È possibile salvare la democrazia? In dialogo con Sabino Cassese

 

La “quadratura del cerchio” è impossibile: il Capitalismo non può essere democratico e la Democrazia non può essere capitalistica. È possibile solo, per rimanere alle metafore geometriche, un cerchio inscritto in un quadrato o un quadrato inscritto in un cerchio. Fuor di metafora, una subordinazione dei valori del Capitalismo ai valori della Democrazia o viceversa.

 

 

In una profonda e circostanziata riflessione, pubblicata su La Lettura del Corriere della Sera del 31 gennaio 2021, il professor Sabino Cassese – giudice emerito della Corte costituzionale, giurista e fine intellettuale – affronta la questione del grado di salute di cui gode la democrazia nel mondo che, come è noto, è stata messa a dura prova dalla comparsa della pandemia.

La situazione non è affatto semplice e «in tutto il mondo si levano voci preoccupate per l’impatto della pandemia sulle democrazie, le libertà, l’affermazione dei principi universali sui diritti dell’uomo». Non si tratta solo delle “voci” dei singoli individui che, estremamente preoccupati per la propria salute e la propria diminuita probabilità di sopravvivenza, si lasciano andare alle più variopinte esternazioni e in alcuni casi scivolano nel più bieco “complottismo”. Cassese riporta puntualmente una serie di studi indipendenti e autorevoli. Anzitutto la «Freedom House, una organizzazione non governativa internazionale fondata da Eleanor Roosevelt nel 1941, con sede a Washington» che nell’ottobre scorso ha calcolato che «in un quarto dei paesi del mondo la pandemia ha prodotto abusi di potere e anche violenze», e che in metà degli Stati «sono state introdotte limitazioni alla libertà di manifestazione del pensiero, oppure controlli sull’informazione». Inoltre, «il timore della diffusione del contagio ha indotto alcuni Stati a rinviare le elezioni» ovvero, aggiungiamo noi se ce ne fosse bisogno, a congelare il cuore pulsante della democrazia. Nello stesso «Parlamento europeo si sono udite parole preoccupate sulla possibilità che la Cina sfrutti la pandemia per influenzare il rispetto dello Stato di diritto in Europa» grazie alla spendibilità, in seno all’opinione pubblica delle democrazie occidentali, della maggiore efficacia della risposta autoritaria al problema della biosicurezza, come Cassese riconosce, affermando che «si sentono sempre più voci ammirate della reazione di un ordinamento non democratico come quello cinese» al pericolo epidemico. Lo stesso «presidente Emmanuel Macron si è chiesto se non occorra ridurre la democrazia e accettare qualche forma di autoritarismo». E, in Italia, «secondo il cinquantaquattresimo Rapporto Censis (2020), quasi il 58 per cento dei nostri concittadini è disponibile a rinunciare alla libertà personale in favore della salute collettiva».

 

 

Il panorama che ci si offre è davvero preoccupante e sembrerebbe corrispondere all’allinearsi di una serie di condizioni estremamente favorevoli alla messa in discussione radicale dei valori della libertà e della democrazia, tale che non è azzardato supporre che potremmo essere di fronte all’agonia della democrazia così come l’abbiamo conosciuta in Occidente durante l’evo moderno. E Cassese ne è del tutto consapevole quando drammaticamente si domanda se «siamo quindi disposti a rinunciare alle maggiori conquiste civili degli ultimi tre secoli (libertà, democrazia, abbandono del nazionalismo, riduzione del ruolo dello Stato a favore di principi e regole universali), barattandole contro maggiore sicurezza e salute»? Non è una domanda da sottovalutare poiché il suo stesso porsi lascia emergere con forza i dubbi radicali che serpeggiano ad ogni livello: istituzionale, intellettuale e ormai popolare. Solo fino a qualche anno fa uno scenario simile sarebbe stato impensabile, anche se Cassese segnala – giustamente – che «la pandemia ha solo accentuato e drammatizzato dilemmi che erano già presenti», ma che non avevano le proporzioni epocali della morte della democrazia.

Prima di tracciare le linee fondamentali della propria autorevole opinione, Cassese sottolinea come non sia «la prima volta che i sistemi politici si trovano dinanzi alla necessità di "quadrare il cerchio"» ovvero di tenere insieme, senza che il sistema crolli, esigenze che orientano verso scelte alternative e inconciliabili come accadde negli anni Trenta del secolo scorso durante la Grande depressione, in cui i valori della Democrazia e i valori del Capitalismo sembravano in rotta di collisione, paventando una deriva illiberale causata dall’attrattiva esercitata dai nazifascismi, che – come è noto – erano in grado di suscitare consenso popolare proprio per le stagnanti condizioni economiche.

