"Dov'è il mio potere sulle parole?"

 

L'articolo 21 della Costituzione italiana recita: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». Parole sacre queste. Dopo secoli di lotte, guerre, morti, finalmente si è arrivati a mostrare questa profonda libertà. Purtroppo, anche se siamo nel 2019, molti paesi non sono ancora giunti a tale manifestazione. Il problema però sembra che nemmeno noi abbiamo davvero capito cosa voglia dire tutto questo. 

 

 

« Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. » 

 

Tali parole vogliono di certo dichiarare che non posso impedire a qualcuno di parlare, o di scrivere ciò che pensa; ma la domanda che ci si pone in questa sede è se davvero esse dicono solo questo. Si spera ci sia anche dell'altro, perché altrimenti chiunque “potrebbe scrivere un libro o dire quello che pensa”. Il problema, però, è che sembra si stia andando proprio in questa direzione: sono più venduti i libri di Barbara D'Urso anziché quelli di Dostoevskij! 

Non è forse che dovremmo capire meglio in cosa consista la libertà di parola?

 

Non si vuol certo negare che oggi ci siano grandi penne; il problema è che oltre a queste c'è chi non ha proprio capito quale sia lo scopo dei libri. Siccome nella nostra società tutto ciò che è presente ha valore solo se può dare profitto, lo stesso i libri, per alcuni, sono diventati i mezzi per guadagnare o per aumentare il guadagno. Tra gli scaffali delle librerie, con grande orrore, ci sono anche i libri che potremmo definire trash, visto il loro povero – per usare un eufemismo – contenuto. Il fatto è che non solo c'è chi questi libri li scrive ma ovviamente c'è chi li legge. O come chi una mattina si sveglia e decide che è arrivato il momento di scrivere un libro: “Raccontare la storia della mia vita, così unica e incredibile”; o come chi ha vissuto un'esperienza talmente toccante da ritenere necessario darle eternità. E questo perché? Perché “chiunque può scrivere quello che pensa”! 

A volte, magari, ci capita di leggere qualcosa e con un po' di amarezza affermare: “Ma cosa ha detto questo? Niente!”; e invece quando leggiamo Hegel, per esempio, o una grande poesia, sebbene la domanda sia la stessa, il significato è completamente diverso, perché quel “Ma cosa ha detto?” vuol dire: sono troppo ignorante per capirlo o è talmente profondo ed essenziale questo pensiero che mi chiedo come abbia fatto a dire tutto questo. Intanto però i grandi classici soffocano nella polvere mentre “i libri del momento” si prendono una gloria immeritata

 

E allora ci chiediamo mai di che cosa sarà fatta la letteratura del nostro tempo, quella che leggeranno i posteri? Ci sarà posto per i veri libri visto che con quel “tutti hanno diritto di parola” gli pseudoscrittori, forse, occuperanno le librerie future? A quel punto avrà ancora senso parlare di letteratura? Ci sarà ancora qualcuno che leggerà? Ci interroghiamo mai sulla responsabilità che abbiamo in quello che consegneremo? Proviamo mai vergogna per il nostro presente?

 

Henry Ward Beecher
Henry Ward Beecher

 

Dietro al diritto di poter manifestare liberamente il proprio pensiero è chiaro che c'è il fatto che chiunque deve avere la possibilità di farlo, ma allo stesso tempo che ognuno deve avere la consapevolezza di ciò che può fare. Henry Ward Beecher in Plymouth pulpit scrive:

 

« La libertà è il diritto dell'anima di respirare, e se essa non può farlo le leggi sono cinte troppo strette. Senza libertà l'uomo è una sincope. Ci sono moltitudini di persone la cui idea di libertà è il diritto di fare ciò che piace, invece del diritto di fare ciò che è lecito e migliore. […] non c'è libertà per gli uomini quando l'ignoranza predomina sulla conoscenza. »

 

