Platone materialista? Una lettura del Sofista di Platone

 

In questo testo vorremmo dare un'interpretazione per certi versi “eretica” del famoso filosofo greco attraverso una lettura di alcune parti del celebre dialogo IL SOFISTA.

 

di Alessandro Tosolini

 

Jean-Baptiste Auguste Leloir, "Omero"
Jean-Baptiste Auguste Leloir, "Omero"

 

Il Sofista di Platone è un dialogo di grande importanza nella produzione del filosofo. In questo dialogo infatti Platone consuma la rottura definitiva col sistema di Parmenide. Se però questo fatto viene riconosciuto in maniera unanime, non tutti ammetterebbero l’importanza di quest’opera non solo nel ristretto ambito della “storia delle idee” ma per l’evoluzione stessa del pensiero e della filosofia.

 

È infatti piuttosto comune limitarsi al semplice dato storiografico. Platone era un determinato filosofo vissuto in una determinata epoca che ha detto determinate cose. Quello che dice può essere vero o non è vero, basta ricondurlo al suo tempo e il gioco è fatto. Così la filosofia di Platone diventa solo un’altra espressione della “volontà di potenza” del filosofo, oppure un fatto episodico: questi anziani privilegiati che discutevano nell’agorà non ci sono poi tanto vicini.

 

Questa visione, se ha il vantaggio di richiamarsi all’immediatezza e al disinteresse generale, dall’altra elimina ciò che è fondamentale in ogni pensiero, in ogni fatto storico: ovvero lo sviluppo, il progresso, tutta la catena di connessioni che legano quel pensiero alla nostra attualità. È facile parlare di Platone come “filosofo politico”: ma di quale politica si sta parlando? 

 

Il postmodernismo, nella sua furia iconoclasta contro ogni determinazione logica o di pensiero, tende a concentrare i suoi attacchi soprattutto su Hegel. Non è raro però che questi attacchi si rivolgano anche contro Platone. Così ad esempio in Differenza e Ripetizione di Deleuze. Ma anche in un autore ferocemente anti-comunista come Popper, che deve risalire fino a Platone per condannare come totalitaria l’utopia comunista. Quali i motivi di tanta furia? 

 

Ecco, ciò che si vuole qui dimostrare è che i motivi di tale furore iconoclasta stanno negli elementi di materialismo e di dialettica contenuti nel pensiero di Platone. Questo accade soprattutto nel Sofista, dove ci cerca appunto di definire l'omonima figura piuttosto sfuggente. Ad un primo momento la definizione sembrerebbe semplice. Il sofista è colui che dice il falso, che trasforma l’essere in non-essere. Da questo punto di vista per contrastare il sofista basterebbe porlo innanzi alla verità e all’Essere e si dimostrerebbe sconfitto.

 

Questo era ciò che aveva tentato di fare Socrate. Eppure attraverso le sue dotte disquisizioni dialettiche e il suo metodo maieutico, finiva anche lui per essere scambiato per un sofista. Così per esempio appare nella versione caricaturale che ne dà la famosa opera teatrale Le Nuvole di Aristofane. 

 

La condanna a morte di Socrate e il fatto che venisse scambiato per un sofista devono aver indotto Platone a riflettere più seriamente su questa questione. Il Sofista tenta di rispondere a questa questione: chi è il sofista e, soprattutto, in che modo il filosofo si distingue dal sofista?

 

Raffaello Sanzio, "La scuola di Atene" (particolare)
Raffaello Sanzio, "La scuola di Atene" (particolare)

 

Per dimostrare questo fatto, Platone è costretto dunque a parlare del sofista, ovvero del simulatore, di colui che inganna. Il sofista è colui che rende vero ciò che è falso. Questo tipo di arte è quella dell’imitazione o della rappresentazione. Ma se si definisce qualcosa come un’immagine o una rappresentazione falsa, si finirà per affermare un non-essere che in qualche modo è, contravvenendo al sistema di Parmenide. 

 

Qui si manifestano dunque due concezioni in contraddizione con la dialettica: 1) Quella del sofista, che si limita a trasformare il negativo in positivo e viceversa. I due lati qua non sono mai in rapporto positivo, in progresso, perché ogni cosa finisce nel suo contrario in maniera arbitraria. 2) Quella degli eleatici, che rifiutano di confrontarsi col negativo, col falso, con l’imperfezione affermando che solo l’essere è. In tal caso però non si può fornire una definizione positiva del negativo. Quindi, ad esempio, non si può definire e confutare il sofista.

 

Alla base della concezione eleatica vi è infatti la definizione dell’Essere come sferico, perfetto, indiviso. Secondo questa definizione, non si può definire null’altro, perché qualsiasi cosa che è che venga numerata, ridotta ad unità, scomposta, renderebbe imperfetto l’Essere, lo trascinerebbe nel divenire, nel non-essere. 

 

Il pensiero di Parmenide dunque, che aveva avuto il merito di definire alcune prime determinazioni del pensiero, rimane impigliato nella semplice opposizione essere/non-essere (concetto che per Hegel è quello più povero e indeterminato) senza possibilità di concepirne uno sviluppo reale. 