 Tuttavia, senza troppo indulgere sulla questione, è bene tener presente che, nel caso citato da Cassese, la riuscita “quadratura del cerchio”, prolungatasi per tutta la seconda metà del XX secolo, è stata più una giustapposizione tra le due figure geometriche – fuor di metafora tra Democrazia e Capitalismo – che una vera e propria sintesi tra i due diversi sistemi assiologici. Non deve essere perso di vista, infatti, lo sfondo storico all’interno del quale si è consumata l’alleanza tra Capitalismo e Democrazia. La seconda metà del secolo scorso è stata strutturalmente determinata dalla cosiddetta Guerra fredda che altro non è stata se non lo scontro mortale tra il Capitalismo e il Comunismo, due diverse e inconciliabili visioni economiche, e non solo, della realtà, incarnate la prima dagli USA e la seconda dall’URSS. È proprio a causa di questo scenario, che vedeva il Capitalismo impegnato in questa lotta per la propria sopravvivenza, che è stato possibile “tenere insieme” i valori democratici e i valori capitalistici che, di per sé, sono in conflitto tra loro. Il Capitalismo, infatti, ha come scopo ultimo l’incremento indefinito del profitto individuale, mentre la Democrazia ha come scopo ultimo la libertà, intendendo essere una procedura per la realizzazione ottimale delle scelte della “volontà popolare” espresse a maggioranza, neutrale e indifferente ai valori che tali scelte incarnano, escluso naturalmente il super-valore della libertà che non può essere messo in discussione, pena il decadere della Democrazia stessa. Analogamente, il Capitalismo considera tutti gli altri valori realizzabili e perseguibili, libertà compresa, purché non mettano in discussione quel super-valore che per il Capitalismo è il profitto. Una organizzazione sociale veramente capitalistica persegue primariamente il profitto e solo in via subordinata valori diversi dal profitto come, per esempio, la libertà. In una società veramente capitalistica, di fronte alla scelta di sacrificare la libertà per il profitto o viceversa, verrebbe sempre sacrificata la libertà. Così come in una società veramente democratica, di fronte alla scelta di sacrificare il profitto per la libertà, verrebbe sempre sacrificato il profitto. Da ultimo un’organizzazione sociale non può essere et capitalistica et democratica, se non appunto per una semplice giustapposizione o, come è accaduto durante la Guerra fredda, per una alleanza contro un comune nemico, nella fattispecie il Comunismo. Non è affatto causale che, non appena conclusosi lo scontro ideologico, politico e militare tra USA e URSS nel 1989 con la caduta del muro di Berlino e il conseguente sfaldamento dell’URSS che segna la sconfitta definitiva del Comunismo sul piano storico, è diventata sempre più emergente ed evidente la conflittualità tra i sistemi di valori incarnati dal Capitalismo e dalla Democrazia.

 

 

In Italia, tra l’altro, questo conflitto è stato ed è particolarmente evidente poiché per ben tre volte (il governo Dini lo riterrei più un governo genuinamente politico) negli ultimi trent’anni i valori fondanti della Democrazia sono stati sacrificati alle ragioni del Capitalismo. La prima volta nel 1993 in occasione del governo guidato dal futuro Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che non a caso fu il primo governo della storia della Repubblica Italiana a essere guidato da un non parlamentare ovvero da qualcuno che non era espressione diretta della “volontà popolare” mediante procedure democratiche, ma al contrario rappresentava l’incarnazione del sistema Capitalistico preoccupato, all’epoca, della tenuta finanziaria dello Stato ovvero della realizzazione dei valori capitalistici. Lo stesso professor Cassese fu ministro della Funzione pubblica nel governo presieduto da Ciampi. Una seconda volta nel 2011 in occasione del governo guidato dal senatore Mario Monti, anch’egli perfetta personificazione del sistema assiologico capitalista che all’epoca sacrificò i valori della libertà e della democrazia sull’altare dei propri valori, poiché di nuovo lo Stato si trovava di fronte ad un possibile default finanziario. E proprio nelle ultime settimane si è formato il governo presieduto da Mario Draghi, anche quest’ultimo come i due precedenti non espresso dalla “volontà popolare” mediante le procedure democratiche, ma preso a prestito dalle “istituzioni” del Capitalismo in occasione dell’ennesima crisi economica che minaccia il Paese se non si danno immediatamente risposte “valide” sulla base dei “valori” del sistema capitalistico.