Per usare, in buona fede, le parole del buon Henry, possiamo dire che l'uomo è una sincope se non gli viene data la possibilità di parlare, di scrivere; ma allo stesso tempo se ciò che dice o scrive non ha significato alcuno, dal momento che si afferma che la libertà dell'uomo viene negata se l'ignoranza prevale sulla conoscenza, e a ben vedere oggi, la maggior parte di noi è schiava della banalità. Non per niente si è persino arrivati a parlare di “analfabetismo di ritorno”: non siamo poveri di pane, siamo poveri di pensiero. Almeno un po' di vergogna, però, la dovremmo provare, non fosse altro che con le possibilità di istruzione che abbiamo oggi giorno, potremmo davvero migliorare il mondo anche per quelle persone che dopo secoli e secoli di conquiste continuano ancora ad essere oppresse, sfruttate e che non possono permettersi di leggere Sofocle perché ogni giorno vivono quelle stesse tragedie

 

La libertà è una parola con un suono dolcissimo, tutti la vogliono, molti pensano di possederla e pochi l'hanno mostrata davvero e sono davvero liberi. Il grande Hegel in Lezioni sulla filosofia della storia ci insegna: 

 

« È un acquisto della filosofia speculativa la conoscenza che la libertà è l'unica vera natura dello spirito. La materia è pesante perché preme verso un centro; secondo la sua essenza è un composto, le sue parti esistono l'una separata dall'altra, essa cerca la sua unità e cerca così di superarsi, aspira a divenire il contrario di se stessa. Qualora ci riuscisse, non sarebbe più materia, bensì si sarebbe annullata; essa aspira all'idealità, poiché nell'unità essa è ideale. Al contrario, lo spirito è tale perché possiede in sé il centro; lo spirito non ha unità fuori di sé, bensì l'ha trovata; è in se stesso e presso se stesso. La materia ha la sua sostanza in qualcosa di esterno; lo spirito è l'essere presso se stesso. E questa è la libertà; infatti, quando sono dipendente, mi trovo in rapporto con qualcosa di estraneo, con qualcosa che non sono io; non posso esistere senza qualcosa che stia fuori di me. Sono libero solo quando sono presso me stesso. Questo essere presso se stesso, proprio dello spirito, è coscienza di sé, è la coscienza che lo spirito ha di se stesso. »

 

Atlante
Atlante

L'essere presso se stesso dovrebbe essere il nostro compito, una strada per trovarsi, per conoscersi davvero: questa è la libertà. Ed è quindi chiaro che non si può scrivere tutto ciò che si pensa, poiché non tutto ci è utile in questo cammino. I libri sono un tramite, non per il profitto, ovviamente, ma un tramite verso l'altro; e ciò che scrivo non è soltanto il frutto del cammino di conoscenza che ho fatto fino a quel momento, ma deve essere anche un aiuto che posso dare al prossimo: una lacrima, un sorriso, una nuova conoscenza, un vedersi da un'altra prospettiva, un aprire gli occhi su un altro mondo, un vedere il mondo attraverso altri mondi, come fa la letteratura, per esempio

Non è facile scrivere, è difficile lavorare con le parole. Le parole sono φάρμακον, dal greco, veleno e medicina allo stesso tempo, e compito di colui che scrive è dare la medicina ed evitare il veleno. È capire se quello che diciamo possa avere un effettivo contributo, possa essere una parola che porta aiuto, possa essere l'Atlante della nostra epoca, possa aiutare a sopportare i dolori che ci opprimono, possa essere il faro del nostro tempo, come le grandi opere sono sempre state, e non un'ulteriore “zappa sui piedi”, passo indietro o degradante pensiero. La parola è la culla del concetto e del sentimento: non può essere sprecata.

 

Quanto siamo distratti dall'abbondanza banale di parole, o ne siamo prodighi o avari! Quanto è difficile cercare quelle giuste!

Bisognerebbe avere sempre un timore reverenziale quando si scrive (o si parla) e questo dovrebbe aumentare o diminuire a seconda del discorso scritto (o parlato) che si fa. Quel timore sano, che non  blocca se si vuole dire qualcosa di sensato, e allo stesso tempo però permette di non blaterare, di non essere prepotenti. Le parole hanno bisogno di essenzialità, semplicità, dolcezza

 

Nella poesia, per esempio, non tutti ma solo alcuni sono poeti: ognuno può scrivere poesia, ognuno è poesia se per poesia intendiamo lo scrigno prezioso in cui è contenuto l'universale; ognuno di noi contiene in qualche modo l'assoluto:  la parte ha senso solo in relazione al tutto, e, questa, cos'è se non poesia? Ma allora per questi motivi chiunque può permettersi di pubblicare i suoi versi? O addirittura vantarsi di essere poeta? Poeta è chi riesce a farci percepire il nostro tendere all'assoluto.

