Quale Europa vogliamo?

 

Il libro Quale Europa: capire, discutere, scegliere, a cura di Elena Granaglia e Gloria Riva, delinea una prospettiva d'Unione Europea che punta a democrazia e diritti, con obiettivi quali una democrazia economica, il superamento delle disuguaglianze, il miglioramento delle politiche di coesione e del Welfare, politiche efficaci a proteggerci dalla crisi climatica, nonché altri obiettivi nell'articolo esplicitati; soprattutto, però, una Unione che privilegi missioni internazionali tra i Paesi del mondo per diffondere cultura e politiche di cooperazione e di pace.

 

di Giuseppe Gallelli

 

 

Le due autrici di Quale Europa fanno parte del Forum Disuguaglianze e Diversità (ForumDD), un’alleanza culturale e politica autonoma, nata nel febbraio 2018, centrata sull’art. 3 della Costituzione e formata da otto organizzazioni di cittadinanza attiva e del mondo della ricerca.

 

Nell’introduzione al libro, enunciano le motivazioni per cui hanno ricevuto mandato, assieme ad altri studiosi, per scrivere il libro: ritengono che l’Unione europea abbia un ruolo centrale nella costruzione della giustizia sociale e ambientale, per la pace e per le libertà sostanziali e che ha raggiunto, in questi oltre sessanta anni, molti risultati, pur avendo ancora evidenti limiti, fra i quali sottolineano quelli centrali:

 

« Non solo quelli delle politiche errate di austerità […] dall’iper-regolazione al peso dei gruppi di interesse, dagli stalli decisionali alla insufficiente democraticità e allo svilimento delle politiche pubbliche quale leva di giustizia sociale e ambientale, all’incapacità di costruire una politica estera unitaria e autonoma. »

 

Perciò, a loro parere:

 

« L’Unione europea deve riprendere la sua missione fondante, dimostrando che è possibile coniugare pace, libertà, sviluppo armonioso, democrazia, diritti sociali ed essere, oggi, anche avamposto della transizione ecologica, non più opzionabile o derogabile […]. Serve un’ Unione che faccia vivere i diritti fondamentali della Carta e dei Trattati; un’Unione aperta, capace di tutelare la concorrenza dall’espansione di posizioni dominanti nei mercati, di offrire a tutte e tutti i suoi cittadini beni pubblici che solo a quella scala si possono produrre, di far partecipare tutti e tutte al miglioramento delle condizioni di vita e di garantire sicurezza e benessere anche di fronte ai rischi provocati dalla crisi climatica, di svolgere un’azione di pace e giustizia nel mondo. »

 

Dopo le prossime elezioni, scrivono, si sfideranno tre diverse idee di Europa: quella neoliberista, che ha governato gli ultimi cinque anni; quella conservatrice-autoritaria, nazionalista e corporativista; quella «di un’Europa di giustizia sociale e ambientale e di pace». È quest’ultima l’idea di Europa che le autrici vogliono delineare.

 

« [Il libro] si concentra sui temi su cui il ForumDD ha più lavorato in questi anni: le disuguaglianze, il welfare, la transizione ambientale, la conoscenza come bene comune […] la governance, le istituzioni europee, le migrazioni […] la necessità di un’Europa in cui l’equità di genere sia pratica quotidiana […] promuovendo un welfare universale e, dentro di esso, la salute quale bene pubblico europeo; accelerando una trasformazione ecologica […] contrastando i processi di monopolizzazione della conoscenza che favoriscono la proliferazione di un’industria militarizzata e il rischio dell’escalation bellica. »

 

Indicano prospettive e soluzioni per un Unione rinnovata, assieme agli altri autori e autrici che hanno collaborato con specifici capitoli, suggerendo alcune importanti riforme, per un procedere più efficace e funzionale in rapporto agli obiettivi per cui è stata costituita: una riforma dei Trattati, soprattutto, che «allenti il vincolo dell’unanimità» nel Consiglio e arrivi alla costituzione di veri partiti europei.

 

«Si tratta di riprendere la via di quel metodo di governo che ha segnato i momenti migliori dell’Unione, in cui a forti missioni e obiettivi generali elaborati con un forte ruolo di Commissione e Parlamento europeo si affianchi la capacità di declinarli a misura delle nazioni e dei luoghi, sempre attraverso spazi informati di partecipazione democratica e sempre pronti ad apprendere e a rivedere standard e regole».

