Recensione: Le vite degli stoici di Ryan Holiday e Stephen Hanselman

 

Il libro di Ryan Holiday e Stephen Hanselman è capace di parlare a tutti: scritto con linguaggio semplice e accattivante, mira a far emergere le lezioni di vita ancora attuali che i filosofi stoici ci hanno lasciato. A volte, però, nello sforzo di piacere a tutti, viene sacrificato del rigore, finendo per scontentare i lettori di filosofia più esigenti

 

di Alberto Pilotto

 

 

Ci si potrebbe chiedere il senso o la necessità di parlare di stoicismo nel nostro tempo, o domandarsi perché sia tornato a far parlare di sé. La risposta, da parte di chi scrive, è che la filosofia stoica può essere considerata una filosofia per le epoche di decadenza, nata nei tempi bui della dissoluzione dei regni ellenistici e del mondo greco, conquistando poi Roma nei tempi altrettanto bui della fine della Repubblica e del primo Impero. Sarebbe una filosofia, infatti, per come la ritiene Hegel, fondata su una concezione di libertà astratta dell’individuo: una libertà intesa esclusivamente come libertà interiore e indipendenza dalle cose. In questo senso, quindi, lo stoico può sentirsi libero «sia sul trono che in catene» (Fenomenologia dello Spirito): i due casi paradigmatici dell’imperatore Marco Aurelio e dello schiavo Epitteto. Non a caso, l’hegeliana coscienza stoica fuoriesce proprio dalla condizione servile, che con essa non riesce ad emanciparsi, ma, anzi, accetta la sua schiavitù in nome di una libertà intesa solo interiormente.

 

Non c’è dunque da stupirsi se tale corrente di pensiero ha trovato nuovo terreno fertile negli Stati Uniti di fine Novecento, con la nascita dello stoicismo moderno, di cui Ryan Holiday, autore de Le vite degli stoici (tr. it. Hoepli, Milano 2023), è un eminente esponente: nella patria del consumismo, della libertà astratta e individualistica, in un mondo in decadenza e in continuo cambiamento che non sa dare più certezze o punti fermi ai suoi abitanti, l’unica libertà proponibile diventa quella interiore, l’unica bussola è una coscienza individuale che deve trovare l’equilibrio all’interno di un mondo in perenne divenire sociale, economico, morale, politico, climatico.

 

Non che questa posizione sia completamente sbagliata: se la colpa della coscienza stoica hegeliana era quella di ignorare l’oggettività della Natura, oggi possiamo dire che questa oggettività ci sia ancora? Non è a prima vista il mondo stesso, con i contenuti sempre cangianti che ci vengono proposti, con i suoi mutamenti repentini a mancare di “oggettività” e di stabilità? D'altronde, gli inni alla flessibilità e alla resilienza di fronte agli imprevisti si sprecano.

Se così fosse, allora il recupero degli insegnamenti dello stoicismo non sarebbe qualcosa di anacronistico, ma una tappa necessaria – come lo era per Hegel –, anche se non definitiva secondo chi scrive, verso una riconquista di sé e del mondo.

 

È proprio questo il tentativo che compiono Ryan Holiday e Stephen Hanselman nel loro libro Le vite degli stoici: quello di fornirci un resoconto delle vite dei principali filosofi stoici (qui 26 in totale), un resoconto che non vuole essere fine a se stesso, ma che vuole dialogare con noi e che ci interroga, attraverso i vissuti di questi intellettuali protagonisti del loro tempo. È questo, forse, il più grande merito del testo di Holiday e Hanselman: riuscire a far emergere, almeno in parte, ciò che ancora oggi possiamo imparare dalle vite degli stoici, che non vengono relegate a una mera «filastrocca di opinioni», per usare ancora termini hegeliani, buone solo per mostrare erudizione, mostrandoci quanto siano attuali certe situazioni, dinamiche, e quanto ancora oggi presenti certi pregiudizi, comportamenti e modi di vivere.

Nel fare questo, Holiday e Hanselman sfatano anche alcuni miti del senso comune attribuiti agli stoici, come quello che «li riteneva bestie da soma prive di sentimenti che nella vita potevano soltanto soffrire e guardare se stessi»: si vedrà il loro impegno politico, che li distingueva radicalmente dagli epicurei, la loro resistenza agli imperatori, figure incombenti la cui spada del potere cadrà spesso sui filosofi, che sfideranno a viso aperto, rischiando la propria vita in nome della propria integrità e virtù.