Borges, per esempio, in Un'altra poesia dei doni scrive: 

 

J. L. Borges
J. L. Borges

 

 

 

Ringraziare voglio […]

per Whitman e Francesco d'Assisi, che scrissero già questa poesia, 

per il fatto che questa poesia è inesauribile

e si confonde con la somma delle creature

e non arriverà mai all'ultimo verso

e cambia secondo gli uomini,

[...]

 

La poesia che “non arriverà mai all'ultimo verso”. È proprio così. Fino a quando ci sarà l'uomo i versi non saranno che un continuato dei primi che si sono scritti. Ma è per questo che i versi che dono agli altri non possono in alcun modo essere banali! 

O come Neruda quando in Poesia scrive:

 

[…]

e scrissi la prima riga incerta,

vaga, senza corpo, pura

sciocchezza,

pura saggezza

di chi non sa nulla,

e vidi all'improvviso

il cielo

sgranato

e aperto,

pianeti,

piantagioni palpitanti,

ombra ferita,

crivellata 

da frecce, fuoco e fiori,

la notte travolgente, l'universo. 

 

Ed io, minimo essere,

ebbro del grande vuoto

costellato,

a somiglianza, a immagine

del mistero,

mi sentii parte pura

dell'abisso,

ruotai con le stelle,

il mio cuore si sparpagliò nel vento. 

 

Il poeta si sente parte dell'universo tutto, e la poesia è ciò che l'ha colto d'improvviso e che l'ha condotto in questo vortice di parole per poter gridare la verità ad ogni uomo e cioè la vicinanza che ogni essere ha con gli altri. 

 

Oppure ancora come W. Szymborska nella poesia Riabilitazione scrive: 

 

W. Szymborska
W. Szymborska

 

 

[…]

Dov'è il mio potere sulle parole?

Parole cadute sul fondo d'una lacrima,

solo parole che non possono risuscitarli,

descrizione morta come una vecchia fotografia.

Neppure a un mezzo respiro so destarli,

io, Sisifo, incatenato all'inferno della poesia.

[…]

 

In questa strofa ella si domanda quale sia il suo potere sulle parole visto che non può far tornare in vita i morti con la dolcezza e potenza della poesia. Eppure scrive... Perché? Non potrebbe essere vista come una contraddizione il dire di non aver potere sulle parole ma nello stesso tempo scrivere comunque?  Ovviamente no! Le parole non possono fare in modo che chi se ne sia andato ritorni presente, effettuale, ritorni a compiere azioni come prima; ma possono farlo tornare presente nella memoria, possono dare dignità a ciò che se ne è andato. A questo proposito si pensi alla Canzone di Marinella di Fabrizio De Andrè, il quale con le sue parole diede dignità a una donna a cui gliela avevano strappata

 

È un po' come ci mostra Calvino, i libri iniziano prima di essere scritti, così come le poesie, o i discorsi stessi, perché sono gli scrigni dei pensieri. Nel libro è presente il frutto del lavoro che il pensiero ha fatto in giorni, mesi o anni, ciò che può essere utile, d'aiuto, che può aprire una breccia sul cammino della nostra conoscenza. 

 

« Ma come stabilire il momento esatto in cui comincia una storia? Tutto è sempre cominciato già da prima, la prima riga della prima pagina d'ogni romanzo rimanda a qualcosa che è già successo fuori dal libro. Oppure la vera storia è quella che comincia dieci o cento pagine più avanti e tutto ciò che precede è solo un prologo. Le vite degli individui della specie umana formano un intreccio continuo, in cui ogni tentativo d'isolare un pezzo di vissuto che abbia un senso separatamente dal resto – per esempio, l'incontro di due persone che diventerà decisivo per entrambi – deve tener conto che ciascuno dei due porta con sé un tessuto di fatti ambienti altre persone, e che dall'incontro deriveranno a loro volta altre storie che si separeranno dalla loro storia comune. » (I. Calvino, Se una notte d'inverno un viaggiatore)

 

Non è uomo chi impedisce un altro di scrivere o parlare; ma una volta mostrata tale verità, e dichiarata la nostra libertà, è solo nel cammino della conoscenza che potremmo essere davvero liberi.

 

30 ottobre 2019

 








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