 

Si delinea un’Unione che non dovrebbe occuparsi solo di crescita economica e Pil, guidata dalle grosse consorterie economiche e politiche, ma che mette in pratica la democrazia e i diritti, con l’obiettivo della democrazia economica, il superamento delle disuguaglianze, il miglioramento delle politiche di coesione e del Welfare, la protezione di salute e buona qualità di vita; rilanciando il servizio pubblico universalista, realizzando politiche efficaci a proteggerci dalla crisi climatica, proponendo la realizzazione di  regole di responsabilità sociale alle imprese; una realtà capace di promuovere e tutelare l’equità di genere, di migliorare le politiche di accoglienza dei migranti e il diritto di asilo; soprattutto, una Unione che privilegi missioni internazionali tra i Paesi del mondo per diffondere cultura, politiche di cooperazione e di pace.

 

Sono queste le principali tematiche su cui si sofferma tutta l’equipe di studiosi di varie discipline che ci guidano, con la loro esperienza e le loro conoscenze pluridisciplinari, nella lettura del libro. Risultano capitoli monografici ma interconnessi, trattati con chiarezza e con visione ampia sulla evoluzione futura dell’Unione.

 

Tra i capitoli, a mio parere, più interessanti, la proposta di Gloria Riva di avviare un percorso di modifica dei Trattati fondativi: 1) realizzando l’istituzione ufficiale dello «Spitzenkandidat», ossia del capolista: «i partiti politici che partecipano alle elezioni europee indicano il loro candidato alla presidenza della Commissione europea», al fine di dare maggiore autorevolezza alle elezioni del Parlamento europeo; modificando l’iter di nomina dei singoli commissari che, a suo parere, se assegnato al Parlamento, «darebbe più peso all’emiciclo e consentirebbe di ridurre il numero dei portafogli»; risolvendo il problema della trasparenza al dialogo tra commissari e lobbisti, che «aiuterebbe se i commissari fossero eletti dal Parlamento, perché agirebbero con mandato di quest’ultimo».

 

Anche la maggioranza all’unanimità all’interno del Consiglio europeo, che oggi blocca molte riforme, è «un tema di riforma indispensabile e centrale».

 

Propone altre importanti riforme: oltre la creazione di veri partiti europei, il rafforzamento dei poteri del Parlamento, a partire da un’estensione a quest’ultimo del potere legislativo che oggi è nelle mani della Commissione.

 

Sarebbe necessario, scrive inoltre, rafforzare, il potere di controllo e di codecisione del Parlamento su temi delicati come la politica estera, la fiscalità, il bilancio, riforme che consentirebbero al Parlamento di «contare di più nelle decisioni importanti».

 

Franco Saraceno tratta le politiche macroeconomiche necessarie per rimettere l’Europa al passo con i tempi con la creazione di un bilancio centrale.

 

Vieri Ceriani si sofferma, in particolare, sulle misure presentate nel luglio 2021 dalla Commissione europea, relative alla politica dell’ambiente già operative, sul coordinamento internazionale dell’imposizione sui redditi delle società, sulla tassazione dell’economia digitale e infine sulla necessità di ampliare la capacità fiscale della Ue, con «la rimozione del vincolo dell’unanimità in campo fiscale».

 

Il tema delle disuguaglianze dovute alle tante fratture socio-economiche è trattato da Salvatore Morelli.

 

 

Vorrei sottolineare l’importanza delle politiche per la coesione economica e sociale, trattate nell’articolo di Fabrizio Barca e Sabina De Luca: «dalla sua attuazione dipende gran parte del futuro dell’Unione», dato che «in direzione opposta a questa logica si è mossa con forza la cultura neoliberista degli ultimi trenta anni egemone anche in Europa».

 

Propongono l’utilizzo del Rapporto An Agenda for a Reformed Cohesion Policy (in breve Agenda) e quindi:

 

« Una governance delle politiche  sensibili alle persone nei luoghi […] che combini saperi dei territori con saperi globali della frontiera tecnologica. Un centro europeo/nazionale/regionale che fissi principi, missioni, obiettivi e condizionalità in modo rigoroso e non derogabile ma allo stesso tempo aperto a essere rivisto, e che accompagni le aree in difficoltà […]. E affinché tutto ciò avvenga, un investimento nelle risorse umane delle pubbliche amministrazioni attraverso un reclutamento sfidante per giovani che vogliono cambiare il mondo. »

 

Invitano il prossimo parlamento «a dare forza al mandato coesione, ridando anima alle politiche sensibili alle persone nei luoghi» e indicano il percorso per rimettere la coesione al centro proponendo «ventisette contratti nazionali con missioni strategiche verticali e territoriali».

