L’inconsistenza dell’Europa, un’inconsistenza metafisica

 

L’Europa ha respinto la possibilità di una Costituzione; l’Europa non è in grado di pensare l’essenza di una Costituzione – perché da tempo non è più in grado di pensare metafisicamente. Siamo così lontani dal pensiero metafisico che lodiamo il suo abbandono.

 

 

Vi è un simulacro vuoto di quel che della metafisica furono i più grandiosi risultati: la Carta universale dei diritti umani.

È per questo che l’Europa è inconsistente geopoliticamente: non sa più orientarsi, non sa più orientare – perché essa stessa ha perduto il suo sistema di riferimento.

 

Nei recessi di esoteriche pagine filosofiche si era fissato ciò che dalle vicende del mondo gli esseri umani avevano saputo distillare.

 

Ciò che vogliamo per noi stessi, lo dobbiamo volere anche per tutti gli altri, pena la sua non realizzazione.

 

Da Platone a Beccaria è andato svelandosi che l’utilizzo della coercizione o della punizione nel contrastare errori e reati è non solo di scarsa efficacia, ma addirittura controproducente: non consente di far comprendere le ragioni dello sbaglio e insegna con l’esempio l’uso della violenza come mezzo per raggiungere i propri fini.

 

Se infatti l’ostacolo non venisse trattato come un errore, esso potrebbe essere rimosso in ogni modo – non importa se anche tramite la violenza.

 

La rimozione dell’errore è un atto solidale, perché mira a condividere la verità – grazie alla quale l’errore si rivela come tale.

La rimozione dell’ostacolo è un atto coercitivo, perché mira a reprimere soltanto.

 

Punizione e vendetta come rimedi sono contraddizioni perché non rimuovono l’errore.

Esse credono di rimuovere l’ostacolo, allora – ma si illudono.

 

Possono bensì rimuovere quell’ostacolo, ma favorendo la crescita di molti altri ostacoli – perché una tale rimozione insegna che gli ostacoli vanno eliminati con un’opposizione violenta.

 

Chi tratta l’altro da sé come ostacolo si rende, con ciò, ostacolo da estirpare violentemente.

Cosa giustificherebbe un trattamento diverso nei propri confronti?

Infatti, quanto più pretendiamo per il caso che ci riguarda, tanto contribuiremo a realizzarlo se lo testimonieremo noi stessi in tutti i casi simili.

 

Se si è vittima di un errore, quindi, per poterlo superare, si dovrà agire affinché chi lo ha commesso migliori; affinché, comprendendo l’errore, la verità insegni a non ripeterlo.

 

Ciò significa – in termini universali – che la violenza si contrasta impiegando la minor violenza possibile, ossia con tutta la non-violenza possibile.

 

Se la violenza ci distruggesse, non potremmo più testimoniare la non-violenza: per questo la non-violenza deve opporsi alla violenza, ma avendo come fine una diminuzione complessiva della violenza.

 

L’inviolabilità della persona è il modo in cui le Carte costituzionali indicano il fine universale della diminuzione della violenza: che il meno possibile sia fatto contro la nostra volontà, cioè violentemente.

 

Questo inaggirabile principio della prassi è ciò che insegna la metafisica alle Carte costituzionali universali: che per avere meno violenza bisogna essere il meno violenti possibili – che tutti siamo chiamati a massimizzare questo compito.

Meno vi si contribuirà, più la violenza aumenterà.

 

Le Carte costituzionali sono però oggi lette da una voce che le tradisce, che non evoca più l’essenza metafisica.

L’universale non è più concepito come condizione inderogabile, come legge inviolabile – tale quale è. Esso, onnipresente condizione di tutto ciò che è, e quindi condizione affinché qualsiasi cosa particolare si realizzi, non può essere violato: semplicemente, nella misura in cui esso non venga rispettato, quel che si vorrebbe realizzare non si realizza.

 

È esattamente l’opposto dei risultati nichilistici di cui la filosofia ormai da tempo si vanta: l’individualismo della verità e della morale, del fare ciò che si vuole; che, come abbiamo provato ad accennare, se non adeguatamente tematizzato, invece di liberare le potenzialità dell’individuo, le annulla.

 

Il nichilismo, normalizzato nella nostra società postmoderna contemporanea, consiste in quell’ignoranza metafisica che ci consegna nel quotidiano alla falsa ed impossibile libertà del neoliberalismo, nella compagine statale allo svuotamento costituzionale, nella geopolitica mondiale alle tensioni e alle guerre di fantomatici scontri di civiltà.

