Come comprendere meglio la realtà che ci circonda

 

È impossibile analizzare bene qualcosa se non si cerca nemmeno di comprenderla, soprattutto nel caso in cui l’oggetto in analisi è l’espressione di secoli di evoluzione politica.

 

di Giacomo Lovison

 

Caspar David Friedrich, "Il sognatore" (1835)
Caspar David Friedrich, "Il sognatore" (1835)

 

Nella Prefazione ai lineamenti della Filosofia del diritto, uno degli argomenti che Hegel affronta è il ruolo della filosofia nei confronti della realtà politica che la circonda. Il tedesco va contro le forme di intellettualismo che invece di indagare la realtà, creano una teoria politica astratta che non tiene conto delle strutture istituzionali presenti.

 

La filosofia del diritto non deve essere una costruzione teorica che veda la realtà come un oggetto da aggiustare. La realtà politica deve essere al contrario compresa dalla filosofia del diritto.

 

« La filosofia, poiché è lo scandaglio del razionale, appunto per ciò è l’apprendimento di ciò ch’è presente e reale, non la costruzione di un al di là, che sa Dio dove dovrebbe essere, ‒ o del quale di fatto si sa ben dire dov’è, cioè nell’errore di un vuoto, unilaterale raziocinare. » (G.W.F. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto)

 

Come ci dice Hegel questa necessità di una costruzione teorica che preceda la realtà è una caratteristica propria della filosofia del diritto. Se andiamo ad osservare per esempio lo studio della natura, questa astrazione teorica non è adottata.

 

« A proposito della natura si concede che la filosofia debba conoscerla com’essa è, che la pietra filosofale stia nascosta in qualche luogo, ma nella natura stessa, che essa sia entro di sé razionale e che il sapere debba indagare e comprendendo afferrare questa ragione reale. […] L’universo spirituale deve invece esser dato in preda al caso e all’arbitrio, esso dev’esser abbandonato da Dio, cosicché secondo questo ateismo del mondo etico il vero si trovi al di fuori di esso. » (Ivi)

 

È contraddittorio trattare una produzione razionale come se fosse una creazione insensata. È impossibile analizzare bene qualcosa se non si cerca nemmeno di comprenderla, soprattutto nel caso in cui l’oggetto in analisi è l’espressione di secoli di evoluzione politica.

 

Il rischio più grande di sostituire la comprensione con la creazione di una realtà ex novo, è quello di rifare gli stessi errori che rendevano imperfetta la realtà che si biasimava.

 

Se non si comprendono le strutture della realtà contraddittoria, e non si è consapevoli del fatto che il nostro pensiero è intriso di quelle aporie che critichiamo, allora si ricadrà nelle stesse contraddizioni che si volevano superare.

 

Un esempio del fenomeno descritto sopra ci è offerto da Hegel ancora una volta nella prefazione della filosofia del diritto. Hegel ci mostra come i detrattori della filosofia usino quelle categorie che criticano tanto aspramente. È contraddittorio criticare il vuoto raziocinare della filosofia usando i concetti aporetici che si vorrebbe denunciare.

 

« Le declamazioni e le insolenze correnti al nostro tempo contro la filosofia offrono il singolare spettacolo, ch’esse da un lato traggono il loro diritto da quella fatuità a cui questa scienza è stata degradata, e dall’altro lato hanno radice proprio in questo elemento contro il quale esse ingratamente sono dirette. » (Ivi)

 

Le contraddizioni enunciate da Hegel sono presenti anche nella società odierna. Un esempio della creazione di mondi immaginari che non comprendono la realtà può esserci offerto dalle molte concezioni moralistiche dell’etica. Questi tipi di etica biasimano il comportamento della società, proponendo condotte morali che si rifanno ad un’astratta legge morale a cui aderire dogmaticamente.