 

Di particolare interesse la trattazione del problema del Welfare di Elena Granaglia, che condivide la proposta che si è sviluppata nell’ultimo decennio di «dare sostanza alla dimensione sociale dell’Unione», realizzando una «vera e propria Unione sociale per la giustizia sociale e ambientale»Un’Europa, quindi, senza paradisi fiscali e concorrenza fiscale, «dannosa fra paesi e in cui un’economia sregolata crea quotidianamente nuove disuguaglianze».

 

Anche  l’articolo di Massimo Florio, sulla  salute come bene pubblico europeo, suscita molto interesse, dato che contiene l’utile proposta: di creare una infrastruttura pubblica sovranazionale, a scala europea, per ricerca, produzione, distribuzione di farmaci, vaccini e altri beni e servizi biomedici; di modificare l’accordo internazionale sulla proprietà intellettuale e di prevedere un nuovo accordo internazionale sulla ricerca medica con quote di «scienza aperta» e un «hub tecnologico sovranazionale» per l’innovazione biomedica, con un proprio portafoglio di farmaci e vaccini e tecnologie sanitarie prioritari per la salute, da distribuire senza profitti.

 

Una continua serie di proposte tematiche, frutto di studio e ricerca, si susseguono nel libro: dalla crisi climatica, al governo d’impresa, alla tecnologia digitale, all’equità di genere, alle politiche per migrazioni e asilo.

 

Nel capitolo conclusivo, di Ugo Pagano, emerge la necessità che l’Unione esca dal recinto di individualismi e opportunismi economici, come è successo durante la pandemia del Covid 19, e si apra al mondo, condividendo, a livello globale, le conoscenze scientifiche.

 

Durante la pandemia, infatti, opponendosi alla sospensiva dei brevetti sui vaccini,

 

« la Commissione europea di Ursula von der Leyen si è fatta interprete di una linea politica che ha, purtroppo, fatto di nuovo identificare la Ue con un’Europa rapace, di rapina, interessata al soddisfacimento dei propri interessi economici e sorda alle richieste di sostegno che venivano dai paesi meno sviluppati, in particolare dall’Africa.

In generale, la centralizzazione di tanto potere nelle mani della Commissione europea ha dato spesso modo a lobby di tutti i tipi, e in particolare quelle di Big Pharma, di condizionare importanti decisioni influenzando un numero limitato di persone. Gli oscuri contratti con le grandi case farmaceutiche firmati dalla Commissione per ottenere i vaccini contro il Covid costituiscono il corrispettivo in termini di politica interna alla Ue di questo tipo di opache decisioni […]. il Parlamento europeo si era invece fatto interprete di una linea politica diversa. Pur con una maggioranza di un solo voto, il Parlamento aveva proposto la sospensiva dei brevetti […]. Si è trattato di una decisione importante, anche se ha avuto conseguenze limitate, vista la natura non vincolante delle decisioni prese dal Parlamento […].

L’Europa che vogliamo deve decisamente rompere con la linea politica prevalentemente espressa dalla Commissione e deve invece articolare in modo forte e consapevole la seconda linea politica di cui si è fatto interprete il Parlamento. Il suo ruolo internazionale non deve essere eterodiretto da una logica di monopoli e di sfruttamento economico ma deve ispirarsi invece alla sua tradizione storica di sviluppo dei beni comuni globali, come la conoscenza. »

 

 

Si sofferma, concludendo, sulla inderogabile necessità di riformare gli accordi Trips, cioè i diritti di proprietà intellettuale concordati come parte integrante dell’atto di nascita del Wto, in modo che si possa produrre «scienza aperta», condivisione delle conoscenze e cooperazione internazionale anche e soprattutto ai fini dello sviluppo e dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale e del suo possibile uso militare.

 

«Una maggiore condivisione globale delle conoscenze, conclude, non ci darebbe solo una economia più prospera e una divisione della ricchezza meno diseguale. Favorirebbe anche una convivenza pacifica in un mondo sempre più lacerato da tensioni militari e guerre. »

 

 

Nelle ultime pagine del libro una ricca bibliografia e le schede biografiche delle autrici e degli autori dei tredici capitoli in cui si articola il libro.

 

20 maggio 2024

 








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