L'EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI AUTARKEIA TRA OCCIDENTE E ORIENTE


Quanti di noi possiedono la capacità di bastare a se stessi? Quanti di noi sono padroni di se stessi? Attraverso grandi filosofi e letterati  della tradizione classica analizzeremo  insieme il concetto di autarkeia in occidente, per affrontare poi una trattazione analoga per quanto concerne l'oriente. Scopriremo in questo modo quanto tali remote dottrine millenarie siano ancora estremamente attuali e come i loro precetti abbiano influenzato pensatori di età moderna e contemporanea.




Sembra che gli orrori, le distruzioni e i crimini del "Secolo breve" nulla abbiano insegnato all’Europa e all’intero Occidente. Edgar Morin, grande autorità intellettuale e morale del nostro tempo, nel suo libro Di Guerra in Guerra, dal 1940 all’Ucraina invasa ci invita a riflettere e a orientarci in questo momento tragico per tutta l’umanità.



di Nicola Rapino


Oramai, nella nostra quotidianità, la riflessione filosofica appare ridondante oltreché futile, poiché la domanda che subito ci sovviene è "Perché mai l'uomo dovrebbe ancora perder tempo a pensare, in un mondo in cui tutto ci è già dato?". Ma siamo davvero sicuri che l'individuo senza la sua attività di pensiero abbia ancora la capacità di vivere autenticamente il proprio tempo, nella nostra condizione di gettatezza? Oppure l'unica cosa che si sta perdendo non è il tempo per pensare ma l'uomo stesso?




In ambito scolastico e divulgativo il pensiero di Platone viene spesso sovrapposto – se non addirittura identificato – all’immagine, nient’affatto neutrale, che le generazioni di pensatori successivi – in particolar modo neoplatonici – hanno tramandato della sua opera. E allora occorre tornare al testo per sciogliere l’enigma attorno a uno dei temi più dibattuti dell’intero corpus platonico: l’idea del bene. Sarà altresì un’occasione per riflettere sul ruolo dei filosofi nella kallipolis.




Zosimo di Panopoli (270-325 d.C.) è stato il primo alchimista a trasporre in testi scritti la sua conoscenza, e viene comunemente considerato come il primo alchimista della tradizione occidentale. La sua importanza è emersa grazie agli studi sull'alchimia di Carl Gustav Jung (1975-1961), il quale mise per la prima volta in evidenza la componente spirituale dell'alchimia zosimea. Intento di questo articolo è mostrare le maggiori influenze filosofiche dell'opera di Zosimo, che nasce e si costituisce in un contesto soltanto geograficamente egizio, ma a livello intellettuale tutto intriso di Ellenismo.




Un modo differente di vivere il tempo sulla base della filosofia nietzschiana, del Taoismo e del comportamento dei lupi.




 

Giovanni Gentile, come storico del pensiero medievale – ancor prima che come politico – definì il poema di Dante il «primo libro di filosofia scritto in italiano», soprattutto per la sua rielaborazione e traduzione, linguistica e concettuale, delle categorie classiche. Ma, al di là della preoccupazione meramente quantitativa, a destare sempre grande interesse e un rinnovato entusiasmo, è la meticolosa e a tratti viscerale passione politica che permea molte delle opere dantesche. Dante non canta soltanto versi d’amore ma è anche "poeta civile", simbolo vivo e dinamicamente unitario dell’uomo che diviene specchio di due mondi, quello celeste e quello terrestre miracolosamente posti in relazione dalle straordinarie capacità poetiche dell'autore e dalla sua profonda conoscenza delle cose umane.




Qual è il significato fondamentale di quella ricchissima e complessissima opera che è la Fenomenologia dello spirito di Hegel? In essa, la scienza come “Idealismo assoluto” dimostra sé stessa, e lo fa mediante la complessiva rimozione di tutte le possibili configurazioni del presupposto della separazione di soggetto e oggetto, pensiero ed essere.




La lettera al padre, pubblicata postuma nel 1952, è l’unico scritto autobiografico di Franz Kafka. È però uno scritto unicamente riparatorio, un solo tentativo di rimarginare il rapporto con il padre? Cosa ci comunica il Kafka autore sul Kafka personaggio?



di Valentina Chiarle


Davvero le nostre vite non possono fare a meno di otto caratteri alfanumerici per poter governare le nostre azioni? Davvero un codice può sostituire le nostre esistenze quando avviamo comportamenti quotidiani ormai meccanici e predominanti sulla sfera della creatività e dell’immaginazione? Proviamo a sostituire numeri e lettere con i simboli e riconosciamoci attraverso di essi, ritroveremo una realtà molteplice, caleidoscopica e mutevole che contribuirà ad arricchire l’evoluzione della nostra personalità, a espandere il pensiero e alzare lo sguardo.



di Annalisa Boccucci


Nell’impianto rigido e strutturato del vivere civile nelle pòleis della Grecia classica, l’educazione, intesa nell’accezione delle scienze pedagogiche come tentativo di trasmissione dei valori culturali tradizionali alle nuove generazioni, ricopre un ruolo di primaria importanza. Lo Stato è incaricato di garantire agli individui che si identificano come cittadini un pacchetto formativo funzionale alla pòlis e fondamentale alla sua sopravvivenza; è tuttavia lecito riflettere sulla diversità tra cittadini maschi e cittadine femmine che, nel contesto ateniese ad esempio, mostravano una notevole disparità di trattamento. Cosa succedeva invece nell’altra pòlis di riferimento? L’ideale eugenetico di Sparta, l’esaltazione della forza fisica e militare, prerogative prevalentemente maschili e, per questo, centrali nell’educazione degli uomini, trovavano una loro dimensione anche nell’universo femminile?






  • Canale Telegram: t.me/gazzettafilosofica