#venerdìletterario: 'Ti amo' di Hanne Ørstavik

 

Che significa trasferirsi in un altro paese per amore e, dopo non molto tempo, fare i conti con un cancro diagnosticato al compagno? Ti amo prova a rispondere a questa domanda, mettendo a nudo i pensieri e le emozioni di una donna che ha dovuto affrontare questo dramma.

 

 

Hanne Ørstavik, scrittrice norvegese di numerosi romanzi, decide di trasferirsi a Milano nel 2017, così da vivere assieme alla persona che ama: Luigi Spagnol, vicepresidente del noto gruppo editoriale Mauri Spagnol. Due persone unite dalla passione dalla letteratura, ma tragicamente divise dalla presenza, man mano più incombente, della morte. A Luigi viene diagnosticato un cancro e, col passare dei mesi, è sempre più evidente che la situazione sarà, in non molto tempo, fatale. Comincia così un periodo difficile per Hanne, che decide di mettere su carta cosa significhi vivere assieme a chi si ama, consapevoli che quell'amore ha, purtroppo, i giorni contati. Da ciò nasce Ti amo, libro pubblicato dalla scrittrice nel 2020, poco dopo la scomparsa del marito.

 

Più che un romanzo,  si tratta di un vero e proprio diario, un flusso di coscienza dove i pensieri dell'autrice scorrono con un apparente senso di disordine, che trasmette al lettore lo stato emotivo di chi ha steso quelle pagine, carico di stress, tensione, angoscia sul futuro. Un flusso di parole solo in apparenza caotico, perché – seppur caratterizzato da salti temporali e spaziali, da frasi secche che sembrano scontrarsi fra loro, dove si rimbalza da una descrizione di un luogo a uno stato emotivo, da un rapporto teso a un momento di riflessione – c'è sempre, in ogni paragrafo, un filo che ineluttabile lega tutte le pagine: il tema della morte.

 

Un tema che Hanne vuole affrontare per capire quello che sta succedendo, ma che nella relazione col compagno sembra impossibile da sviscerare:

 

« Ti amo. Ce lo diciamo tutto il tempo. Ce lo diciamo, invece di dire altro. Cosa sarebbe questo altro? Tu: sto per morire. Noi: non lasciarmi. Io: Non so cosa fare. Prima: Non so cosa fare senza di te. Quando tu non ci sarai più. Ora: Non so cosa fare di tutti questi giorni, di questo tempo, in cui la morte è la cosa più visibile che c'è. »

 

La ricerca di non reprimere la sua angoscia, di esprimere il dolore, di concettualizzarlo, si scontra infatti con la volontà di Luigi di vivere come se la morte non ci fosse. Di accrescere anzi il legame d'amore, nonostante l'indebolimento psicofisico che riduce le sue energie:

 

« Quanto ti sei ammalato è come se per te fosse diventato necessario dimostrarmi in un modo nuovo che ero importante, sì, che ero la cosa più importante nella vita, per te. Volevi sposarmi. Volevi che il nostro rapporto venisse formalizzato. Come se lo sposarci avesse potuto proteggerci, creare un laccio capace di non farti morire, è così che lo sentivamo? »

 

Eppure Hanne ha il bisogno di affrontarla la verità«se mi oppongo a quella forza, se vado contro me stessa, mi ammalo». Una forza inevitabilmente repressa, di fronte all'atteggiamento di Luigi, che ai suoi occhi è incomprensibile:

 

« Non capisco come tu faccia a non parlarne. Non posso fare a meno di pensare che da qualche parte dentro te stesso, ci pensi. Non vuoi parlarne per risparmiarlo a me? Così ci ritroviamo da soli con la morte, entrambi. »

 

Col tempo, però, sembra proprio che Luigi, quel pensiero, non voglia affrontarlo; che, di fronte agli esami e alle operazioni mediche, non sia cosciente del suo destino. Vuole illudersi che la morte non incomba: i dottori lo sanno e gli nascondono, in parte, il suo destino, lasciandogli speranza. Hanne vorrebbe affrontarla, la morte, col marito, ma ha paura della sua reazione, lo vede impaurito al solo accenno di quell'evento e decide, allora, di proseguire la vita "ordinaria".

 

Una vita che però ordinaria non può essere, lacerata dalla tensione fra la volontà di percepire la vita, l'energia, e la cruda realtà su cui incombe la morte e, per Hanne, un senso perenne di stanchezza, di mancanza di forze. La scrittrice è infatti assorbita dalla vita del marito, a cui deve dedicare tutte le energie e che causa in lei un senso di impotenza e di stress difficile da gestire. In questa situazione:

 

« Questo romanzo lo finisco perché è l'unica cosa che posso fare. Non posso fare nulla per aiutarti. Non posso fare nulla nemmeno per me stessa, se non questo. Finire il romanzo. Perché è questo che io faccio. Scrivo Romanzi. »

 

Hanne non ha più forze. Non le mancano però in potenza, ma questo costante pensiero della morte gliele toglie. Lei però viaggia per lavoro, lontano dal marito e da quei luoghi a lui emotivamente legati, e si ritrova in situazioni di pace e di contatto con nuove persone, una della quali riaccende in lei una certa energia: 

 

« C'era una tale tensione tra noi. Ero in confusione, non sapevo che cosa fosse tutto quello che provavo, era semplicemente una tale forza, una tale gioia, semplicemente SÌ. »

 

Una energia che non nega il suo amore per il marito, il fatto che starà accanto a lui fino alla fine, ma che non può nascondere ai propri occhi. Una energia che, in parte, sottolinea tutta la sofferenza emotiva che nei mesi precedenti ha soffocato la sua anima:

 

« Ma so che in un certo senso per te sarebbe stato peggio sapere che avevo incontrato un altro uomo che sapere della tua morte, anche se non ho fatto altro che dargli un bacio d'addio sulla guancia, perché all'improvviso quella vicinanza che abbiamo condiviso e che è stata il nostro noi, io e te, la cosa più intima e più forte al mondo, all'improvviso era stata spazzata via e io ho condiviso la vicinanza con un altro. Questo non te lo dirò mai. »

 

In meno di cento pagine, l'autrice ripercorre così gli eventi, le emozioni, i pensieri vissuti in un periodo tragico della sua vita. Soprattutto, narra di un evento che, nel suo delinearsi, è unico, perché unica sarà sempre la sofferenza che due amati, se si trovassero in condizioni di tale tragicità, dovrebbero affrontare. Un'unicità anche per i due singoli amanti, come Hanne ci fa capire, che richiede la capacità di accettare anche il modo in cui l'altro vuole affrontare, nel bene o nel male, il dramma, consapevoli che nessuno è veramente preparato quando la morte bussa alla propria porta:

 

« Ci sono troppo dentro e non so se faccio la cosa giusta, cosa sia la cosa giusta, forse non è solo una cosa giusta da fare, come ho sempre pensato e creduto, che la cosa giusta sempre fosse guardare la verità negli occhi e vivere le cose come sono, per quanto sia doloroso, e sebbene continui a pensare che sia la cosa giusta per me, non posso decidere se per te sia lo stesso. Sei l'uomo più intelligente che conosca e se non chiedi dev'essere perché una parte di te sta scegliendo di non sapere. »

 

21 gennaio 2022

 








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