L'apocalisse di 8Tage, il fascino filosofico e poetico della fine del mondo

 

Nella miniserie tedesca, l'apocalisse annulla lo scorrere del tempo e affaccia il mondo alla dimensione dell'Eterno. Davanti all'Eterno tutto appare finalmente nella sua realtà autentica, intima e miracolosa.

 

di Giulia Bertotto

 

 

L'apocalisse, rivelazione, nel suo compimento escatologico, rende manifesti e conoscibili i misteri ultraterreni ma anche, più profanamente diciamo, tutto ciò a cui gli esseri umani sono disposti per salvare la nuda vita terrena. La fine del mondo, almeno quello umano, è un laboratorio perfetto per studiare le tematiche della teodicea ma anche l'aspetto sociale e psicologico della catastrofe. Quando la sopravvivenza è scaduta, come nella trama della serie tedesca 8Tage, cambiano le priorità, cadono le regole civili ma anche le ipocrisie quotidiane funzionali a mantenere in essere il sistema. In questa serie il dramma corale scaturisce dal meteorite che si abbatterà sulla terra (sull'Europa, diventata Kill Zone) tra 8 giorni, incidente scatenante del resto non originale, ma cosmicamente spettacolare.

 

Il contatto sociale che fonda il diritto si rompe sotto la pressione dello schianto imminente e si restaura la legge del più forte, furbo o ricco. Si spezza quella capacità umana che tenta ogni giorno di superare la brutalità della natura per fondare l'etica. Etica che è alla base della nascita della società umana, ossia di quella forma di vita in comune che sostituisce lo stato di natura come formulato da Thomas Hobbes, John Locke e Jean-Jacques Rousseau. Quella natura che sembra agire in un'indifferenza quasi leopardiana, che procede stratificando estinzioni e adattamenti: Uli guarda con la sua lente scientifica i fossili di maestosi dinosauri e gli provocano un impeto di inquietante tenerezza. Anche l'umanità si trova al suo Cretaceo.

 

Scricchiola, guardando 8Tage, anche quel “sottosuolo” Dostoevskijano pronto ad affacciarsi come un rigurgito atavico: "La civiltà ha reso l'uomo, se non più sanguinario, in ogni caso più ignobilmente sanguinario di quanto fosse un tempo”. «Satana lotta con Dio, e il loro campo di battaglia è il cuore degli uomini» scriveva ne I fratelli Karamazov; ma Satana in questa serie si nasconde da una parte e improvvisamente dall'altra, mimetizzandosi in una rettitudine così volubile, in base a come si muovono i personaggi: ad esempio quando Marion viene rinchiusa e subito dopo liberata da Susanne e il figlio proprio mentre sta dando alla luce il suo bimbo.

 

 

I personaggi

 

Troviamo dei personaggi quasi allegorici: Hermann, il compagno di Marion, impersona la politica, Deniz un ligio poliziotto di origine turca rappresenta la legge, Uli sta per la fisica e sua moglie Susanne un medico, (quindi la medicina), poi ci sono i loro due figli, Leonie e il fratellino minore. La religione è rappresentata da un giovane sacerdote abbandonato dalla sua comunità di fedeli e ormai scalsata dal fermento spirituale di Robin, nuovo messia. Una sorta di Cristo tatuato che vive in stato di fervore contemplativo e intorno al quale si riunisce una setta di millenaristi tossico-dipendenti. Uno di loro accenna ad alcuni elementi straordinari e terribili dell'escatologia abramitica, soprattutto di tradizione islamica: un terremoto sconvolgerà il globo, il sole ingoierà la terra, le piante verranno sradicate e le stelle cadranno come mosche. L'universo fermerà la sua espansione.

 

 

La poesia dell'Apocalisse

 

Aveva ragione il regista Andrej Tarkovskij nell'osservare che l'Apocalisse è il più alto componimento poetico. L'apocalisse annulla lo scorrere del tempo e così si affaccia alla dimensione dell'Eterno. Davanti all'Eterno tutto appare finalmente nella sua realtà autentica, intima e miracolosa: le stelle come i coleotteri (una inquadratura) o i carrelli del supermercato abbandonato. 

Se i catastrofici americani vi sembrano duri, 8Tage richiede un alto livello di sopportazione del tragico, infatti la tensione minima è il panico. Panico che cresce mentre l'impatto si avvicina.

Il panico, in quanto emozione del tutto, non è che una sorta di rapimento mistico rovesciato. Come quel numero 8 che nel tatuaggio della giovane Leonie diventa simbolo dell'Infinito. Robin non è preso dal panico, piuttosto da una panica esaltazione mistica. Horus, questo il nome del frammento spaziale in rotta di collisione, è anche il nome del dio egizio del cielo e della bontà, figlio della dea della natura e del dio del mondo dei morti. 

Robin allora annuncia la sua buona novella che ha ancora al centro le stelle: esse, anche se cadranno come insetti agonizzanti, si tramuteranno in polvere e quella polvere feconderà i pianeti; da quella polvere spaziale si sintetizzano proteine, dalle quali a loro volta prendono vita piante, animali e umani, e così la morte, ontologicamente non esiste.

L'apocalittica, come la visione poetica e quella filosofica, ha il potere di mostrarci le cose nella loro manifesta e piena sacralità: le stelle genitrici cosmiche, un vecchio relitto diventa l'arca di una nuova alleanza, la verginità di un'adolescente come un battesimo. L'apocalisse ammalia il filosofo, capace di meraviglia, o eccita gli istinti più bassi e abominevoli, in base al livello di coscienza di ciascuno.

L'Apocalisse è attesa dal filosofo come reintegrazione della verità e forse da tutti per quella segreta ventata di liberazione che la fine del mondo porta in sé.

 

 11 dicembre 2020

 








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