Contro la polarizzazione delle opinioni sul dramma di Macerata

 

La riduzione della realtà ad una contrapposizione in termini di fascismo e antifascismo illude di risolvere questioni che senza confronto rimangono in realtà paurosamente insolute. 

 

di Simone Basso

 

Mino Maccari, “Mussolini” (1943)
Mino Maccari, “Mussolini” (1943)

 

Sono tanto varie quanto inconsistenti e disorientate le reazioni all’accaduto di sabato scorso a Macerata. Aggirandosi tra le migliaia di reazioni nei social network, emerge una chiara polarizzazione tra due schieramenti, che, ancora una volta, rivela l’incapacità generale di raggiungere una visione d’insieme sufficientemente matura. Si considerino per primi i predicatori, talvolta “politici”, che non perdono occasione di fare della lotta all’immigrazione il loro cavallo di battaglia. Più che una visione politica, quest’ultimi promuovono la diffusione di un senso di insicurezza, che riesce a moltiplicare gli effetti del fenomeno migratorio nel “sentire comune”; come dimostrano le cifre sulla percezione del numero di migranti in Italia, recentemente emerse da uno studio di Eurispes, a cui è importante prestare una certa attenzione. 

 

« Ai cittadini è stato chiesto di valutare una serie di fenomeni messi particolarmente in risalto dal circuito mediatico, con l’obiettivo di sondare le opinioni diffuse e metterle a confronto con i numeri reali. Solo il 28,9% indica correttamente l’incidenza di stranieri sulla popolazione all’8%. Più della metà del campione, al contrario, sovrastima la presenza di immigrati nel nostro Paese: per il 35% si tratterebbe del 16%, per ben il 25,4% addirittura del 24% (un residente su quattro in Italia sarebbe non italiano). Meno di un terzo (31,2%) valuta correttamente la presenza di immigrati di religione islamica in Italia che è del 3%, in tutti gli altri casi (68,7%) viene sovrastimata.  Gli italiani che stimano con esattezza la presenza africana in Italia (a circa l’1,7% della popolazione) sono soltanto il 15,4% del totale. »

 

 

Così, al crescere della retorica, che costruisce con semplicismo il “nemico” contro il quale scagliarsi e a cui attribuire la causa di ogni male, crescono anche le possibilità che un individuo, incapace di riconoscere la strumentalizzazione messa in atto, decida di dare libero sfogo ad azioni criminali e nefandezze razziste di cui l’esempio di Macerata è l’espressione più tragica. 

 

Si passi ora a considerare il polo opposto, di coloro che identificano la causa fondamentale dell’attacco perpetrato nel ritorno di un’ideologia fascista; da cui consegue l’individuazione della miglior strategia d’azione nella repressione del fenomeno fascista. La domanda che sorge dalla questione, posta in questi termini, diventa allora: quando una certa azione o modo di esprimersi sono da ritenersi fascisti o razzisti e quando non lo sono? È da indicare come razzista o fascista il politico che promuove una certa retorica anti-immigrati, pur non riferendosi ad azioni violente? Se sì, risulterà chiaro come non sarà possibile definire fascista allo stesso modo sia chi predica una certa linea d’azione, sia chi agisce in maniera violenta e indiscriminata; essi dovranno essere distinti da un diverso grado di fascismo. Facendo un giro tra pagine Facebook e profili Twitter, si può rimanere sconcertati davanti a tutti i commenti, carichi di odio che in una certa misura possono sicuramente rientrare in una generale definizione di razzismo. Ma la questione è: si pensa veramente di risolvere questo problema additando, con sempre maggior decisione, come fascista chiunque esprima queste infondate prese di posizione? L’esempio che appare più calzante è quello dei discorsi che, idealmente per strada o nei bar, si sentono a proposito di immigrati e criminalità. Queste persone, che affrontano certe questioni con un’estrema carenza di problematicità, possono essere accusate di fascismo? Il loro esprimersi, sicuramente riprovevole e da denunciare, contiene veramente il discriminante che li rende passibili di essere tacciati di fascismo? Ma soprattutto, è veramente la risposta a queste domande che permetterà loro di farli progredire e migliorare la visione limitata che hanno del problema? 

 

 

No. Se anche ci si accordasse tutti su un limite chiaro e ben definito di che cosa sia o cosa non sia fascismo o razzismo, questo non risolverebbe il problema. Anche assumendo si riuscisse a convenire che il solo “parlare a favore del fascismo” sia effettivamente fascismo, questo non cambierebbe di una virgola la situazione nella quale si è attualmente. Limitarsi ad appellare come fascista un pensiero estremamente diffuso, non farà altro che convincere tutti coloro che si riconoscono in quel determinato pensiero di essere fascisti. Cresce il numero di persone, anche tra la gente comune e difficilmente sospettabile di azioni violente, che sono disposte ad autodefinirsi come fasciste o razziste. Questo è stato reso possibile dal generale sdoganamento del termine. Ma da cosa è stato favorito? La causa di ciò non sono solo i gruppi, in passato piccoli, che nel tempo ne hanno rivendicato l’appartenenza. Ad agire in favore di questa diffusione del fenomeno, sono state anche le stesse accuse esageratamente generalizzate di fascismo, che hanno fatto sì che anche coloro che coltivavano una superficiale opinione su certe tematiche, una volta ritrovatisi attribuito un termine che li definisse, piuttosto che metterlo in discussione, ne hanno assunto il significato. Una sorta di applicazione della “profezia che si auto-adempie” teorizzata da Merton, il quale ha preso spunto a sua volta dal “teorema di Thomas”, che afferma: 

 

« Se gli uomini definiscono reali certe situazioni, esse saranno reali nelle loro conseguenze. »

 

Affermazione che necessiterebbe di un approfondimento, ma che ben riassume l’essenza del meccanismo appena descritto. 

 

Per concludere, con il presente articolo non si vuole dire che bisogna rifiutare in toto di approfondire il dibattito su cosa sia o non sia da ritenersi fascista o razzista, ma che tale dibattito diventa infruttuoso o addirittura dannoso se condotto con la retorica anti-fascista proposta al giorno d’oggi, mancante di una comprensione delle ragioni profonde che portano allo sviluppo di una certa linea di pensiero. Per approfondire tali ragioni, si veda: Reato di ignoranza e anacronismo fascista.

 

P.S.: Ci tengo a sottolineare che in questo articolo i termini fascista e razzista sono stati usati apparentemente come sinonimi, perché espressioni attraverso cui agisce lo stesso meccanismo, ma mantengono un’importante differenziazione, che qui non è stata affrontata.

 

9 febbraio 2018

 




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