 

Un esempio invece del secondo atteggiamento può ritrovarsi nella maggior parte delle critiche rivolte alla filosofia. Pensare di argomentare l’inutilità della filosofia senza affermare la sua necessità è contraddittorio. Se la filosofia è il dare ragione della realtà, allora si può argomentare l’inutilità della filosofia soltanto riaffermando la sua necessità.

 

Le contraddizioni viste sopra son ampiamente presenti nella storia della filosofia morale. Un esempio è la filosofia morale di John Rawls, che ha alla sua base una concezione dove gli individui vengono pensati come separati dalla realtà in cui si trovano immersi. Rifacendoci ai concetti hegeliani, possiamo vedere come Rawls abbia creato una concezione etica che non comprende la realtà morale, ma crea un aldilà astratto che non ci aiuta a capire la realtà.

 

Jacob Schikaneder, "Crepuscolo, Praga" (1890 ca.)
Jacob Schikaneder, "Crepuscolo, Praga" (1890 ca.)

 

Un filosofo che ha invece tentato di comprendere la realtà nell’ambito della filosofia morale è Henry Sidgwick, nel suo libro: I Metodi dell’Etica.

 

« È la prima opera veramente accademica nella filosofia morale che si impegna a fornire uno studio sistematico e comparativo delle varie concezioni morali, cominciando da quelle che storicamente e attualmente sono le più significative. » (John Rawls, Prefazione a I Metodi dell’Etica)

 

Sidgwick  indaga i tipi di etica perseguiti dal senso comune, con lo scopo di stabilire quale concezione morale abbia più senso. La sua riflessione è un continuo immergersi in quelle che sono le contraddizioni delle differenti morali. Un esempio di questo metodo può vedersi nello studio del tipo di etica chiamata egoismo. Mostrare come Sidgwick affronti la questione dell’egoismo può aiutarci a capire la differenza tra il metodo intellettualistico criticato sopra e quello usato dall’inglese.

 

Sidgwick comincia la propria trattazione chiarendo cosa intenda con il termine egoista:

 

« Egoista è colui che quando ha davanti a sé due azioni possibili, cerca sempre di anticipare la quantità di piacere e di dolore che risulterà da ognuna, e sceglie quella che gli offre il maggiore surplus di piacere possibile. » (Henry Sidgwick, I Metodi dell’Etica)

 

Perché sia possibile confrontare i diversi piaceri è necessario che questi ultimi, insieme ai dolori, siano commensurabili:

 

« Dobbiamo supporre che i piaceri desiderati e i dolori che vogliamo evitare abbiano delle determinate relazioni quantitative tra di loro: altrimenti non possono essere concepiti come elementi di una quantità che cerchiamo di rendere più grande possibile. » (Ivi)

 

La contraddizione che inficia l’egoismo è per Sidgwick l’impossibilità di capire l’esatta quantità di piaceri e dolori che contiene una determinata azione. Ogni individuo prova piacere per cose diverse, diventa perciò impossibile creare un sistema che aiuti gli uomini ad individuare le azioni che daranno il maggior piacere possibile. Anche riguardo ai singoli obbiettivi (fama, ricchezza, potere, etc.) che conducono alla felicità, ci sono un’infinità di eccezioni che non permettono all’uomo di assicurarsi una vita felice perseguendo questi singoli scopi.

 

È possibile soltanto la definizione di un’idea generale di azioni da perseguire, ma questa poca precisione non è sufficiente a darci un metodo dell’etica.

 

« Il senso comune ci offre solo, al meglio, una stima vera per l’essere umano medio, e ogni individuo sarà più o meno divergente da questo uomo medio. » (Ivi)

 

L’analisi del pensiero comune è l’unico modo che abbiamo per superare le nostre contraddizioni. La strada che ci mostrano Sidgwick e Hegel è il percorso verso la comprensione dei nostri errori, il superamento dei vuoti concetti attraverso cui siamo stati educati.

 

18 novembre 2019

 








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