva proposta pocanzi. Sempre Possenti osserva: «La rivelazione manterrà la sua trascendenza e il suo mysterium, la sua eccedenza e la sua pienezza come fins et origo mai esauste, come veritas et semper indagandi, senza con ciò negare che possa fecondare secondo i tempi e le epoche della vita personale». La radice cristiana dell’Europa va portata ai suoi frutti, nella visione dei popoli fratelli che si volgono verso un’unità, non immediata, che richiede lavoro e fatica, uno sforzo comune. In questo modo, la trascendenza cristiana non sarà semplice mito e fede personale, ma fonte d’ispirazione per tutti, anche per chi, nel suo privato, non esprime una fede religiosa: «[C]ome agnostici pragmatici ci si può avvicinare al religioso e ai testi sacri senza considerarli favola bensì come portatori di un messaggio che va captato e inteso anche dall’agnostico» (Ivi). Ecco allora come il cristianesimo può ispirare l’Europa oggi. Possenti definisce la sua proposta come post-secolare.

 

L’Europa è la patria di molte cose: la scienza, l’illuminismo, la democrazia, i diritti umani e tanto altro. Tutte queste cose sono fondamentali per l’identità europee e vanno tenute presenti come bussole guida di ciò che l’Europa dovrà essere per se stessa e per il mondo. L’Europa oggi abbisogna di riscoprire il valore democratico e pluralista degli stati, che poi deve andare ad esprimersi nelle istituzioni europee. Maritain ha ampiamente criticato la democrazia borghese che ancora non è riuscita a realizzare pienamente i reali principi di democrazia rappresentativa: «Non si tratta di trovare un nuovo nome per la democrazia, ma di scoprire la vera essenza e di realizzarla: passare dalla democrazia borghese inaridita dall’ipocrisia e dalla mancanza di linfa evangelica a una democrazia integralmente umana, dalla democrazia fallita alla vera democrazia» (J. Maritain, Cristianesimo e democrazia). La linfa evangelica, ossia l’idea di fratellanza evangelica, figliolanza di Dio, portando l’idea di Incarnazione alle sue estreme conseguenze, è una componente fondamentale per la coscienza europea: unità nella differenza. Una tale proposta apre lo spazio ad una nuova filosofia politica per l’Europa, quella che Maritain definirà dell’umanesimo integrale:

 

« La filosofia sociale e politica implicata dall’umanesimo integrale richiede [...] mutamenti radicali, diciamo, o usando analogamente il linguaggio illuminista, una trasformazione sostanziale. E questa trasformazione non esige soltanto la instaurazione di nuove strutture sociali e di un nuovo regime di vita, ma anche, e consustanzialmente, un risalire della forza di fede, d’intelligenza e d’amore scaturite dalle fonti interiori dell’animo, un progresso nella scoperta del mondo delle realtà spirituali. Solo a questa condizione, l’uomo potrà veramente entrare più avanti nella profondità della sua natura, senza mutilarla né sfigurarla. » (J. Maritain, Umanesimo integrale)

 

Umanesimo integrale è, in ogni caso, un’opera del 1936 ed è quindi pensata nel suo contesto storico. Tra nazismo, fascismo, socialismo reale e capitalismo. Oggi il contesto storico, e la situazione dell’Europa, sono notevolmente cambiati. Dunque, come possiamo rendere fecondo il pensiero proposto da Maritain nell’epoca presente? Si è vista la fecondità del cristianesimo per la coscienza europea (fratellanza nella differenza), a questa andrebbero poi aggiunti, per conseguenza, le conquiste dell’epoca dei lumi della libertà di coscienza, di pensiero, di autodeterminazione e tutto ciò che concerne la libertà dell’uomo, assieme agli ideali di scienza e di ragione. Come ha osservato Benedetto XVI nel suo discorso del 2005, L’Europa nella crisi delle culture, l’illuminismo ha origini cristiane. Nonostante si sia posto in contrapposizione a esso, nell’essenza del suo messaggio non è ostile alla linfa evangelica.

 

Oltre all’illuminismo, l’Europa dovrebbe sposare e farsi promotrice delle intuizioni del socialismo, altra filosofia che ha la sua patria in Europa, ossia le idee di giustizia sociale, equa redistribuzione della ricchezza, sostegno ed emancipazione dei deboli e delle minoranze, tutela ambientale. Lo stesso Maritain, nonostante il suo fortissimo anticomunismo, esprime un elogio a queste intuizioni e il suo umanesimo integrale si fa portavoce di un superamento dell’economia capitalistica e nel suo Umanesimo integrale parla esplicitamente di «liquidazione del capitalismo».

