La filosofia come ricerca dell'origine

 

Il richiamo all’originario e al fondamento dovrebbe essere sempre consapevole nella filosofia, ma non nel ruolo di giustificazione astratta, bensì come essenza dello stesso domandare.

 

di Giacomo Lovison

 

Alessandro Tofanelli, "Di ritorno" (2021)
Alessandro Tofanelli, "Di ritorno" (2021)

 

Il ragionamento filosofico è indissolubilmente legato con il concetto di origine. La filosofia, nel suo continuo tentativo di dar ragione della realtà che la circonda, si trova di fronte ad una difficoltà che pare insolubile: spiegare l’origine. Dare ragione dell’origine non è uno dei tanti compiti della filosofia, come molto spesso si pensa, ma è l’unico proposito effettivamente filosofico. Ogni indagine che viene chiamata filosofica si deve confrontare con il problema dell’origine: il domandare filosofico non si ferma ad una parte della realtà, ma consiste nell’instancabile ricerca del fondamento. Una delle più grandi illusioni della filosofia contemporanea è la pretesa di poter compartimentare le differenti branche della filosofia. Questo tentativo di particolarizzazione dell’indagine è però qualcosa di assurdo, soprattutto nel momento in cui ci si vanta di questa iper-specializzazione. Se per esempio la filosofia morale non può occuparsi delle questioni fondamentali della filosofia, ma deve limitarsi a stabilire la moralità dei comportamenti umani, allora non stiamo più parlando di filosofia, ma di una forma depotenziata di quest’ultima. La filosofia non può imporre dei limiti al proprio interrogare, non può relegare la questione dell’origine in un angolo dimenticato. La filosofia è tale solo se è interrogazione dell’origine. L’indagine filosofica anela a questo fondamento su cui costruire i propri ragionamenti; dimenticarsi questo anelito significa perdere di vista il vero significato della filosofia. 

 

La ricerca dell’origine è insita nella filosofia, c’è una correlazione indissolubile tra l’origine e la filosofia. Se l’origine è ciò da cui tutto comincia, allora la filosofia non può far altro che indagare questo inizio. Come affermato precedentemente questo compito della filosofia appare però insolubile. Il problema che si trova ad affrontare la filosofia è che essa stessa deriva dall’origine che tenta di spiegare. Un domandare filosofico che interroga il fondamento dello stesso domandare, una domanda che chiede della stessa domanda. L’origine è questo continuo iniziare che sembra sempre sfuggire alla domanda filosofica, questa distanza che l’uomo tenta di colmare. L’origine è perciò l’inizio della domanda filosofica, ciò da cui la filosofia deriva ed in definitiva ciò a cui tenta di ritornare. La filosofia è sempre questo conflitto: da una parte l’incessante interrogare che chiede ragione dell’inizio, del proprio punto di partenza; dall’altra parte l’impossibilità di dar conto di questo inizio, perché anche il domandare filosofico deriva da questa origine che tenta di spiegare. La filosofia deve sempre ricominciare da questa consapevolezza: ogni interrogare è un domandare derivato. La stessa forma in cui si produce la filosofia, ossia la domanda, esplicita questo derivare dall’origine. L’essenza della domanda, e dunque della filosofia, è che esista questa distanza con l’origine. Deve esistere uno stacco perché si produca il domandare, se non ci fosse questa distanza non esisterebbe la filosofia e non si sentirebbe nemmeno il bisogno di interrogare la realtà.

 

René Magritte, "La condizione umana II" (1935)
René Magritte, "La condizione umana II" (1935)

 

Il rapporto con l’origine però viene spesso visto in modo differente. L’origine viene pensata come un rifugio sicuro in cui ripararsi, un’ancora di salvezza a cui assicurare i propri ragionamenti. Come ci ricorda David George Ritchie in un suo articolo intitolato Origine e validità, molto spesso un ragionamento o un’idea vengono giustificati rifacendosi al concetto di un’origine privilegiata. L’origine di qualcosa diventa la sua giustificazione, soprattutto quando la filosofia ricerca il fondamento di ciò che sta indagando. «Una delle principali caratteristiche della fase “metafisica” del pensiero è il tentativo di giustificare il valore delle idee, in particolare di quelle morali, rintracciando un’origine che possa essere considerata come illustre e dignitosa, sia che la sua grandezza e dignità venga dalla chiarezza della ragione, sia che derivi da ciò che è oscuro e misterioso». Questo continuo rifarsi all’origine non viene però mai chiarificato, rimane sempre nell’ombra. Per quanto riguarda il pensiero comune, questo richiamo all’origine prende la forma del rifarsi alla tradizione. A prima vista questo tipo di giustificazione potrebbe sembrare una mossa intelligente: rifarsi a qualcosa di lontano e irraggiungibile invece di tentare una giustificazione difficoltosa. Si fa qualcosa o si pensa qualcosa perché fa parte della tradizione, perché è sempre stato fatto così: questa è la formula che molti usano per giustificare la propria vita. Come ci ricorda Ritchie questo atteggiamento si ritrova anche nella filosofia: un esempio che viene portato dal pensatore scozzese è la questione dei diritti naturali.

 

 

I diritti naturali esemplificano bene questo richiamo all’origine: un diritto è valido perché è naturale. Ci si ferma a questa affermazione e non si procede oltre: un diritto è giustificato perché è connaturato nell’uomo. In questo ragionamento non si tenta di spiegare la ragione di questa correlazione, ma la si dà per presupposta. Non si indaga il significato della natura o dell’origine a cui ci si richiama, questi termini vengono usati nel loro significato più astratto, anzi vengono usati proprio perché suggeriscono la massima indeterminatezza. Da questo richiamo all’astratto derivano tutta una seria di fraintendimenti che lo stesso Ritchie espone: «Non c'è possibilità che si possa capire cosa si intende per “Natura” o “naturale” se non sappiamo a cosa chi parla stia opponendo il termine. […] la peculiarità dell'appello alla natura è la negazione, l'antagonismo». Come scrive Ritchie, il termine natura può essere usato in qualsiasi modo: supportare lo status quo, dicendo che non si può infrangere l’ordine naturale; oppure criticare l’ordine prestabilito, richiamando una fantomatica età dell’oro in cui tutto era perfetto. Questo uso astratto del termine “natura” non si limita al campo dei diritti, nella stessa moralità è presente questo uso astratto del termine. Un comportamento è giusto se rispecchia la natura dell’essere umano, un’idea è valida perché è originaria

 

Con questa breve serie di esempi ho cercato di mostrare, seppur in modo incompleto, l’uso che viene fatto del concetto di origine: un termine che viene usato come se provenisse da un’autorità infallibile. Il richiamo all’origine, che dovrebbe ribadire l'essenza della domanda filosofica, finisce col diventare la negazione della filosofia. Il richiamo all’originario e al fondamento dovrebbe essere sempre consapevole nella filosofia, ma non nel ruolo di giustificazione astratta, bensì come essenza dello stesso domandare.

 

 14 febbraio 2021

 








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