Una riflessione sul significato, le motivazioni e le conseguenze del tradimento, inteso come l’incapacità a rispettare gli impegni più sacri che si son presi nei confronti di un’altra persona.
Quando si parla di una relazione, nella sua accezione più ampia (amicale, lavorativa, affettiva…), vi è un concetto che si collega spesso ad essa, cioè quello di fiducia. Noi possiamo intendere una relazione come il mero incontrarsi di due o più persone che intrattengono un qualsiasi tipo di interazione: in tal caso, la fiducia non sembra qualcosa di fondamentale, per quanto, anche nella più elementare relazione (ad esempio, fra due sconosciuti che parlano lingue diverse) vi è, seppur in germe, un qualche tipo di fiducia. Ad esempio, l’idea che chi si abbia davanti non attaccherà e non tenterà di annichilire chi si è presentato di fronte a sé.
La fiducia – il confidare in quel che l’altro pensa e fa, il sentirsi sereni e tranquilli quando la vita personale si intreccia con quella altrui – diventa un elemento fondamentale tanto più la relazione diventa fondamentale per sé. Più, infatti, si vuole costruire assieme all’altro qualcosa di impegnativo – che richiede tempo ed energie, rischi e pericoli – tanto più è necessario sentirsi sereni con chi ci si relaziona: sapere che quella persona sarà presente, disponibile a proseguire assieme l’impegno preso. Tale riflessione, come detto, può valere per qualsiasi tipo di rapporto, ma più che mai viene richiamata a fronte delle relazioni affettive, dove due persone intrecciano le loro vite in modo estremamente significativo, al punto che i loro impegni, progettualità, aspirazioni e interessi pure si intrecciano, influenzandosi a vicenda. E quanto uno fa risente del supporto dell’altro e da questo, volontariamente, dipende. E quando la vita si lega con tanta forza – dipende – da quella altrui, la fiducia è necessaria. Tale dipendenza è volontaria nel senso che l’essere umano – di per sé un essere sociale, relazionale – non può isolarsi da qualsiasi tipo di relazione: per questo cercherà quelle positive, che potenziano il suo essere. E quelle positive sono quelle che infondono serenità, tranquillità, felicità, che si basano su un senso di fiducia nei confronti dell’altro.
Proprio la fiducia è quell’elemento che può, in certe situazioni, rovesciarsi nel suo opposto: il tradimento. Si tradisce quando si manca a quei doveri sacri, a quegli impegni presi volontariamente nei confronti dell’altro. Si era creato un patto, un consenso nella relazione, condiviso e da entrambi compreso, e lo si è infranto: perché ciò avvenga, ovviamente, bisogna partire da una situazione di fiducia. Ma com’è possibile che dalla fiducia nasca il tradimento? E il tradimento, nel venire meno ai vivi impegni presi, diventa una frattura insanabile?
Fino a dove si può tradire
Prendiamo come esempio il concetto più canonico di tradimento: quello di un partner con un’altra persona dal punto di vista sessuale. Potrebbe, all’inizio, sembrare una banalizzazione parlare di tradimento limitandosi a questo caso, ma si cercherà proprio di partire dal caso per giungere alla riflessione generale.
Il tradimento, come detto, implica una situazione di fiducia: si è creata una relazione, voluta da entrambi, e basata su una visione del mondo comune: si crede in determinati valori, comportamenti e modi di essere e si cerca, assieme, di attuarli. Lo si fa assieme proprio perché si pensa che, assieme a una persona di valore, quei valori possano esprimersi con maggior potenza. Si è, cioè, migliori con l’altro.
Ipotizziamo quindi che una coppia ritenga vero – lo abbia condiviso nel dialogo, nel confronto, nei gesti – che la sessualità non sia qualcosa di slegato dalla propria emotività e ragione. Che, se il proprio pensiero e i sentimenti ci fanno sentire fortemente legati a una persona, allora da ciò scaturisce anche un legame sessuale, come suggello ed espressione massima del forte legame emotivo che si sente nei confronti dell’altro. Si ha fiducia, allora, che l’altra persona non compia un atto sessuale col primo che capita, perché in esso si vede un gesto d’amore dalla fortissima valenza.
