La condizione umana

 

L’uomo per avere la possibilità di scegliere, e quindi esprimere la propria persona, necessita di trovarsi in un determinato contesto, ovvero di essere “costretto” dentro ai limiti della situazione concreta. Scelta e ineluttabilità insieme definiscono la condizione umana.

 

di Simone Basso

 

Gregorio Martinez, "Prometeo incatenato" (1590)
Gregorio Martinez, "Prometeo incatenato" (1590)

 

La possibilità di scelta nella vita è una caratteristica fondamentale di ogni individuo. Parafrasando il primo assioma della comunicazione di Watlzlawick si può affermare che “non si può non scegliere”. E, d’altro canto, la possibilità di scelta non è l’unico fattore che caratterizza la nostra condizione umana. Per comprendere meglio queste affermazioni è necessario analizzare i termini più nel dettaglio, innanzitutto interrogandoci su che cosa possa essere considerata una scelta. 

 

Che cosa rende una scelta, tale? Al netto dell’ampio dibattito filosofico tra determinismo e libero arbitrio, in questo articolo la possibilità di scelta viene considerata tale in virtù del possesso di due componenti fondamentali. Per considerare una determinata decisione che si è preso, come frutto di una scelta, devono essere presenti:

 

- l’autocoscienza dell’individuo, ovvero la caratteristica del pensiero che pensa se stesso, che si interroga e che ha presenza di sé;

 

- la percezione della possibilità di decidere tra opzioni tra loro alternative, ovvero la percezione di aver compiuto un certo “atto” in un contesto in cui se ne sarebbe potuto compiere uno diverso.

 

Questa seconda condizione implica una certa consapevolezza, seppur parziale, da parte dell’autocoscienza, delle ragioni che hanno determinato il proprio agire, e che pertanto sono state espressione di una preferenza. Infatti senza una certa conoscenza del contesto e del modo in cui si può influire su di esso, benché minima, non sarebbe pensabile alcuna alternativa, dunque alcuna scelta. Va precisato che in ogni situazione la conoscenza delle cause e degli effetti non può che essere parziale. Infatti l’individuo, non essendo onnisciente, può conoscere solo limitatamente ciò che precede una certa situazione o gli effetti che le sue azioni – o le sue non-azioni – determineranno. La conoscenza di quelle ragioni è la conoscenza delle cause e delle conseguenze che si ritenevano vere, cioè che caratterizzavano il modo in cui quella situazione era pensata. Una scelta può essere considerata tale nella misura in cui è espressione di una preferenza. Non può esserci"espressione di preferenza” senza un’alternativa, ovvero senza qualcosa d’altro che si sarebbe potuto preferire, né, di conseguenza, senza le ragioni per le quali quel qualcosa è stato preferito.

 

Si è parlato di percezione della scelta in quanto, pur lasciando aperto il dibattito sulla possibilità di scelta nel momento presente, rimane astratta la possibilità che ciò che è stato, non si realizzasse in quel modo; e quindi, a rigore, in riferimento ad una certa situazione passata, non si può che parlare di percezione di aver scelto.

 

È importante sottolineare come la definizione di che cosa sia la scelta, sia legata al modo in cui una determinata situazione è stata vissuta dal soggetto. Infatti non è possibile parlare di scelta lì dove non vi sia stata l’espressione di una preferenza e quindi un certo grado di conoscenza rispetto alle cause della situazione in cui è avvenuta e alle conseguenze della propria influenza. Che poi quella conoscenza sia valida (cioè che le cause fossero effettivamente quelle conosciute dal soggetto e le conseguenze così come le possibilità d’azione fossero effettivamente quelle previste nella considerazione) o meno, ciò è ininfluente nella valutazione se una determinata azione sia stata percepita, e quindi sia da considerare, una scelta o no (in questo punto la possibilità di scelta differisce dalla libertà, si veda l’articolo Comprendere la libertà).

 

 

La scelta dunque riguarda ognuno di noi. In ogni momento, non è possibile, seppur ad un grado minimo, non avere un margine di scelta. Infatti in quanto esseri umani la scelta si pone come un elemento inestricabile della nostra vita. Talvolta il margine di discrezionalità di cui si può disporre è estremamente alto, altre irrisorio (ad esempio per chi è sottoposto ad una costrizione fisica), eppure un minimo di “scelta” (sul proprio atteggiamento, sull’attività del pensiero, sul possesso di determinate funzioni corporee) è inestirpabile dalla nostra condizione. Non è possibile pensare un individuo senza pensare una certa presenza del fattore “scelta”. Si può pertanto affermare che la scelta è connaturata e intrinseca all’umanità stessa.

