Ciò verso cui tutto tende

 

Nelle nostre giornate scandite da tempi serrati passiamo dall’occuparci di svariate mansioni non raramente estremamente diversificate le une dalle altre; eppure la direzione che ognuno in ogni momento persegue, rimane e deve rimanere la stessa. 

 

di Simone Basso

 

C. D. Friedrich, "La donna prima del sorgere del sole" (1818)
C. D. Friedrich, "La donna prima del sorgere del sole" (1818)

 

Spesso si sente discutere di quanto sia importante rileggere e approfondire il pensiero degli antichi pensatori classici, ma meno frequentemente traspare l’estrema rilevanza delle ragioni per le quali sarebbe importante cogliere a pieno tali inviti. D’altra parte le motivazioni sono talmente tante che il più delle volte ci si limita a un generico consiglio, richiamando al fatto che essi siano i pilastri fondamentali della nostra cultura. In quest’ottica, un esempio più specifico di un importante insegnamento derivatoci dai filosofi greci, in questo caso da Aristotele, riguarda il tema del bene. Essere filosofi, per i pensatori greci, significava esplicitare il più chiaramente possibile il senso e la coerenza delle proprie scelte nei diversi momenti della vita. Non a caso infatti, come espone Pierre Hadot in “Che cos’è la filosofia antica?” , gli allievi e maestri che intendevano dedicarsi alla filosofia compivano una scelta che li avrebbe impegnati in maniera totale.

 

« Il Simposio di Platone ha dunque immortalato Socrate come filosofo, vale a dire come uomo che cerca, sia nel discorso che nel modo di vivere, di avvicinarsi e di fare avvicinare gli altri a quel modo di essere, a quello stato ontologico trascendente che è la saggezza. All’interno di questa prospettiva, la filosofia di Platone, e in seguito tutte le filosofie dell’antichità, anche quelle più lontane da platonismo, condivideranno la particolarità di legare strettamente il discorso e il modo di vivere. »

 

L’obiettivo di agire in maniera giusta, con virtù e avendo come fine il bene, veniva perseguito in ogni momento e in ogni ambito nel quale erano impegnati. Un esempio di quanto fosse importante il dedicarsi alla filosofia in un modo il più possibile completo lo si ritrova nell’osservazione delle scuole che i filosofi greci fondarono. L’Accademia di Platone, il Liceo di Aristotele erano scuole alle quali gli allievi non partecipavano solo in alcuni momenti delle loro giornate per poi tornare ai loro affari di altro ordine: esse erano un luogo in cui ci si impegnava in un vero e proprio stile di vita al quale chi aderiva era chiamato a rispettare e contribuire. Studiare insieme significava condividere non solo l’attività pensante, le discussioni e la ricerca scientifica ma anche le attività quotidiane, avendo così la possibilità di mostrare nella pratica quotidiana il valore della filosofia seguita. I filosofi greci, e dunque la filosofia fin dalla sua origine, non attribuirono al pensiero un’importanza meramente intellettuale, bensì lo riconobbero come punto di riferimento di ogni decisione dell’essere umano; dalla dimensione individuale e spirituale, a quella politica e del vivere in comunità, fino a quella sentimentale e relazionale.

 

 

Questi differenti ambiti che contraddistinguono tuttora i momenti del nostro vivere quotidiano, in tempi antichi non erano così distinti come al giorno d’oggi. Con il passare dei secoli, in particolare con l’avvento della età moderna, diversi fattori concorsero ad un aumento della complessità della società: la specializzazione tecnica, le scoperte scientifiche, la divisione del lavoro… Uno degli effetti prodotti da questi cambiamenti fu quello di incentivare una differenziazione sempre maggiore e più netta delle “dimensioni” della propria vita (privata, lavorativa, spirituale, ricreativa…) a cui ogni persona è partecipe in momenti e tempi diversi della giornata, della settimana e degli anni. 

 

Confinando le decisioni e i valori a cui si crede all’interno di specifici “ambiti di competenza” si è iniziato a pensare alle scelte quotidiane come afferenti esclusivamente ad una particolare sfera del proprio vivere. Ogni ambito della vita è stato assunto in questo modo come un mondo a sé stante, andando a rafforzare la tendenza di concepire la vita come suddivisa in compartimenti stagni, separati gli uni dagli altri. Tale modo di pensare ha portato spesso a non far emergere, e quindi ad accettare, la presenza di una contraddizione nelle proprie decisioni o comportamenti qualora fossero afferenti a sfere diverse della propria vita.  Risulta così che una certa linea di comportamento tenuta ad esempio nell’ambito lavorativo appare inaccettabile se trasportata nell’ambito familiare e della comunità, o viceversa. È opportuno far notare che se ciò avviene non è conseguenza di un semplice adattamento del proprio dire e del proprio fare a seconda del contesto e delle persone con le quali si è in relazione; bensì, questo processo è l’esplicitazione di una volontà individuale che proponendosi di perseguire una molteplicità di fini, slegati gli uni dagli altri, non si pone la questione del riportare i diversi obiettivi all’unicità del proprio percorso come soggetto, e arriva ad accettare e a identificare come “normale” la pluralità anche contraddittoria delle finalità nella vita, in altre parole rinunciando al percorso di coerentizzazione del proprio fare, del proprio comportarsi nelle diverse situazioni particolari. 