Un altro mito abbattuto da Holiday e Hanselman è quello degli stoici come uomini perfetti, instancabilmente ligi al proprio dovere, capaci di prendere le decisioni migliori e sempre coerenti con le idee da loro professate: non è così. Ci raccontano, per esempio, l’incoerenza di uno degli stoici più famosi e amati, Seneca, tra la vita frugale e priva di lussi che predicava e lo sfarzo nel quale egli realmente visse per gran parte della propria vita.

 

Insomma, questo libro è capace di parlare a tutti: è scritto in maniera semplice, a tratti accattivante, comprensibile anche ai profani. La suddivisione in brevi capitoli, ognuno dedicato alla figura di un filosofo, la rendono una lettura agevole anche per chi ha poco tempo o non sa reggere lunghe sedute di lettura.

 

 

Ci sono però alcune storture da segnalare ai lettori più attenti, navigati o esigenti.

Prima fra tutti, il rischio che il lettore veda deluse le proprie aspettative qualora ricercasse in questo libro una summa della filosofia stoica o di arrivare alla fine del libro conoscendo tutti i caratteri propri della stoà. Nella preoccupazione di raccontare le vite, le gesta e il tempo degli stoici, il libro dimentica di esplicitare ed argomentare i fondamenti logici, le dottrine fisiche, e i caratteri etici dello stoicismo, quasi essi venissero dati per scontati o lasciandoli ricavare semplicemente dalla biografia dei suoi esponenti. Questo perché il testo non sembra essere pensato per gli specialisti di storia della filosofia antica: lo stile è volutamente semplice, divulgativo, adatto a tutti, soprattutto a coloro che si avvicinano alla filosofia per la prima volta.

Poco puntuali sono anche i riferimenti bibliografici, spesso molto volatili, e ciò può portare chi cerca del rigore nella trattazione a doversi arrendere alla verità di chi narra.

Infine, altra cosa che è possibile trovare fuori luogo sono i frequenti voli dell’immaginazione su cosa un filosofo potrebbe aver pensato o fatto in una data situazione, che sembrano motivati più dall’intento di romanzare la storia e renderla accattivante che da reali evidenze storiografiche o biografiche. Sebbene tali voli possano essere attribuiti al tentativo di rendere più complete e vicine a noi le storie raccontate, se uniti alla mancanza di una bibliografia puntuale potrebbero sortire nel lettore l’impressione che sia stata perseguita più la moda della citazione o dell’aneddoto inspirational che la verità storica.

 

Come detto in precedenza, nonostante questi difetti possano far storcere il naso ai lettori più esigenti, il testo rimane un pregevole tentativo di far dialogare il mondo antico con il mondo contemporaneo: questo è il tratto da ritenersi fondamentale per oltrepassare la contraddittoria erudizione di una storiografia filosofica che pretende di “non fare filosofia” ma fare solo storiografia. Il testo di Holiday e Hanselman, invece, ha la pretesa di “fare filosofia” attraverso le vite degli stoici che racconta: diretto a chi si avvicina alla storia della filosofia per la prima volta, e sebbene a tratti zoppicante, il testo si regge in piedi proprio nel suo tentativo di non relegare lo stoicismo al rango di un fenomeno del passato che oggi non ha più nulla da comunicarci.

 

Sebbene quindi lo stoicismo, nell’opinione di chi scrive, non possa essere considerato di per sé la risposta definitiva agli errori del nostro tempo, esso riesce ancora a presentarsi come uno stile di pensiero e un modus vivendi attraverso cui si deve necessariamente passare. Esso ci invita in ultima istanza a riflettere radicalmente su noi stessi, a ritenerci sempre responsabili di come va il mondo, a non trascurare il nostro ruolo in esso e nei confronti degli altri. Facendo i conti con esso potremmo sicuramente imparare molto di più su di noi, sulla nostra vita e sul nostro modo di relazionarci con ciò che ci circonda.

 

 

24 febbraio 2023

 








  • Canale Telegram: t.me/gazzettafilosofica