Qui, ovviamente, qualcuno potrebbe obiettare che così non è, che la sessualità e l’affettività possono benissimo stare slegate: sarebbe una discussione interessante in cui inoltrarsi, ma non è il punto di interesse dell’articolo. Qui ipotizziamo che una coppia creda in questa posizione: se non ci credesse ed entrambi approvassero di essere una coppia aperta, infatti, non si darebbe tradimento (perlomeno, nel caso dell’atto sessuale).
Nel caso ipotizzato, invece, può darsi una situazione di tradimento di carattere sessuale. Ipotizziamo che esso possa presentarsi in due varianti:
- Si tradisce perché si prova un forte legame per un’altra persona, mentre quello col partner è da tempo scemato. Ci si innamora, globalmente, di un altro, quando il precedente amore è sfiorito. In questo caso, i principi su cui si basa il rapporto permangono, semplicemente si crede di non vederli più nel partner con cui si sta.
- Si tradisce perché una parte di sé viene attratta da una visione della sessualità differente: per quanto si ami il partner, una parte di sé vuole un rapporto con un altro secondo una sessualità più libera; o compie un atto sessuale come modo per replicare a una situazione di litigio col partner; ecc. Le possibilità sono varie, ma rientrano nel campo di far qualcosa che mette in dubbio gli stessi principi su cui si basa il rapporto.
A loro volta, queste situazioni potrebbero porsi secondo diversi gradi di attuazione: mero pensiero di attuare il tradimento; avvicinamento e approfondimento della conoscenza di una possibile persona con cui attuarlo; effettuazione del tradimento rendendolo poi palese al partner; effettuazione del tradimento nascondendolo agli occhi del partner. Proviamo a riflettere sulle differenti situazioni e vedere cosa vi sia di più o meno problematico in esse. Soprattutto, secondo che logica si sia passato dalla fiducia al tradimento.
Non scorgo più valori in te
Nella prima ipotesi, si sta con un partner con cui si è giunti alla situazione che non si prova più amore nei suoi confronti. La fiducia si basava su una presenza di valori che si vedevano, vivi, nell’altro, accendendo la propria emotività e sentendosi a lui legati. Quando quei valori non si percepiscono più, la fiducia diventa solo una lettera morta: si continua a rispettare il rapporto, ma il proprio cuore dice che di quel “patto” creato assieme non se ne vede più il senso. L’emozione che lo aveva suggellato è perita. È come se, anche se non si compiesse l’atto di tradire, il proprio sé interno già avesse tradito il patto, nel senso che non ve ne fa più parte, lo ha abbandonato.
Eppure, bisogna anche rendersi conto che fra i pensieri e l’azione v’è una differenza e bisogna, dunque, stare attenti, a fino a dove si utilizzi il termine tradimento, per non sviluppare un concetto così lasco da non definire più alcunché di preciso.
Ipotizziamo che un rapporto si incrini e un partner inizi a fantasticare di trovare un’altra persona con cui intrattenere un rapporto affettivo e sessuale. È un tradimento? Lo sarebbe, se credessimo che una relazione si instaura come un legame granitico e dogmatico, per cui si parte da delle premesse e le si mantiene integerrime fino alla fine, o le si rifiuta disintegrandole.
La vita, però, è dialettica e procede per dubbi, riflessioni, critiche e autocritiche, sali e scendi, crisi e riprese. La fiducia non è solo trovare assieme delle regole condivise in cui si crede, ma metterle continuamente alla prova nel confronto. Perché i dubbi e le perplessità sono inevitabili e sempre comparirà nella propria vita il negativo, inteso come la possibilità di venir meno al patto. E tale negativo porrà crepe nelle personali convinzioni. Sarà però anche – quel negativo – la chiave che permetterà di mostrare se la fiducia vi è al massimo grado.