 

Infine, l’Europa necessita di una maggiore compattezza linguistica. Una lingua europea, ad oggi, sembra alquanto difficile. Tuttavia, rimanendo fedeli al patrimonio plurilinguistico dell’Europa, ci sarebbe bisogno di un programma di un serio insegnamento di due o più lingue dell’unione, attraverso programmi europei coordinati. Rendere le nuove generazioni di cittadini europei abili a parlare due o più lingue, oltre a quella del proprio paese, è fondamentale per rendere più realistica l’unità nella differenza.

 

Jaques Maritain (1882-1973)
Jaques Maritain (1882-1973)

A questo punto si giunge allora alla filosofia dei diritti umani, grande conquista della modernità di cui l’Europa dovrebbe oggi farsi portavoce nel mondo. Purtroppo, questo non è sempre avvenuto e, talvolta, in questi ultimi tempi, sembra che si possa soprassedere al rispetto di questi diritti fondamentali e con il beneplacito dei paesi democratici. Questo è inaccettabile. L’Europa oggi ha il compito di riscoprire la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 e ribadire quanto l’Assemblea Generale della Nazioni Unite ha dichiarato nel preambolo di questo fondamentale documento: «Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato la loro fede nei diritti umani fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana, nell’eguaglianza dei diritti dell’uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore libertà […]». Nella Dichiarazione, sono presenti tutti gli elementi che, se applicati nella loro forma sostanziale, potranno dar vita a quella società giusta che permetta lo sviluppo di tutti. Occorre, però, che venga applicata radicalmente e che l’Europa, per essere precisi l’Unione Europea, ne promuova, non solo a parole, ma anche con i fatti, il rispetto e ne scoraggi la violazione in primis all’interno dei paesi membri e poi in tutto il mondo con gli strumenti a sua disposizione. Occorre poi evolvere in questa visione anche seguendo le questioni fondamentali che l’epoca presente pone di fronte a noi. Solo per fare un paio di esempi, la privacy digitale (ampliamento dell’applicazione dell’art. 3 e 12), come s’è cercato di fare con il GDPR, o la lotta al cambiamento climatico (necessaria conseguenza dell’art. 25 comma 1), come s’è cercato di fare, seppur con ancora alcune lacune, con la transizione ecologica.

 

L’Europa ha di fronte a sé la necessità di una trasformazione, di una chiarificazione, di una precisazione. Il patto tra stati, di cui i trattati sono stati delle tappe e dei momenti costitutivi, è oggi più necessario che mai. La diversità, l’inclusività, la differenziazione e la libera espressione sono fondamentali per l’identità europea. Il fatto che l’Europa debba avere un’identità non deve essere un pretesto per alimentare discriminazioni, razzismi, conservatorismi, nazionalismi e populismi a basso prezzo. L’Europa deve guardarsi da queste forze recessive che, nella costituzione di un’entità politica europea, erano state viste come le nemiche da cui era indispensabile guardarsi. L’Europa deve essere delle nazioni e dei popoli, del pluralismo e della democrazia, della giustizia e dei diritti, dell’unità e delle differenze. Questi sono i punti cardinal del progetto europeo che, secondo chi scrive, dovrebbero guidare gli uomini politici che si apprestano a proporsi come membri del parlamento europeo. Ricordiamo due magnifiche strofe dell’Inno alla Gioia di Beethoven, inno dell’Unione Europea: «Deine Zauber binden wieber, / was die Mode streng geteilt / alle Menschen werden Brüder, / wo dein sanfter Flügel weilt» («La tua magia ricongiunge / ciò che il costume ha rigidamente diviso, / tutti gli uomini diventano fratelli, / dove la tua ala soave freme»), «Diesen Kuss der ganzen Welt! / Brüder, über'm Sternezeit / musse in lieber Vater wohnen» («Questo bacio (vada) al mondo intero / fratelli, sopra il cielo stellato / deve vivere un padre amorevole»). Due strofe che danno un’inquadratura solenne dell’idea regolativa di Europa a cui, oggi, è più che mai indispensabile volgere lo sguardo.

 

L’atteggiamento dei tentennamenti e delle cautele sta mostrando tutta la sua precarietà politica, economica, geopolitica e così via. Occorre più che mai cambiare atteggiamento e modo di porsi, questo è l’augurio che dobbiamo farci per l’Europa che verrà.

 

7 giugno 2024

 








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