Giordano Bruno: il ribelle incompreso da inquisitori e seguaci

 

Giordano Bruno è diventato bandiera del pensiero “laico” e di diversi movimenti che lo vedono come un eroe del pensiero moderno. Ma siamo sicuri che queste interpretazioni siano coerenti con la sua sapienza sincretica e il suo “eroico furore” spirituale?

 

 

Giordano Bruno, o meglio Filippo Bruno (1548-1600), è un personaggio controverso e affascinante, diffuso anche nella cultura di massa per via delle sue posizioni drastiche, del suo linguaggio provocatorio e della sua indole ribelle. E naturalmente per la sua morte considerata eroica, che ne ha fatto un martire del libero pensiero e dell'emancipazione dell'individuo moderno.

Bruno, che si dichiarò «d'ogni legge nemico e di ogni fede», venne infatti arso al rogo dall'Inquisizione di Roma nell'anno 1600, e ancora oggi non è stato riabilitato dalla Chiesa cattolica. Come una rock star della filosofia ha oggi gruppi di sostenitori e associazioni che tengono viva la sua incandescente memoria. Diverse e anche contrastanti sono state le interpretazioni del suo pensiero; varietà dovuta anche al suo linguaggio complesso ed enigmatico. Da quella di Aniello Montano, uno dei massimi esperti di Bruno in Italia, a Michele Ciliberto e Ingrid Rowland, a F. Amelia Yates, la storica britannica più vicina ad una lettura ermetica, magica e cabalista del nolano.

 

Nel 1906 è stata perfino fondata l'Associazione Nazionale del Libero Pensiero Giordano Bruno, che promuove il pensiero “laico e libertario”. Le battaglie dell'associazione per i “diritti civili” sono a favore dell'aborto, degli anticoncezionali, dell'estromissione dell'insegnamento della religione cattolica dalle scuole e continuano ancora oggi intitolando le sue azioni a Giordano Bruno. Al di là anche del merito e della validità di esse, siamo sicuri che queste cause siano coerenti con la sua sapienza sincretica e il suo “eroico furore” spirituale?

 

Infatti la vulgata del Bruno miscredente meccanicista ha qualcosa di propagandistico e dovrebbe oggi essere rivista. Bruno era un mago, un cabalista, un neoplatonico, uno sciamano dell’immagine mnemonica intriso di astrologia egizia, alchimia ed ermetismo; un frate domenicano fervente dello Spirito, e “l’eroico furore” non è altro che aspirazione senza fine al divino cosmico. Dunque un Giordano Bruno portavoce del pensiero laico appare più una posizione ideologica che un'interpretazione filosofica.

Questo, badiamo bene, non riduce la sua portata filosofica e storica, ma la libera da attribuzioni strumentalizzanti. Ne illumina la formazione sincretica, la fede (sic!) estatica nell’Infinito, fede sì, perché l'Infinito Universo non è certo qualcosa che può aver esperito.

 

Nonostante le affermazioni dissacranti su Gesù e i santi, oggi chi lo sbandiera facendone un eroe del pensiero ateo o materialista non è coerente con i suoi (allegorici e complessi) testi e con la sua concezione panteistica. Dio in quanto infinito deve essere sia materia che spirito. Nel panteismo, perciò, Dio coincide con l'universo ma insieme lo sopravanza. Dio nel suo aspetto trascendente è Mens super omnia (Mente sopra tutte le cose) intelletto separato che domina la materia e i fenomeni, mentre li anima come principio immanente in quanto Mens insita omnibus (Mente posta in tutte le cose, De la Causa, principio et Uno, in Opere Italiane, Utet, Torino 2014, Vol.I).

 

A fondare tutta la filosofia di Bruno, dalla gnoseologia all’etica, fino alla concezione dell’arte magica e mnemonica (lo sviluppo della memoria per mezzo della visualizzazione di diagrammi è metodo sacro di connessione al divino, come mostrato nel Sigillus sigillorum), c'è quella sostanza unica e indivisibile dell’anima universale, che si dà suscitando (e non creando) infiniti mondi. Per Bruno l’esistenza è manifestazione spontanea, necessaria e infinita dell'Infinita Causa (De l'Infinito, universo e mondi, in Opere Italiane, Utet, Torino 2014, Vol.II).

Bruno la chiama anche Amore inteso come una sorta di radice metafisica, una sostanza ontologica da cui tutti gli esseri traggono l'esistenza.