È appena il caso di precisare che non si sta formulando un giudizio politico né, tantomeno, etico su tali governi, ma si sta indicando come concretamente la conflittualità tra Democrazia e Capitalismo s’incarni poi nelle vicende reali e non rimanga affatto una questione astratta, se non addirittura iperuranica.

Per rispondere dunque alla domanda che correttamente e giustamente pone Cassese ovvero se “riusciranno ora a quadrare nuovamente il cerchio, o la pandemia suggerirà di introdurre un freno a libertà, democrazia e riconoscimento di valori universali” ovvero se è possibile “coniugare crisi economica e valori liberaldemocratici” è inevitabile rispondere negativamente, al di là dei probabili e momentanei prolungamenti dei tentativi novecenteschi di giustapporre e di tenere insieme “contro natura” Capitalismo e Democrazia.

La “quadratura del cerchio”, dunque, è impossibile. Il Capitalismo non può essere democratico e la Democrazia non può essere capitalistica. È possibile solo, per rimanere alle metafore geometriche, un cerchio inscritto in un quadrato o un quadrato inscritto in un cerchio. Fuor di metafora, una subordinazione dei valori del Capitalismo ai valori della Democrazia o viceversa.

Ma le questioni che pone Cassese hanno una rilevanza molto più ampia del rapporto conflittuale tra i valori liberaldemocratici e i valori capitalistici, poiché l’evento pandemico non ha lasciato emergere solo l’insicurezza economica legata alle misure emergenziali poste in essere dai governi, ma ha imposto all’attenzione delle classi dirigenti, degli intellettuali e dei popoli tutti una nuova e – ad avviso di chi scrive – decisiva forma di insicurezza: la bio-insicurezza ovvero il palesarsi drammatico della minaccia concreta e immediata della sopravvivenza fisica per larghe fasce della popolazione mondiale. Non si tratta più solamente di bilanciare la conflittualità tra benessere economico e valori liberaldemocratici come “nel quarto e nell’ultimo decennio del secolo scorso”. Tra i due, per così dire, tertium datur. E questo terzo incomodo, fino a ieri un convitato di pietra e oggi tragicamente sotto gli occhi di tutti, è la Tecnica guidata dalla scienza moderna che rappresenta l’unico “vero” rimedio al problema della bio-insicurezza. Detto più semplicemente, se ciò che i popoli domandano è la salvezza dalla minaccia di morte rappresentata dal virus attualmente in pan-circolazione, il Capitalismo e la Democrazia, con il loro bagaglio di valori, non hanno nessuna possibilità di produrre una risposta efficace, come ha ben sintetizzato Stefano Cingolani su Il Foglio del 6 febbraio 2021: «cosa può fare la politica che è il regno della volontà, contro il virus che scaturisce dal regno della necessità? Ogni sogno s’infrange di fronte all’acido ribonucleico o alla proteina spike. Il primato della politica si arrende di fronte al primato del contagio. Hai voglia a criticare la tecnocrazia quando solo la scienza applicata può salvare la nostra vita». In sintesi, nessuna variazione possibile del valore della libertà, la Democrazia, cosi come nessuna variazione possibile del valore dell’incremento indefinito del profitto individuale, il Capitalismo, è in grado di porre in essere una risposta “efficace” che elimini, o almeno circoscriva, questa minaccia alla biosicurezza e qualunque altra forma futura di minaccia si dovesse presentare.

 

 

Se il problema è la bio-insicurezza, l’unica risposta è la biosicurezza che solo la Tecnica è in grado di produrre e ogni altro sistema assiologico è un “sogno”, è una risposta irreale ad un problema reale. Chi crede di poter rispondere alla domanda di biosicurezza dei popoli, che crescerà esponenzialmente, con i valori e i mezzi liberaldemocratici o con i valori e i mezzi dell’economia capitalista è come colui che volesse afferrare la luna con la propria mano. Un sognatore, appunto, che prima o poi sarà risvegliato dall’incubo della realtà in cui vive – e muore.