Nel momento in cui siamo in un legame sano, non abbiamo infatti paura di mostrare i nostri dubbi sul rapporto: nel dialogo si mostrano i pensieri negativi, la volontà contraddittoria di negare quanto fatto, i dubbi se la strada da percorrere sia corretta. E nel confronto o si fugano i dubbi e si crea un legame ancora più saldo; o si comprende che il legame creato è contraddittorio e si decide di scioglierlo. Per poi, in caso, ritrovarsi legati a un’altra persona, affettivamente e sessualmente, ma allora non vi sarebbe più tradimento. La fiducia avrebbe prevalso dall’inizio alla fine, perché vi sarebbe sempre stata sincerità e trasparenza – detto altrimenti, apertura alla verità.
Già non condividere dubbi e perplessità col partner, nel momento in cui essi diventano insistenti e ossessivi, per provare a risolverli potrebbe connotarsi come un esempio di tradimento? Per certi aspetti, forse sì, nel momento in cui io mi sto allontanando dal partner e non voglio coinvolgerlo nel dialogo, quando questo è parte fondante la relazione di fiducia. E più, in questo dialogo interno, ci si isola dal partner, più il tradimento rischia di diventare concreto.
Si sente infatti una parte di sé che vuole esprimersi e cercherà una persona con cui farlo – con cui ritrovare i valori e le emozioni che col proprio partner non si sentono più. Si inizierà a creare un legame e, col tempo, si potrebbe arrivare a sviluppare una relazione. In tal caso, non vi è alcun dubbio di tradimento: si è venuto meno a tutti i patti convenuti, non solo emotivamente, ma anche praticamente. La fiducia è stata tradita appieno: la si poteva mantenere proprio condividendo i dubbi e decidendo, se necessario, di sciogliere il rapporto. Sarebbe stato doloroso, ma non come quando si nasconde la verità e si mina la sicurezza, nel partner, di essere fiducioso in chi ama, anche quando questi non è presente di fronte a lui.
Le motivazioni più disparate possono giustificare un tale gesto in cui si tiene nascosto l’atto alla persona a cui si è legati: la paura di ferire il partner di vecchia data; l’insicurezza di compiere una scelta sbagliata e volersi tenere aperta la porta di tornare indietro; la volontà di dire tutto solo a conti fatti e quando si è sicuri della scelta. In tutti questi casi, si può giustificare l’atto compiuto? Si è voluto, infatti, annichilire l’altro, non tenerlo più in considerazione nel proprio percorso, per quanto ormai lui vi sia legato; per quanto si erano condivise sacre parole di rispetto. Si è risparmiato dolore o lo si è acuito a mostrare, a conti fatti, col partner quanto compiuto? Non era meglio, se la fiamma dell’emozione si era spenta, essere franchi e assieme condividere una chiusura pacifica e rispettosa, per poi aprirsi a nuovi amori?
Quanto se ne uscirebbe, pur nel dolore, sicuri e sereni, nella percezione che la fiducia è stata mantenuta dall’inizio alla fine?
Come, invece, avere fiducia nel successivo partner, se noi stessi abbiamo tradito e non mantenuto fede alla parola data, quando – lontani dagli occhi di chi ci amava – potevamo farlo?
In che valori crediamo?
Potrebbe, come detto, crearsi la situazione in cui una persona, seppur ama il suo partner, senta messe in questione alcune delle fondamenta del loro rapporto. Magari credeva che avrebbe voluto avere rapporti sessuali solo con la persona con cui si sentiva più legata, eppure si sente attratta da un’altra persona, verso cui magari non prova particolare affettività, o persino una parte di sé prova repulsione per determinati aspetti.
La riflessione, in fin dei conti, ripercorre quanto già detto nel caso precedente, saremo dunque più sintetici. Si sente una lacerazione interiore: una parte di sé è convinta del rapporto che si ha – si sente vivo l’amore – eppure la propria convinzione è posta in questione da un’emozione che spinge a infrangere parte del patto. Non vi è l’amore granitico che si pensava di avere.