 

Infine, nelle università questa ignoranza si perpetua “scientificamente” e impedisce ad ingenue speranze sull’avvenire di realizzarsi.

 

 

L’occasione contingente per questa nostra invettiva – capitolo di una tragedia secolare – è la catastrofe umanitaria di cui è vittima la Striscia di Gaza, iniziata il 7 ottobre con il terrorismo di Hamas e proseguita ininterrottamente fino ad oggi con il terrorismo del governo di Netanyahu.

 

« Nella lotta contro Hamas e l'asse del terrore iraniano, Israele sta combattendo i nemici della civiltà stessa. La vittoria su questi nemici inizia con la chiarezza morale. Inizia con conoscere la differenza tra il bene e il male, tra il giusto e lo sbagliato. » (Benjamin Netanyahu, nel giustificare i crimini di guerra, se non un genocidio, a Gaza)

 

Azioni e parole nefaste si susseguono senza tregua: bombe sui civili, che generano orrore e producono odio in Medio Oriente; errori metafisici che generano disperazione e producono infermità in Italia e in Europa.

 

Già poche ore dopo il riacutizzarsi del conflitto israelo-palestinese, si riaccendeva la nenia per la notte delle coscienze occidentali cantata in coro dall’establishment politico e mediatico: «c’è un aggressore e c’è un aggredito».

L’intellettuale d’avanspettacolo nella scena pop delle polarizzazioni rassicuranti questa volta era Beppe Severgnini, che intonava il carosello con cui abitualmente si intende aprire e chiudere ogni finto tentativo di serio confronto pubblico: «c’è un aggressore e c’è un aggredito», appunto.

Non solo, l’aggressore questa volta – sottolineava Severgnini – si era presentato con un’efferatezza superiore a quella del già «animale» Putin, come era stato definito dal nostro ministro degli Esteri Luigi di Maio.

 

Come mai tanta furia? Marco Travaglio, retoricamente, replicava così a Severgnini: «la domanda è: perché ci odiano tutti? […] Sono tutti nati cattivi o abbiamo fatto qualcosa anche noi?»

La risposta l’aveva già data in giornata il ministro della Difesa di Israele Yoav Gallant: «Ho ordinato l’assedio completo di Gaza: niente elettricità, niente cibo, niente benzina, niente acqua. Tutto chiuso. Combattiamo contro degli animali umani e agiamo di conseguenza». La risposta ovvia alla domanda retorica c’era stata, ma era quella assurda: sono nati cattivi, animali.

La reazione è altrettanto conseguente: lo si vede in quel che accade giorno dopo giorno. Lo si dice, anche, senza giri di parole: «Per noi c’è uno scopo: distruggere Gaza, distruggere questo male assoluto» (Dror Eydan, ex ambasciatore israeliano).

Stupisce allora se si arriva a invocare l’atomica?

 

Da allora nulla è cambiato e quella tragica impostazione è stata ripetuta infinitamente, inalterata, sclerotizzata: da un lato faceva sì che Gaza venisse ridotta in macerie e in un «cimitero di bambini», secondo le parole del segretario dell’ONU; dall’altro ricopriva di ridicolo la squallida miseria intellettuale dei notabili del nostro establishment che se ne facevano portavoce.

Ecco una selezione casuale: Porro, Salvini, Tajani, Gramellini, Grasso, Merlo, Gasparri, Scaraffia, ecc.

 

I due errori metafisici fondamentali sono stati quelli indicati: al terrore, all’errore qualsiasi reazione va bene, ossia alla violenza si risponde indiscriminatamente con la violenza; la reazione non è volta a rimuovere l’errore, ma a distruggere l’ostacolo, ossia non si vuole colpire l’azione particolare errata, bensì coloro che l’hanno compiuta e coloro che possono esservi legati.

Tuttavia, l’annientamento indiscriminato dell’ostacolo – senza la rimozione dell’errore – perpetua l’errore e genera altri ostacoli, ostacoli peggiori.

 

Ciò che non vogliamo per noi stessi, non lo dobbiamo volere neanche per gli altri, pena la sua realizzazione.

 

Il XXI secolo è stato finora il secolo delle bombe democratiche. Se continuerà così avremo le bombe e perderemo quel poco di democrazia che rimane.

 

11 novembre 2023

 








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