 

Nel Sofista vi è anche una polemica contro una terza forma nemica della dialettica ovvero: 3) Quella del materialista rozzo. Questa figura viene così identificata: « attaccandosi a tutte le cose simili a queste, con forza sostengono che soltanto è ciò che offre qualche possibilità di essere afferrato e toccato, ed identificano nella loro definizione l’essere al corpo ».  (Platone, Il Sofista)

 

Esaminiamo un po’ da vicino questa figura. Secondo Platone il materialista rozzo tende a sottovalutare il problema di ciò che è incorporeo. Così l’intelligenza o in genere tutte le cose che hanno una certa potenza o possibilità non trovano definizione, sarebbero qualcosa che non esiste. Qui cercheremo di andare un po’ oltre Platone e i limiti del suo tempo e sviluppare una definizione migliore.

 

Secondo una definizione materialista infatti ogni sovrastruttura, ovvero ogni ideologia, forma artistica ecc. ha una sua base materiale. Quindi, ad esempio, anche l’intelligenza ha una sua base materiale, che è il cervello. Se ci si ferma a questa definizione e la si applica integralmente, la coscienza o la volontà umana finiscono per non avere nessun valore. Platone risponde a questa problematica distinguendo corporeo e incorporeo e dunque negando la materialità. 

 

La soluzione in realtà non costituisce nell’eliminare la contraddizione, ma nel risolverla, nello svilupparla. La contraddizione tra la nostra materialità e la produzione di forme di idee e di coscienza che agiscono sulla materialità è ineliminabile. Dalla materialità si sviluppa l’idealità e questa a sua volta agisce su di essa. In tal modo siamo andati ben oltre Platone, nel materialismo dialettico, per leggere Platone come momento o istante dello sviluppo della dialettica. 

 

Platone, per tutta una serie di limiti storici, non poteva arrivare a questa definizione. Non si tratta però qua di sottolineare questi limiti ma di comprendere Platone come primo tentativo di importanza storica di impostare la questione della dialettica.

 

David, "La morte di Socrate"
David, "La morte di Socrate"

Il problema fondamentale riguarda il ruolo della negazione. La negazione svolge un ruolo primario nella dialettica. Tutti i dialoghi di Platone sono una sorta di sunto di questo tipo di arte della disputa. Nel sistema di Parmenide non c’è una definizione positiva della negazione. Essa è semplicemente puro nulla, puro non-essere. 

 

Dunque Platone è così costretto a rompere con Parmenide. Se si vuole tenere in piedi la dialettica, è necessario che in qualche modo il non-essere sia, ovvero che sia in quanto nega l’essere, è l’opposto di quella determinata cosa: la natura del non-essere non è di, semplicemente, non essere, ma di essere il “diverso”. 

 

« E non occorre dire ormai coraggiosamente che "ciò che non è" è saldamente ed ha una sua propria natura, come vedemmo che il grande è grande, e che il bello è bello, e ciò che non è grande non-grande, e ciò che non è bello non-bello? Anche "ciò che non è", per la stessa ragione, vedemmo essere, ed è non essendo, ed è un genere da annoverare fra i molti altri che sono. » (Platone, Il Sofista

 

Ora però il sistema di Parmenide è superato da tempo. Maggiore attualità ci è fornita dalla figura del sofista. Infatti per Platone vi sono due tipi di imitazione: « per distinguere una cosa dall’altra diciamo ‘imitazione doxomimetica’ quella che avviene sulla base della opinione, e ‘imitazione conoscitiva’, quella che avviene sulla base della scienza. » (Ivi.)

 

Da questa definizione Platone tira le sue conclusioni sulla figura del sofista:

 

« La specie mimetica dell’arte, in quanto sia relativa all’arte di mettere in contraddizione, arte che fa parte della sezione simulatrice dell’arte di creare imitazioni sulla base di opinioni, la specie cioè che è risultata avere a sé riservata l’arte [d] di far giochi di prestigio nei discorsi la quale appartiene a quella di creare apparenze, e questa a sua volta dipende da quella di far immagini, la specie dunque di cui dicevo, che riguarda la parte umana e non la divina dell’arte di fare, proprio a tale specie, a tale stirpe, a tal sangue chi dirà che il vero sofista appartiene, dirà l’assoluta verità, come risulta chiaro. » (Ivi.)

 

Perché questa definizione sarebbe ancora oggi attuale? Perché la questione, lungi dall’essersi risolta, si riproduce anche oggi e potremmo dire ciclicamente nella storia della filosofia. Essa riguarda la fondamentale distinzione tra sofistica e dialettica. Per molti infatti ancora oggi la dialettica sembrerebbe consistere in una semplice esaltazione del negativo, in una semplice produzione di paradossi.

 

Nella sua evoluzione la sofistica ha oggi cambiato forma. Una della modalità attraverso cui si esprime la sofistica è il pragmatismo: ovvero l’idea secondo cui non è tanto importante la verità delle cose, ma la pratica concreta. La conseguenza logica di questa concezione è che non è tanto importante il discorso vero, il discorso fondato, il discorso oggettivo o scientifico, ma solo il discorso che mi permette di ottenere determinati scopi e obbiettivi.

 

Il pragmatismo dunque rafforza la sofistica, ed entrambe di essere costituiscono la base del postmoderno: se ciò che conta è la pratica non conta tanto la comprensione della realtà o il discorso vero, ma il fatto che il discorso mi permetta, anche attraverso la manipolazione, di avere ragione, di ottenere il mio obiettivo. Questa costituisce la concezione di fondo del moderno irrazionalismo, anche detto postmoderno.

 

In questo senso il Sofista di Platone ci aiuta ancora oggi a distinguere la simulazione e la sofistica della vera dialettica, basata sulla verità, sulla logica, sullo sviluppo del concetto. 

 

 

25 luglio 2022








  • Canale Telegram: t.me/gazzettafilosofica