D’altronde è più che comprensibile che si tenti di conciliare il sistema capitalistico-democratico, che come abbiamo mostrato è già di per sé l’inconciliabile conflittualità tra Democrazia e Capitalismo, con la Tecnica con lo scopo di tenere insieme libertà, profitto e salute ovvero biosicurezza che dir si voglia. Ma, in questo modo, la conflittualità tra i tre diversi sistemi assiologici si moltiplica poiché a propria volta la Tecnica non è un semplice strumento neutrale senza alcuno scopo, come la vicenda pandemica ha iniziato a mostrare. La Tecnica, infatti, ha come scopo l’oltrepassamento di ogni limite conoscitivo e pratico. Altrimenti e più efficacemente detto, lo scopo della Tecnica è l’incremento indefinito della potenza ovvero la messa in atto della sicurezza assoluta, di cui la biosicurezza è una delle forme emergenti. Mentre ogni altro sistema assiologico, con uno scopo escludente gli altri scopi, tenta di salvare l’uomo da un solo pericolo, quello di cui lo scopo è la negazione, la Tecnica fa propri tutti gli scopi e proprio per questo sapone come obiettivo la salvezza dell’uomo da ogni pericolo.

Cassese, tuttavia, ritiene che sia possibile conciliare Democrazia e Tecnica, cosi come nelle precedenti crisi “nel quarto e nell’ultimo decennio del secolo scorso” è stato possibile far “quadrare il cerchio” della conflittualità che contrapponeva Democrazia e Capitalismo.

Ammesso e non concesso che nel secolo scorso ci fu una soluzione della conflittualità tra Democrazia e Capitalismo e non una semplice alleanza momentanea e difensiva contro il comune pericolo comunista durante la Guerra fredda, quale sentiero risolutivo Cassese indica per far “quadrare il cerchio” nell’attuale situazione conflittuale che egli stesso ha autorevolmente descritto? «Per bilanciare sicurezza e libertà, ed evitare «scelte tragiche» a danno della seconda, basta rispettare la Costituzione» sostiene Cassese e anche se la questione è “più complicata” riguardo alla «"scelta tragica" tra sicurezza e democrazia” di nuovo “i rimedi sono nella Costituzione». Cassese non si limita alla sola situazione italiana, ma proietta su scala planetaria il percorso risolutivo, indicando una “costituzione globale” ovvero un rafforzamento della Democrazia ad ogni livello: «se si vuole maggiore sicurezza nei confronti delle pandemie, l’unica soluzione sarà quella di rafforzare l’Organizzazione mondiale della sanità», si dovrà altresì rafforzare «l’Icann (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers, il supremo regolatore di internet e del web)» e più in generale ogni forma di istituzione democratica mondiale che abbia il compito di sorvegliare sui limiti imposti dalla “costituzione globale”. Per Cassese «la conclusione è, dunque, che le regole per fare convivere la sicurezza con la libertà, con la democrazia e con la globalizzazione, ci sono. Le limitazioni di libertà, democrazia e globalizzazione, in nome della sicurezza, sono, a loro volta, sottoposte a limiti» dove questi limiti sono quelli imposti dalla Costituzione in Italia e dalla “costituzione globale” nel mondo.

Seppur auspicabile, cosa assicura che la “conclusione” di Cassese rappresenti la “quadratura del cerchio” in cui la libertà democratica e la sicurezza tecnoscientifica riescano a convivere risolvendo la loro, a nostro avviso, ineliminabile conflittualità?

Anzitutto è opportuno sottolineare che, implicitamente, lo stesso Cassese riconosce l’impossibilità di far “quadrare il cerchio”, poiché, se le limitazioni alla Democrazia e ai suoi valori “in nome della sicurezza” devono essere, “a loro volta, sottoposte a limiti”, ciò significa che il cedimento valoriale della Democrazia deve essere regolato a propria volta dalla Democrazia stessa, la quale s’incarna proprio nella Costituzione (italiana o “globale” che sia). Siamo, di nuovo, di fronte ad un quadrato inscritto in un cerchio e non alla quadratura del cerchio, dove il cerchio è la Democrazia che stabilisce i limiti entro cui è concesso, al quadrato della sicurezza incarnata dalla Tecnica, di oltrepassare i limiti. Cosi come un quadrato rimane inscritto in un cerchio se e solo se i vertici del quadrato non intersecano la circonferenza del cerchio, così la Tecnica può agire in nome dei valori della sicurezza e della salute se e solo se rimane all’interno dei limiti stabiliti dalla Democrazia, ma – iniziamo ad accennarlo – la Tecnica limitata non è più la Tecnica, così come la Democrazia che non impone limiti alla Tecnica in nome dei valori liberal-democratici non è più Democrazia.

