L'importanza del contesto storico nelle discipline umanistiche

 

Se questa attenzione sulle fonti è lodabile, sarebbe auspicabile che la stessa fatica fosse messa nella spiegazione delle idee e dei concetti che sottostavano a quel determinato periodo storico.

 

di Giacomo Lovison

 

Johannes van der Meer, "L'astronomo" (1668)
Johannes van der Meer, "L'astronomo" (1668)

 

Nell’epoca attuale, lo studio del contesto storico è il pilastro fondamentale degli studi umanistici. Basta aprire l’introduzione di un qualsiasi classico della letteratura che abbiamo in casa, per accorgerci della quantità delle pagine, usate dal curatore, per delineare l’epoca storica in cui l’autore viveva.

 

Più che trasmettere delle informazioni riguardanti i concetti espressi dal letterato, i critici preferiscono focalizzarsi sull’aspetto filologico della disciplina.

 

I letterati o i filosofi non hanno più l’aspetto di chi produce qualcosa di nuovo, ma sembrano semplicemente degli storici della disciplina.

 

Un altro esempio di questa estrema attenzione al contesto storico ci può essere dato dagli storici.

Se può sembrare azzardato criticare la storia per essere troppo attenta al contesto storico, questa impressione è data dalla difficoltà di individuare gli scopi della storia.

 

Se da una parte uno degli obbiettivi della storia deve essere ovviamente quello di ricostruire il contesto storico, dall’altra parte è necessario spiegare il motivo per cui la storia è andata verso quella direzione.

 

Non basta ricostruire quello che è accaduto materialmente, se allo stesso tempo non si affianca a questa analisi una spiegazione delle ragioni per cui è accaduto quel fatto. Gli storici devono essere coloro che, non sanno solo elencare ciò che è successo, ma sanno dare le ragioni del perché sia successo.

 

Se è giusto che si miri ad una grande precisione nella ricostruzione degli eventi storici, questo deve essere fatto per permettere una migliore analisi dei fatti storici. A volte sembra invece che l’attenzione sia posta solo nei confronti delle scoperte archeologiche, o sui ritrovamenti di fonti storiografiche che fanno chiarezza sull’aspetto materiale della storia, a discapito delle analisi degli storici che cercano di interpretare l’enorme quantità di dati a disposizione.

 

Se questa attenzione sulle fonti è lodabile, sarebbe auspicabile che la stessa fatica fosse messa nella spiegazione delle idee e dei concetti che sottostavano a quel determinato periodo storico.

 

Giorgio De Chirico, "Archeologi" (1968)
Giorgio De Chirico, "Archeologi" (1968)

 

Se manca la seconda parte della ricerca storica, ossia quella che interpreta i dati, allora la storia si ridurrà ad un mero esercizio di erudizione.

 

Un altro esempio di questa eccessiva attenzione al contesto storico ci può essere dato dalla letteratura.

 

Anche qui gli esperti della disciplina si limitano a studi filologici nei confronti delle opere dei vari autori. Si passa tutto il tempo a parlare delle varie controversie filologiche riguardanti un’opera, e non ci si sofferma ad analizzare i concetti espressi dall’autore nel proprio lavoro.

 

Se è indubbia l’importanza di conoscere il contesto storico e le vicende di trascrizione di una determinata opera, allo stesso tempo è importante capire le idee che l’autore voleva esprimere con la propria opera.

 

Se per esempio stiamo analizzando Il Principe di Machiavelli, è necessario conoscere, per esempio, il contesto di estrema debolezza politica del territorio italiano in cui una figura come Cesare Borgia si muove; oppure la composizione prevalentemente mercenaria degli eserciti degli Stati Regionali, che per Machiavelli è uno dei punti deboli più evidenti nella formazione di un Principato.

 

Dall’altra parte è indispensabile confrontarsi con i concetti e le strutture universali esposte da Machiavelli. Dovremmo per esempio chiederci se c’è una dicotomia tra i concetti di politica e morale, oppure potremmo interrogarci sull’influenza di quella che Machiavelli chiama Fortuna sulla nostra vita. Ecco alcuni dei molti spunti di riflessione, che possono derivare da una comprensione dei concetti espressi da Machiavelli nel Principe.

 

La riflessione sui concetti e sul contesto storico deve essere collegata a quella che si rivolge ai concetti espressi dall’autore, proprio perché le idee dell’autore si formano in quel contesto storico. Machiavelli non avrebbe mai avuto quella concezione di politica, se non fosse vissuto in quel periodo storico. L’equilibrio tra studio del contesto storico in cui l’autore si è formato e i concetti espressi dall'autore, che possono mettere in discussione la realtà in cui viviamo, è dunque essenziale.

 

Le discipline umanistiche sono utili solo se ci aiutano a capire meglio e quindi eventualmente modificare la nostra realtà. Se le discipline umanistiche non hanno come scopo quello di trasmettere concetti, allora non hanno ragione di sussistere.

 

È necessario riappropriarsi attraverso la critica del vero significato di queste discipline. Ci troviamo in una situazione in cui: oltre alla difficoltà di riflettere sui concetti espressi dai vari intellettuali, dobbiamo anche sobbarcarci la fatica di confutare coloro che non vedono l’essenza delle discipline umanistiche.

 

La concezione che si ha delle discipline umanistiche oggigiorno, oltre ad essere errata, provoca anche una  giustificata disaffezione nei confronti di quest’ultime. Giustificata perché non viene trasmessa dagli studiosi l’anima delle opere umanistiche.

 

La contraddizione è evidente, se si rintraccia il vero motivo per cui la maggior parte degli intellettuali scrive.

 

Nessuno scrive per diventare oggetto di un’infinita serie di controversie che riguardano la biografia, o la cronologia in cui l’autore ha scritto una determinata opera. Chi scrive, lo fa per trasmettere dei concetti universali, delle idee che trascendano il tempo e il contesto storico. Anche chi scrive un’opera per mostrare la vacuità della ricerca della verità, in questo slancio nichilistico il suo scritto anela all’universalità.

 

Filippino Lippi, "Visione di Sant'Agostino" (1452-1465)
Filippino Lippi, "Visione di Sant'Agostino" (1452-1465)

 

Un'epoca a cui dovremmo rifarci, per capire l’importanza di cogliere il messaggio più profondo di un’opera, al di là dell’accuratezza filologica, può esserci data dall’Umanesimo. Un fenomeno culturale che ha nella riscoperta dei classici e nell’accuratezza storico-filologica due dei pilastri fondamentali. Se all’apparenza queste due caratteristiche sembrano coincidere con la concezione che si ha oggigiorno delle discipline umanistiche, a una più attenta osservazione ci si accorge della differenza presente.

 

Gli umanisti infatti ripresero il contatto con i classici, e promossero una maggiore accuratezza filologica, con lo scopo di mettere in pratica gli insegnamenti dei classici. Cercavano un insieme di valori per distaccarsi dai secoli precedenti.

 

La conseguenza del mettere in pratica i valori classici, riscoperti dagli umanisti, furono le tensioni che si aprirono tra i valori professati dalla cristianità e i valori, visti come pagani, portati avanti dagli umanisti.

 

Le discipline umanistiche si sono invece trasformate in sterile erudizione che non critica e non modifica la realtà.

 

1° luglio 2019

 








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