La morte è una tematica difficile da affrontare: sia per i limiti umani nel comprenderla, che per il timore che essa causa al solo pensiero. Punto conclusivo al vivere di ciascuno, essa sembra una sciagura che blocca le potenzialità umane. Da un altro punto di vista, però, la morte potrebbe rivelarsi il punto d’avvio per realizzare una vita degna di tal nome.
Per molti i film d’animazione sono cose da bambini, che non interessano il mondo degli adulti, ad eccezione di quei genitori che i figli, al cinema, ce li devono portare. Eppure, a volte quegli stessi film trasmettono riflessioni profonde e tutt’altro che noiose per una persona maggiorenne.
È di recente uscita, nelle sale cinematografiche italiane, il film d’animazione Il gatto con gli stivali 2 – l’ultimo desiderio, regia di Joel Craword. Film spin-off della saga di Shrek, che riprende le vicende del famoso gatto spadaccino, che si ritrova, inaspettatamente, con una sola vita rimasta delle nove che a ogni felino aspetta. Una situazione tragica, perché lo mette faccia a faccia col terrore della morte. Comincerà una corsa disperata per riavere indietro le altre otto vite, nel tentativo di allontanare l’ultimo respiro; corsa durante la quale il nostro eroe dovrà affrontare molte peripezie e, soprattutto, rispondere a parecchie domande, fra cui quella se ha senso vivere a lungo o vivere bene.
Senza esagerare coi dettagli del film per chi volesse guardarlo, si dica solo che la morte rincorrerà non poco il protagonista, rinfacciandogli di aver sprecato fin troppo il proprio tempo prezioso: perché ottenerne altro, se non si è capaci di sfruttare quello che si ha a disposizione? Una domanda che riguarda tutti noi, e nei confronti della quale la pellicola cinematografica offre tantissimi spunti di riflessione. Una tematica che non è certo estranea al contesto filosofico, anzi è uno dei cardini di riflessione di molti autori, un punto la cui trattazione sembra imprescindibile, come si può vedere in Seneca:
« Non poco tempo noi abbiamo, ma molto ne perdiamo. Una vita sufficientemente lunga e per portare a compimento le imprese più grandi, ci è stata data con abbondanza, se tutta fosse ben collocata a frutto; ma quando fluisce via ne lusso e nella noncuranza, quando non viene spesa per nessuna buona cosa, sotto la costrizione infine dell’ultima necessità, la vita, che non capimmo come procedeva, ci accorgiamo che è passata. » (Seneca, De brevitate vitae)
È facile prendere alla leggera i giorni che passano, specie finché si è giovani: illudersi che il tempo a disposizione non finisca mai e che, nel frattempo, ci si possa pure dedicare a piaceri o ad attività secondarie, lasciando i propositi più impegnativi a un dopo indefinito. Poi, però, la morte bussa metaforicamente alla propria porta: sopraggiunge con calma la vecchiaia e s'inizia a rendersi conto che il tempo non è poi infinito; si comincia a rincorrere quello che andava cominciato fin da subito, con l'affanno di chi non sa se riuscirà a raggiungere i propri obiettivi prima che la morte bussi di nuovo, questa volta in senso letterale.
La soluzione sembrerebbe semplice: bisognerebbe trovare un modo per allungare il tempo a disposizione: come il gatto con gli stivali, si dovrebbe correre alla ricerca di metodi per ottenere altro tempo. Se è la morte ciò che limita le possibilità dell'uomo, che gli incute terrore e spezza i suoi propositi, il suo allontanamento – e idealmente la sua eliminazione – è l'unico metodo per non cadere «sotto la costrizione dell’ultima necessità» prima di concludere una vita realizzata.
Una tale riflessione, purtroppo, presenta una contraddizione. Se si ripensa al sopracitato film, il protagonista non ha una, ma ben nove vite: sembrerebbe avere "tutto il tempo del mondo" per realizzare i propositi più importanti e di valore. Lo spreco di tempo però nega tale possibilità e avviene non per le poche vite a disposizione, ma per una noncuranza nel rispetto della propria vita. Disinteresse che scaturisce proprio dalla "mancanza" della morte.
Il gatto non si cura del proprio vivere perché non ha paura di raggiungere il sonno eterno: il suo non concepire la morte come fatto possibile rende, illusoriamente, la vita una scorrere indefinito di giorni senza limite, nel quale sembra non esservi necessità di impegnarsi il prima possibile per i traguardi importanti. Vivendo come un essere eterno, perché mai l'eroe del film dovrebbe rinunciare a certi piaceri e perdite di tempo? Tutto cambia, però, quando egli realizza che la morte è possibile e più vicina di quanto pensasse.
La morte, paradossalmente, è ciò che permette, nel momento in cui viene compresa, la dedizione massima e piena al suo opposto, la vita. Lo scialacquare giornate su giornate, o impegnarsi in attività che, alla fine dei propri giorni, non faranno sentire realizzati, deriva dal non concettualizzare l'inevitabile limite che incombe su ogni essere umano; al contrario, avere coscienza della propria fine naturale spronerà a sfruttare il tempo che si ha, nonché a chiedersi cosa merita la propria attenzione e dedizione. Come ricorda Seneca, esistono persone la cui vita è assorbita dall'accumulo ossessivo di denaro e beni, a dispetto di qualsiasi principio, ma quando sopraggiunge la malattia sono pronti a spendere tutto pur di prolungare il tempo a disposizione: che senso aveva, allora, la ricerca maniacale della ricchezza? Esistono umani che ricercano gli onori e la gloria a discapito di ogni persona che incontrano nel loro cammino, ma giunti alla vecchiaia vengono dimenticati e odiati da chi li circonda: potranno sentirsi davvero realizzati?
Essere consapevoli che non si vive per sempre spinge così a ridimensionare ciò che ha un valore secondario, tanto quanto a concentrarsi su ciò che è fondamentale per giungere alla fine dei propri giorni con la felicità di chi ha fatto ciò che andava compiuto. Senza con ciò negare i momenti di pausa e piacere – che sono anch'essi, nella giusta misura, parte fondamentale per ottenere una vita compiuta –, ma in modo che essi non neghino a loro volta il realizzarsi degli obiettivi di vita, dei valori che guidano il proprio agire.
Obiettivi che, a volte, sono meno esotici e lontani di quanto si pensi. Se ne rende conto il gatto con gli stivali, che in una ricerca spasmodica per allungare la vita stava per dimenticarsi di dedicare tempo a chi amava o di essere coerente con quei principi che dovrebbero guidarlo, affinché, quando anziano dovrà giudicare la sua vita passata, non gli sembri di essere stato come una barca che viene spinta da tutte le parti dalle onde del mare, senza aver mai tenuto una direzione precisa.
Vivere appieno, insomma, richiede la consapevolezza che bisogna morire. Una vita, allora, basta e avanza, a patto che non la si sprechi. Queste feste, si provi a fare come il gatto con gli stivali: non si dimentichi di dedicare il tempo a chi lo merita e ai valori che, seppur spesso dimenticati, dovrebbero essere la bussola delle proprie azioni.
Buone feste e buon anno nuovo!
23 dicembre 2022
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