Fuor di metafora ciò significa che, da ultimo, sono i valori liberaldemocratici a non essere sacrificabili ai valori della sicurezza e della salute. Certo, in una situazione di emergenza come quella attuale, Cassese accetta che si possa ricalibrare il rapporto, ma sempre all’interno dei limiti inoltrepassabili che la Democrazia stabilisce mediante le carte costituzionali o mediante ogni altro processo, struttura o organizzazione di natura liberale e democratica, salvo che Cassese con l’espressione “Costituzione” non intenda il quadro di norme fondamentali e democraticamente fondanti e altresì democraticamente fondate, ma qualcosa di più storicamente ampio o addirittura qualcosa di simile alla Grundnorm di kelseniana memoria che si limiterebbe a dare cogenza giuridica alla situazione storica e normativa de facto.

Pur ribadendo che tutto ciò è auspicabile, e probabilmente nel breve-medio termine anche realizzabile, la questione del rapporto tra la Democrazia – ovvero il sistema assiologico liberal-democratico – e la Tecnica, intesa quest’ultima come il sistema che ha il fine ultimo dell’incremento indefinito della potenza e quindi anche di quella particolare forma di potenza che è rappresentata dalla biosicurezza che i popoli sempre più invocano e che sempre più invocheranno, rimane completamente esposta ad una instabilità che inevitabilmente condurrà all’abbandono dei valori liberal-democratici in favore della biosicurezza assicurata in via esclusiva dalla Tecnica.

La Democrazia, infatti, ma un discorso analogo può essere fatto per il Capitalismo e gli altri sistemi assiologici, è tale solo nella misura in cui, lo abbiamo già rilevato, mantiene come proprio fine ultimo la libertà dei popoli. Se la Democrazia avesse come scopo ultimo il “regno dei cieli” o l’incremento indefinito del potere personale degli individui che incarnano le istituzioni democratiche (vedi il caso delle democrature sparse per il pianeta), della Democrazia rimarrebbe solo la vuota parola, poiché modificato il fine ultimo di un sistema assiologico quest’ultimo sarebbe completamente altro da ciò che esso era prima della variazione del fine ultimo.

Cosa “inevitabilmente condurrà” alla rinuncia dei valori democratici in favore della Tecnica? È anzitutto opportuno ricordare che il nostro è il tempo della “morte di Dio” ovvero il tempo in cui, per ragioni che qui non è possibile esporre, è tramontata l’idea stessa di una verità assoluta e di un fine ultimo dell’agire che s’imponga per sé su fini ultimi alternativi e conflittuali. Il nostro è il tempo in cui ogni sistema assiologico – Democrazia, Capitalismo, Comunismo, ma anche Cristianesimo, Islamismo e così via – può solo imporsi per altro sui sistemi di valori concorrenti. Questo “altro”, che ogni sistema valoriale utilizza per essere vincente sugli altri è appunto la Tecnoscienza intesa come la capacità di realizzare qualunque scopo, compresi i fini ultimi dei sistemi conflittuali che attualmente cercano di imporsi gli uni sugli altri. Tuttavia ciò implica che ognuno dei sistemi assiologici, per poter realizzare il proprio fine ultimo a discapito degli altri sistemi, deve necessariamente implementare e potenziare il mezzo che solo glielo consente ovvero la Tecnica, altrimenti sarebbe soppiantato dagli altri sistemi assiologici, con il risultato finale che ogni sistema assiologico deve rafforzare e potenziare la Tecnoscienza in quanto unico mezzo in grado di imporre il proprio fine ultimo.

L’essenza del mezzo, tuttavia, è la sua sostituibilità, se un mezzo diventa insostituibile non è più un mezzo ma è ormai diventato il fine ultimo dell’agire e questo è ciò che sta accadendo nel rapporto tra Democrazia e Tecnoscienza. Lo scopo della tecnoscienza, all’interno del quale è annoverabili anche la biosicurezza dei popoli, sta diventando lo scopo della Democrazia, che si trova costretta a sacrificare i propri valori ai valori della tecnoscienza ormai mezzo insostituibile e quindi in verità scopo.

È questo il senso globale all’interno del quale va letto il cedimento dei valori liberal-democratici a favore della biosicurezza tecnoscientifica: o la Democrazia cede terreno per sopravvivere o muore, ma in tutti e due i casi alla fine del processo la Democrazia è destinata a morire.

 

 27 febbraio 2021

 








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