 

Riguardo l’importanza che ricopre la possibilità della scelta nella vita di ogni individuo si era discusso anche nell’articolo Il dovere e la scelta. In particolare era stato messo in luce come, la possibilità di scegliere fosse necessaria per certificare l’adempimento di un dovere e il perseguimento del bene, giacché se tale possibilità fosse negata, ovvero se un comportamento non fosse scelto ma imposto, il rispetto di un impegno preso – ovverosia di un dovere – non potrebbe realizzarsi; in quanto un dovere è un accordo e tolta la possibilità di non prenderlo o di non rispettarlo, l’accordo non è tale.

 

Specificate le condizioni esposte rimane molto ampio il vasto insieme delle situazioni che possono essere considerate come una scelta; eppure la scelta è espressione solo parziale della tipicità della condizione umana, cioè del campo in cui si svolge la nostra vita.

 

La condizione umana infatti si caratterizza per un’altrettanto intrinseca sottomissione ad una certa “inevitabilità”, “costrizione”. Così come non è possibile pensare ad un individuo scevro da alcuna discrezionalità, non è possibile pensare un individuo non sottoposto ad un certo livello di limitazione, ovvero ad una certa sottomissione alle condizioni della situazione in cui si trova e rispetto alle quali non ha la possibilità di intervenire. L’esempio della non-scelta per eccellenza è quello dell’“essere gettato nel mondo”, ovvero dell’essere “gettati” in maniera inconsapevole in un processo che va dal nascere al morire. Il processo della vita infatti non si può considerare parta da una scelta in quanto è assente l’affermazione di una preferenza, così come la consapevolezza delle ragioni che l’hanno determinata. Nonostante la ricerca del Senso, e quindi delle ragioni dell’Esserci, accompagni la vita di ogni persona, tale consapevolezza non riuscendo nel soggetto umano a conquistare la totalità definitiva della sua comprensione, mantiene in sé, quel grado di costrizione, senza il quale, d’altra parte, tale ricerca non sarebbe possibile. 

 

René Magritte, "Il doppio segreto" (1927)
René Magritte, "Il doppio segreto" (1927)

 

Anche in questo caso si sta parlando della percezione con cui quella determinata situazione viene pensata e vissuta; infatti che sia reale o meno l’impossibilità di agire su determinate condizioni, se la percezione che se ne ha è di “imposizione”, non può essere considerata una scelta (allo stesso modo di come non si può considerare una scelta, quella di un uomo in una stanza, il quale credendo di avere a disposizione la sola porta per uscire “decide” di non utilizzare una botola nascosta).

 

La vita umana si gioca su un piano, continuamente in bilico tra la scelta e la non scelta. Le situazioni concrete sono appunto questo campo da gioco. In esse vi è sempre parziale scelta e parziale costrizione; a volte con la prevalenza dell’una a volte dell’altra. Le condizioni concrete che si ritiene definiscano inevitabilmente una situazione sono l’imposizione a cui l’essere umano è sottoposto. Che in futuro esse rappresentino dei caratteri che possono essere messi in discussione, poco importa perché nel momento in cui essi vengono percepiti come tratti immodificabili di una situazione concreta, risultano un’imposizione.

 

Rifiutare la constatazione della sottomissione dell’uomo ad un ché di immodificabile è sciocco, giacché, come si è appena visto, è proprio quell’impossibilità di essere puro arbitrio a renderci umani. La concretezza delle situazioni e l’impossibilità di intervenire su tutto ciò rispetto a cui avremmo intenzione di intervenire, caratterizza e definisce la nostra essenza; allo stesso tempo, inoltre, è anche il fondamento delle scelte stesse. Senza l’imposizione a cui siamo sottoposti del “non poter scegliere tutto”, ci sarebbe altrettanto impensabile il “scegliere qualcosa”.

 

L’uomo per avere la possibilità di scelta deve trovarsi in una determinata situazione, ovvero deve essere “costretto” dentro ai limiti della concretezza della situazione in cui si trova. Insieme alla possibilità di scelta la condizione umana è definita anche dall’inevitabilità della situazione. Questa inevitabilità è la condizione grazie alla quale la scelta stessa può compiersi.

 

Per uscire da questo contraddirsi, che è la condizione umana, è necessario emanciparsi dalla costrizione alla quale siamo sottoposti, evitando di respingere ad ogni costo l’“ineluttabilità” della concretezza in nome di una cieca possibilità di scelta, ma tentando al contrario, di costruire a partire da essa la Libertà; la quale solamente ci può far perseguire l'unità di ciò che è, di ciò che scegliamo, in ciò che Vogliamo che sia.

 

20 marzo 2020

 








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