 

Caravaggio, "L'incredulità di San Tommaso" (1600-1)
Caravaggio, "L'incredulità di San Tommaso" (1600-1)

 

La cristologia

 

Secondo le deposizioni inerenti al processo rilasciate dall'insegnante Francesco Graziano, sull'eucarestia e la transustanziazione, Bruno affermò: «La messa è una biastema e una mala cosa, perché in quella il pane non è tansubstantiato ne la carne di Cristo come dite voi altri e come ne la messa si alza su l'ostia, così tu sarai alzarto su la forca».

Per Bruno è inaccettabile il dogma centrale del cristianesimo, la sua stessa ragion d’essere: Dio che si fa uomo. Cristo sarebbe infatti l'effetto finito di una causa infinita, impossibile perché «La potenza coincide con l'atto» (De la causa, principio et uno) e dunque l'infinito non può mai manifestarsi in espressione finita. Si può negare l’effetto infinito solo a condizione di negare l’infinita causa, cioè l'infinità di Dio stesso. Ed è proprio l'aberrazione della ragione che, secondo il nolano, commette la Chiesa.

 

Intelletto assoluto e comunicato in Bruno e incarnazione cristiana

 

Nonostante Bruno abbia tentato di sovvertire l'intero sistema dottrinale cristiano, la sua dialettica tra Mens super omnia e Mens insita omnibus appare affine al paradosso cristiano dell'incarnazione, che vuole il Divino insondabile senza luogo e tempo, e insieme fatto corpo nel luogo e nella storia.

Potremmo osare e accostare il Padre alla Mens super omnia che sostiene l’universo senza collocarsi o mescolarsi. E Cristo diverrebbe invece equiparabile al logos che agisce dall'interno, Mens insita omnibus che sospinge in modo immanente il cosmo.

Bruno respinge allora una venerazione cristolatrica del Messia, ma celebra l’universo come cristologico in quanto carne infinita della Causa in cui la morte è solo «divisione et congregatione». Ecco quindi delinearsi un’interpretazione cosmologica della Buona Novella, annuncio felice dell’immortalità dell’universo. Nel quale soccombono sì, le singole olive (esempio usato dal nolano), corpi celesti e umani, ma non può perire l’incarnazione perpetua dell’universo. Come non vedere nell'irreligioso e pestifero Bruno la devozione a un Cristo Pantocratore, ordinatore che non conchiude, Verbo che sorregge senza limitare?

 

La gnoseologia dello specchio

 

La gnoseologia di Bruno è anch'essa diretta conseguenza della cosmologia: possiamo conoscere e comprendere sempre il riflesso e mai la luce diretta dell’Essere. Per il nolano possiamo scorgere la luna e non il sole, «l’universale Apolline luce absoluta per specie suprema et eccellentissima».

Nella sua interpretazione del Mito di Atteone la dea Diana che si specchia nel lago simboleggia Dio che si specchia nella natura (De gli Eroici Furori, in Opere Italiane, Utet, Torino 2014, Vol.II). La natura sarebbe perciò il magnifico riflesso di Dio.

In 1 Corinzi, 13-12, Paolo di Tarso scrisse: «Adesso noi vediamo come in uno specchio, in maniera confusa, allora vedremo faccia a faccia», riferendosi alla fine dei tempi quando comprenderemo il divino senza i confini della finitezza. In Esodo 33:20 Dio comunica a Mosè: «Non puoi vedere il mio volto perché nessuno può vedermi e vivere», la vita corporea non è conciliabile con la piena visione, la piena comprensione di Dio.

Bruno nega i dogmi del paradiso, dell'inferno e del purgatorio per sostituire all'escatologia redentiva l'idea di un'autonomia in terra, un'etica umana razionale e felice fondata anch'essa sull'universo infinito in cui nulla si può creare ma in cui abbiamo la facoltà di generare per mescolamento e separazione, la nostra sorte.

Il paradiso è luogo interiore che insieme è «al più intimo di sé» e «che comprende tutto lo essere», dimensione contemplativa razionale, che può essere risvegliata tramite l'arte della memoria e l'intelletto. L'universo infinito è già paradiso?

In ogni caso la figura di Giordano Bruno, e la sapienza di questo mistico eclettico, dovrebbe essere liberata da forzature esegetiche che semplificano la sua complessa spiritualità, e lo investono a paladino di battaglie tutte nostre.

 

 15 settembre 2020

 








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