Anche in tal caso, cosa può essere soluzione migliore se non quella di confrontarsi, dialogare, capire assieme come mai vi sia questo dissidio? Se l’obiettivo fondante la relazione è non tradire la fiducia, essa non può essere tradita fintantoché vi è il dialogo. Finché vi è la volontà di ritornare, assieme, sui valori condivisi: capire come mai vi siano dubbi, come mai qualcosa non torni più. E nel dialogo, o risolvere la crisi e risanare il rapporto, o addirittura migliorarlo trovando valori condivisi ancora maggiori; oppure, decidere di concluderlo se si scopre che quella contraddizione implicava una rottura non più sanabile.
Di nuovo, il tradimento, come allontanamento dall’altro e azione solitaria e non condivisa, causerebbe un dolore ancora maggiore, specie se tenuto nascosto. Sia verso chi subisce tradimento, che con molta probabilità prima o poi lo scoprirebbe – percependo l’umore, gli atti, i pensieri del partner non più sereni, travolti dall’angoscia dell’atto compiuto di nascosto –, sia verso chi lo compie, che sentirebbe di aver tradito non solo chi si amava, ma innanzitutto se stessi: ciò in cui si credeva e per cui ci si ritiene una bella persona. Quei valori che vorremmo sempre rispettati sia verso gli altri che verso noi stessi. E come vorremmo che gli altri fossero sinceri e trasparenti con noi, così ci sentiamo in dovere di rispettare, verso gli altri, tale valore. Ma se poi tradiamo, e neghiamo quel valore, non riusciamo neppure più a fidarci degli altri. Se non siamo noi i primi a essere coerenti, come aspettarcelo da chi incontreremo?
Risoluzione
Se, come detto, il tradimento si attua nel momento in cui decade il confronto genuino, solo dal ritornare del dialogo esso può risanarsi. Ma è ciò sempre possibile? O vi è un punto oltre il quale si raggiunge il baratro da cui non si può più risalire?
Ovviamente, una risposta univoca è impossibile, ma si può evidenziare quanto la gradualità delle cose impatti sulla questione. Se una persona ha nascosto al partner la tentazione che da mesi aveva di infrangere il rapporto e ora si apre al dialogo, ristabilire il senso di fiducia e di sincerità richiederà tempo, dedizione, presenza con l’altro, tanto più quanto c’è stato un tempo di chiusura. Non sarà facile ricreare quella serenità che farà sentire il partner sereno e sicuro anche quando l’altra persona non c’è e non si sa cosa sta facendo.
Se una persona ha nascosto un vero e proprio tradimento, si è sentita con un’altra persona, ha avuto rapporti sessuali e condiviso tutta una serie di esperienze affettive, le cose diventano più complicate. Successivamente può essersi pentita e aver deciso di tornare sui suoi passi, cercando di riottenere un legame sincero col partner. Ma accetterà questi? Una tale rottura della fiducia potrà essere risanata, o il partner rimarrà sempre con la sensazione di essere nuovamente tradito? Quando la persona amata non c’è, verrà preso da pensieri ossessivi di non essere amato? Soprattutto, quanto tempo, gesti e fatiche che confermano un sincero amore saranno necessari per fugare quei dubbi?
Sicuramente, ci sono dei livelli di rottura della fiducia che renderanno insanabile il rapporto e che causeranno problemi nei rapporti successivi, nei quali si partirà con la paura che possa di nuovo presentarsi quel tradimento che tanto aveva causato dolore.
Dall’altro lato, per quanto una persona possa cadere in basso, proprio il dialogo apre le porte a quel risanamento inaspettato. E più il confronto e la sincerità sono forti, più anche i dolori più inaspettati possono essere affrontati. Ma ci vuole davvero molto impegno e tanta apertura verso l’altro. Che è, ovviamente, il coraggio di voler innanzitutto porre in questione se stessi e saper mostrare il lato migliore di sé.
3 settembre 2025
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