La scuola italiana: pochi investimenti, nessuna direzione

 

Perché un ragazzo dovrebbe pensare che sia utile andare a scuola quando «non ci sono fatti, [ma] solo interpretazioni»? Perché non dovrebbe stare a casa e rimanere ignorante? Queste sono le domande a cui la società non sa rispondere, che mettono in evidenza lo stato moribondo in cui essa versa.

 

di Giacomo Lovison

 

Bogdanov-Belsky, "Lettura domenicale in una scuola del villaggio" (1895)
Bogdanov-Belsky, "Lettura domenicale in una scuola del villaggio" (1895)

 

Il futuro di ogni società dipende dall’educazione che viene data alle generazioni successive; questa affermazione è indubbia, eppure nessuno sembra preoccuparsi seriamente di come formare i giovani. I dibattiti e i confronti sulla bontà o meno del sistema scolastico sono nulli: nessuno si preoccupa di capire il percorso che la scuola dovrebbe seguire per migliorarsi, e vengono attuate riforme che servono solo a simulare un interesse per l’educazione delle generazioni future. L’attenzione all’educazione dovrebbe essere il simbolo di una società avanzata che non guarda ai propri interessi personali, ma rivolge la propria attenzione a chi sarà il futuro della nazione.

 

Si evince questa indifferenza nei confronti della scuola, da parte dello Stato, nel rapporto Education at a glance 2017” dell’OCSE: stando a questo rapporto l’Italia è all’ultimo posto come spesa pubblica per la scuola in Europa, ha una bassa percentuale di laureati rispetto al resto dell’Europa, e una bassa retribuzione dei docenti rispetto alla media dei paesi dell’OCSE

 

Questi dati, anche se non sono gli unici, dimostrano come lo Stato non si curi, a differenza di quanto afferma, di quello che sarà il proprio futuro. Soltanto una società che non vede il valore dell’educazione può pensare che sia giusto pagare così poco chi forma i giovani.

Gli educatori dovrebbero essere ritenuti una delle parti, se non la parte più importante della società:

 

« L’uomo, come affermiamo, è una creatura domestica; tuttavia, se ha ottenuto una corretta educazione e una natura fortunata, suole diventare l’animale più divino e più mite, mentre, se non ha ricevuto un’educazione adeguata o buona, è il più selvaggio di tutte le creature che la terra produce. Per questo il legislatore non deve permettere che l’educazione dei ragazzi sia questione secondaria o accessoria, ma in primo luogo, per cominciare, è necessario che sia ben scelto colui che si occuperà di loro e che sia tra i cittadini il migliore in tutto e che, ponendolo alla direzione di questa carica, lo si costituisca nel modo migliore possibile come sovrintendente dei giovani. » (Platone, Le Leggi)

 

Se l’educazione è il mezzo per dare un futuro allo Stato, è anche però un banco di prova per la società odierna: uno scarso interesse per il futuro dei giovani denota una miopia della società postmoderna nei confronti di ciò che ha veramente valore.

 

I politici sono impegnati solamente a migliorare i conti dello Stato, incapaci di vedere quello che stanno trascurando; parlare del futuro sembra ormai fuori moda e sentiamo solamente discutere dei beni materiali senza considerare che lo Stato deve essere innanzitutto portatore di valori spirituali. Lo Stato sembra si sia trasformato in una banca che gestisce i fondi pubblici e vede i cittadini solamente come fonti di reddito.

Possiamo ritrovare questo tendere a ciò che è “materiale”, nella continua volontà di professionalizzazione della scuola: si tende a preferire e ad elogiare le materie scientifiche – tanto meglio se specifiche – a discapito delle materie umanistiche. Così sentiamo da ogni parte persone che criticano il latino, il greco, la storia, etc.

 

Si guarda alle discipline umanistiche come qualcosa da screditare, dal momento che si crede esse siano inutili solamente perché non insegnano a fare qualcosa di “concreto”. Ma qual è il risultato di questo continuo bombardamento atto a screditare tutto ciò che non è “materiale”, che come abbiamo visto comincia sin dalla giovane età nelle scuole?

 

Il risultato è purtroppo la formazione di giovani che sono sempre più disinteressati a ciò che è spirituale, morale: in poche parole a ciò che conta veramente. Il motto nietzschiano del «non ci sono fatti, solo interpretazioni» è appunto il mantra attraverso cui le nuove generazioni vengono allevate: quello che dovrebbe essere un’ educazione si trasforma così in una non-educazione. La scuola viene così vista come qualcosa di imposto, perché effettivamente lo è: lo è appunto perché nemmeno gli educatori hanno la coscienza dell’importanza che la formazione dovrebbe avere

 

La scuola finisce per professare il diritto del più forte (educatore) ai danni dei più deboli (alunni). Questo deriva dall’impossibilità da parte degli insegnanti di giustificare quello che insegnano, appunto perché soltanto materiale; come si può pensare di fondare la scuola sulla materialità se essa nasce appunto dalla necessità di insegnare dei valori, che vanno al di là, e anzi elevano, la mera esistenza empirica? 

 

Demetrio Cosola, "Il dettato" (1891)
Demetrio Cosola, "Il dettato" (1891)

L’educatore dovrebbe essere un portatore di esperienze e valori; ma come fa ad esserlo se è innanzitutto lui che in primis non riconosce la possibilità dell’esistenza dei valori e della verità?

 

« Un’educazione davvero valida per i giovani come per gli adulti non consiste nel prodigarsi in consigli ma nel mostrare che viviamo mettendo in atto i moniti che siamo pronti a rivolgere ad altri. » (Platone, Le Leggi)

 

L’educatore perde il significato di quello che sta facendo se non crede sia vero quello che sta insegnando; allo stesso modo l’alunno – dopo aver capito questo – comincia a vedere la scuola come qualcosa di imposto. Il problema più grande della scuola di oggi è appunto quello di non sapere chi sia e cosa faccia: da una parte si impone l’obbligo scolastico, e dall’altra si insegna in quelle stesse scuole l’inutilità di imparare. Perché un ragazzo dovrebbe pensare che sia utile andare a scuola quando «non ci sono fatti, [ma] solo interpretazioni»? Perché non dovrebbe stare a casa e rimanere ignorante? Queste sono le domande a cui la società non sa rispondere, che mettono in evidenza lo stato moribondo in cui essa versa.

 

L’educazione è soltanto lo specchio della società postmoderna: un mondo che non si domanda se quello che sta seguendo (ricchezza, fama, potere, etc.) sia giusto, ma continua imperterrito con la convinzione che non abbia più senso domandarsi niente; tuttavia riempie gli alunni di nozioni senza la motivazione per cui quelle conoscenze siano utili.

 

8 aprile 2018

 




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