 

Le conseguenze più evidenti di questa accettazione del proprio contraddirsi risaltano in molte situazioni quotidiane. Infatti, un esempio è rappresentato da ipotetici importanti dirigenti che, da un lato nella loro attività lavorativa, sono pronti a licenziare a nome dell’azienda del personale mandando in difficoltà le rispettive famiglie, senza pensarci su troppo, in nome di una "necessaria" riduzione dei costi, dall’altro lato nella vita privata, sono capaci di grandi donazioni e atti di generosità. Oppure un altro esempio è quello dei genitori che da una parte in famiglia trascurano il proprio partner e/o i figli e dall’altro, magari nel corso di un’attività spirituale lodano astrattamente l’amore tout court

 

Come uscire da questa situazione?

 

La convinzione che mosse i filosofi greci a fare del proprio pensiero il punto di riferimento per le scelte riguardanti ogni aspetto della propria vita – dalla dimensione individuale, spirituale agli aspetti politici e del vivere in comunità – è proprio l’idea del tendere al bene di ogni cosa. L’incipit dell’Etica Nicomachea esprime con forza e chiarezza l’importanza che questo argomento rivestirà anche nel resto dell’opera.

 

 « Ogni arte e ogni indagine, come pure ogni azione e scelta, a quanto si crede, persegue un qualche bene, e per questo il bene è stato definito, in modo appropriato, come ciò cui tutto tende. »

 

Chiesa della Visitazione, Torino
Chiesa della Visitazione, Torino

 

Il discorso più avanti viene approfondito da Aristotele, il quale critica il pensiero di Platone che, a sua detta – rinviamo ad altra sede l’approfondimento di tale contrapposizione –, identifica come unico il bene a cui tutte le azioni dell’essere umano sono rivolte. 

 

« Siccome il bene si dice negli stessi modi in cui si dice l’essere, infatti si dice nella categoria della sostanza, come il dio e l’intelletto, e nella qualità, come la virtù, e nella quantità, come la giusta misura, e nella relazione, come l’utile, e nel tempo, come il momento opportuno, e nel luogo, come l’habitat naturale, e via dicendo, allora è chiaro che il bene non potrà essere qualcosa di comune, universale e uno. Altrimenti non lo si direbbe in tutte le categorie ma in una soltanto. »

 

Il bene risulta dunque concepito non come ciò che viene perseguito in maniera aprioristica rispetto alle situazioni particolari nelle quali viene ricercato; bensì come ciò che di migliore in ogni azione in ogni arte può essere compiuto, e che proprio con la ricerca filosofica, guidata dalla ragione, perseguirà in ogni campo il bene che le pertiene.

 

« Se l’opera propria dell’uomo è l’attività dell’anima secondo ragione, o non senza ragione, e se diciamo che, quanto al genere, sono identiche l’opera propria di una certa cosa e l’opera della versione eccellente di quella stessa cosa […] infatti è proprio del citarista suonare la cetra e del citarista eccellente suonarla bene; se è così, poniamo che l’operare proprio dell’uomo sia un certo tipo di vita, la quale consiste in un’attività dell’anima e in un agire razionale […]; se è vero tutto ciò il bene umano risulta essere attività dell’anima secondo virtù, e se le virtù sono più d’una, secondo la migliore e la più perfetta. E inoltre in una vita completa: infatti, come una rondine non fa primavera né la fa un solo giorno di sole, così un solo giorno, o un breve spazio di tempo non fanno felice e beato nessuno. »

 

L’agire secondo virtù, nel modo migliore, è dunque ciò che accomuna e verso cui tende l’agire di ognuno nei diversi casi particolari. Tornando quindi all’iniziale questione riguardante le differenti sfere e occupazioni nelle quali il tempo della nostra vita è suddiviso, appare con più chiarezza che, pur tali ambiti rappresentando ognuno la situazione specifica in cui beni diversi sono perseguiti, non è possibile rinunciare, per ogni situazione nella quale ci si trova, a tendere verso un agire che sia secondo virtù. “Non è possibile rinunciare al tendere verso un agire secondo virtù” non significa che qualunque sia l’azione che compiremo essa sarà virtuosa, ma che proprio il nostro continuo e inevitabile relazionarci a tutte le diverse componenti della vita, come individui, ci farà scontrare di volta in volta con la necessità di mettere ordine ai valori di cui in ogni situazione, momento e ambito di vita siamo rappresentanti. Un “agire secondo virtù” che dunque non risponda unicamente al fine specifico al quale ci si sta dedicando, ma alla propria "vita completa", composta dall’insieme complesso delle proprie azioni, nel modo particolare migliore per realizzarla.

 

Una tendenza auspicabile e inevitabile, ma che, non per questo, come appare evidente nel mondo odierno, risulta essere facilmente perseguibile; quello appena esplicitato è un tendere che per potersi realizzare non basta sia semplicemente assecondato, ma che, al contrario, necessita di un’attivazione con forza della nostra anima.

 

5 aprile 2019

 








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